Bice Lazzari e l’arte del Segno
Bice Lazzari ha scelto la strada della pittura del segno nel mondo a cui tutti apparteniamo, di essere essenziale e non marginale

Bice Lazzari, “Composizione musicale” (1957). Foto Alberto Cantoni
Alberto Cantoni
Componente del Gruppo Cultura ALDAI-Federmanager
Nella storia della pittura e non solo italiana, Bice Lazzari (Venezia 1900 – Roma 1981) è riconosciuta come donna dall’arte immensa, dal corpo fragile e dal carattere di indomita libertà, lasciando un segno indelebile come dicono le sue stesse parole “Guardare indietro nella mia vita è come dipanare un gomitolo imbrogliato dove la difficoltà è quella di trovare il capo”.
È necessario quindi mettersi in silenzio e pensare alla storia del Novecento, ai drammi e alla volontà di ricominciare di persone e popoli che in un mondo sempre più globale cercavano con tutte le forze il nuovo senza perdere il valore del passato. Eredi non solo di distruzioni, ma anche e soprattutto di valori civili, sociali e artistici nella irripetibile civiltà della cultura occidentale. Bice Lazzari inizia il suo cammino artistico nella Venezia di Virgilio Guidi e frequenta i giovani artisti che, con illuminata visione, stavano costruendo un nuovo linguaggio poetico di incisiva parola, spesso cruda come la terra del Carso di Ungaretti, e forme essenziali di architettura libera nello spazio a cui guardava Carlo Scarpa. Un’arte a tutto campo – come è stato per la musica nell’esperienza della Seconda Scuola di Vienna e per la pittura della forma – non forma nelle varie espressioni di Kandinskij e di Carrà – che testimoniava un intimo desiderio di raggiungere un punto di non ritorno dove una linea potesse lasciare traccia sul quadro come pura immagine di sé stessa. Già nel 1925, mentre ancora dominava la figurazione, Bice Lazzari traccia un disegno a matita su carta detto Astrazione di una Linea N. 1 che in modo sorprendente anticipa la sua strada finale di pittrice del Segno, che solo al termine degli anni ’60 diventerà il carattere evidentissimo del suo dipingere.
Dal 1935 si trasferisce a Roma e continua la sua strada di artista, impegnandosi nella vita reale come artigiana nel disegno di stoffe e in ornamenti architettonici, vivendo la sua personale esperienza di pittrice indipendente che tutto condivide con l’ambiente in cui vive e in tutto mantiene la propria individuale evoluzione. Il suo modo di fare pittura evolve negli anni ’50 dalla figurazione appresa in gioventù verso una forma pittorica fatta di densa materia che costruisce oscillanti geometrie, lavora negli anni ’60 su colori terrosi che lentamente nel tempo si dissolvono fino allo sparire della materia e della costruzione architetturale per lasciare voce alla purezza di una linea che sembra giacere libera sulla superficie del quadro. Non è sola nel suo evolvere verso forme così essenziali; nel suo cammino incontra maestri dell’arte come Antonio Calderara, pittore dello spazio – luce di pura percezione della natura, e Alberto Giacometti che aveva sottratto la materia dal corpo umano per farne sculture esistenziali. Bice Lazzari, nella sua arte, trasmette l’intimo percepire delle cose in quel segno così essenziale che tracciato sul supporto pittorico sembra voler dichiarare che tutto l’essere è in quel segno e che rappresenta tutto ciò che Bice Lazzari vuole rendere visibile. Veramente il punto zero della materia, ossessione continua di quanto ha rappresentato nel lontano passato l’atomo della filosofia greca e ha dato senso alla ricerca della fisica moderna.
La sua storia di artista si è realizzata e la sua essenzialità è vissuta a lato dello spazio immobile di De Chirico, della riflessione di Morandi, delle geometrie rettangolari di Mondrian e dell’illusione di Licini, proprio nel tempo in cui molti pittori hanno scelto ben altre strade fatte di puro colore e di immaginarie geometrie. La sua avventura si è realizzata nel cuore del Novecento quando arte e pensiero sono stati fondamento e sorgente di un nuovo modo di essere civiltà, senza ignorare che nei nostri giorni purtroppo siamo costretti a prendere atto che questa nuova civiltà non si è affatto realizzata.
Sorge spontanea una domanda: quale ragione può trovare un’artista nel tracciare infinite linee che sembrano avere la sola ragione di segno indelebile generato da una personalità che vuole realizzarsi nel fare pittura? Quale ragione può avere lavorare in un modo di essere così essenziale, mentre il mondo che ti circonda si realizza e si arricchisce di forme e di contenuti fisicamente complessi e spesso dominanti la natura non più incontaminata e lo spazio urbano di articolate città? Domande che rimangono senza risposta, ma confermano ancora di più che Bice Lazzari non è mai stata lasciata sola nella ricerca dell’essenzialità delle cose; perché anche nella pittura e nell’architettura, nella letteratura, nella scienza e nella spiritualità contemporanea molte persone si sono trovate davanti a un bivio che non poteva essere evitato e che Eric Fromm aveva così chiaramente espresso nel suo famoso saggio Avere o Essere? Non si può esistere umanamente senza realizzare quello che si trova nel nostro intimo di persone del tempo presente, di persone che sono in tutto la voce della nostra civiltà e qualunque sia la realtà che si deve affrontare per vivere una vita non di illusioni o di rinunce bisogna sapere quale strada seguire e cosa scegliere di essere. Bice Lazzari ha scelto la strada della pittura del segno nel mondo a cui tutti apparteniamo, di essere essenziale e non marginale
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L'incontro Bice Lazzari e l'arte del Segno si terrà
mercoledì 26novembre alle ore 15.30 in presenza - in Sala Viscontea Sergio Zeme - e da remoto.
Per partecipare è necessaria la registrazione su www.aldai.it
01 ottobre 2025