Il buon senso dei porcospini

Questo difficile tempo di pandemia ci porta a stare molto di più in casa. Vediamo i fatti della politica in televisione e cerchiamo qualche bandolo di ragionevolezza nelle letture che ci accompagnano, mentre rispettiamo le regole di sopravvivenza. E ci capita di leggere anche qualche favoletta

Antonio Dentato 

Componente Sezione Pensionati Assidifer-Federmanager
Chi si diletta di filosofia sa di Arthur Schopenhauer (1788 – 1860), importante filosofo tedesco che, tra le tante opere, scrisse quella che sintetizza al meglio il suo pensiero: “Il mondo come volontà e rappresentazione”. In verità questa non ebbe molto successo nell’immediato (solo dopo 20anni apprezzamenti favorevoli). La gente, anche gli specialisti dell’epoca, ne capirono poco, e molti suoi lettori chiedevano chiarimenti.  E perciò il buon Arthur si dedicò a un’altra opera, che, nell’intenzione, voleva essere un testo di “aggiunte” e “completamento” dell’opera principale e di altri scritti successivi. Dopo sei anni di lavoro, pubblicò, “Parerga e paralipomena” (in Italiano, Ed. Adelphi, 2017). Non che questa nuova opera abbia contribuito a chiarire tutto il pensiero del filosofo tedesco, ma, buon per noi, ha consentito, in ripetute edizioni, di raccogliere molti scritti minori e anche deliziose poesie “risalenti alla sua giovinezza”.  
Se proprio uno non se la sente di leggere interamente i due volumi (684 pagine il primo, 917 il secondo, comprese le note), può almeno dilettarsi a leggere il capitolo 31mo del secondo volume, intitolato Similitudini, parabole e favole. È il n.396 (p.884), breve, molto istruttivo che riassumiamo con parole nostre. 

Si racconta di un branco di porcospini che in una giornata d’inverno, molto fredda, si raccolsero vicini vicini, stretti stretti, in modo da trovare così, con il calore reciproco, un po’ di ristoro dal terribile freddo. Ma mentre si riduceva la distanza, cominciavano a sentire sempre più forte, reciprocamente, le punture degli aculei di cui ciascuno di loro era rivestito, come difesa contro l’invadenza altrui. Insomma cominciarono a pungersi a vicenda. E così si separarono nuovamente. Ma il freddo era insopportabile. Si riavvicinarono. Si separarono nuovamente. L’operazione fu provata e riprovata più e più volte. Porcospini sballonzolati da una parte e dall’altra. Il freddo rischiava di ammazzarli.  E, così, dopo prove e riprove, finalmente trovarono una ragionevole soluzione.  La distanza media stava, più che altro, nelle regole di sopportabile convivenza; il bisogno del calore reciproco, anche se soddisfatto in maniera imperfetta, consentiva una conveniente coesistenza. 
Il freddo micidiale aveva risvegliato i primordiali istinti di sopravvivenza. I porcospini scelsero di non morire.  E restarono insieme, pensiamo noi, almeno fino all’arrivo di una temperatura più mite.
Per finire. Questa favoletta racconta come si comportarono animaletti modesti, quali sono i porcospini. Non possiamo immaginare come si sarebbero comportati, o come si comporterebbero altri animali più intelligenti. Dobbiamo continuare a leggere altre storie per saperne di più. Anche di altri animali.
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