Strane variabili della solidarietà

Siamo in piena crisi pandemica che fa seguito a una crisi economica che ha peggiorato le condizioni di vita dei più svantaggiati. È tempo di riscoprire tutte le possibili applicazioni di una solidarietà come coscienza comune. È tempo dell’inderogabile dovere di solidarietà politica, economica e sociale, secondo lo spirito cui si ispira la nostra Costituzione.

Antonio Dentato   

Componente Sezione Pensionati Assidifer - Federmanager
Le motivazioni a sostegno dei ricorsi contro i provvedimenti riduttivi delle pensioni sono state pressoché sempre respinte. In particolare quelle relative all’applicazione del c.d. “contributo di solidarietà”. La Corte Costituzionale ha spiegato infatti (per riprendere le decisioni più recenti) che il contributo di solidarietà non è «un intervento impositivo irragionevole e discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini». E salvaguarda “anche il principio dell’affidamento, nella misura in cui il prelievo non risulti sganciato dalla realtà economico-sociale, di cui i pensionati stessi sono partecipi e consapevoli”; ma soprattutto perché si tratta di “una misura del tutto eccezionale, nel senso che non può essere ripetitivo e tradursi in un meccanismo di alimentazione del sistema di previdenza”. (Corte Cost. Sentenza n. 173/2016). Ha anche chiarito che non può essere considerata un’imposta, perché “il prelievo sulla pensione intanto si configura come prelievo di natura tributaria, in quanto implichi «una decurtazione patrimoniale definitiva del trattamento pensionistico, con acquisizione al bilancio statale del relativo ammontare». (Sent. n. 234/2020).

È questo aspetto, infatti, che non può trovare legittimazione: è “la dimensione temporale del prelievo, così ampia da tradire una logica di stabilità del contributo, pur al di fuori di un progetto di riforma organica, idoneo a giustificare misure tendenzialmente permanenti, o comunque di lunga durata”.
In altri termini il provvedimento è illegittimo se il prelievo vene applicato per la durata di cinque anni (come nell’art. 1, comma 261, della legge n. 145/2018). Non è illegittimo, invece, un contributo applicato per 3 anni, come opportunamente corretto con la Sentenza n. 234/2020, cit.

Osservazioni a margine

In effetti, se guardiamo agli interventi operati sulle pensioni, il meccanismo di prelievo sulle pensioni, mediante il contributo solidale, non solo è stato ripetitivo, ma è stato anche di lunga durata, considerando che è stato applicato in maniera concatenata, per ben 6 volte dal 2000. Ed è stato applicato per le finalità le più diverse, non solo per scopi previdenziali: iniziative formative dei lavoratori, creazione del Fondo per politiche sociali, istruzione e tutela delle donne immigrate, per il riequilibrio del bilancio ex Fondi speciali confluiti in INPS, per la salvaguardia dei lavoratori “esodati”, ecc… , e anche senza una preventiva e specifica destinazione: semplicemente per mettere risorse in un «Fondo risparmio sui trattamenti pensionistici di importo elevato» (Legge di bilancio 2019, commi 261 e 265: vi si può leggere il risvolto di quelle “misure di ricalcolo” applicate alle pensioni al disopra di una certa soglia al fine di rispondere “al principio di solidarietà sociale cui è improntato il testo costituzionale” come si legge nella presentazione della proposta di legge n. 1071/2018)

Applicate pressoché sui trattamenti di una stessa minoranza di pensionati, quelle sopra elencate sono misure che non hanno mai trovato critiche evidenti o esplicita resistenza nelle sedi della politica. 
Resistenza che, invece, si è manifestata contro l’applicazione di un contributo di solidarietà a carico di tutti i redditi medio-alti. 

La solidarietà come coscienza comune

3 dicembre 2021: nella cabina di regia del Governo, il premier Draghi e il Ministro dell’economia Franco propongono ai partiti di congelare per qualche anno lo sgravio Irpef (in media 247 euro annuo) sui redditi sopra i 75 mila euro, così da spostare risorse contro il caro bollette e venire incontro alle richieste dei sindacati per un maggiore equilibrio tra redditi alti e bassi. Un contributo straordinario di solidarietà. Barricate. Partiti di maggioranza che insorgono (non tutti): questo contributo “non s’ha da fare”, perché si pone come un’imposta patrimoniale sui redditi. E, pertanto, il Governo ha dovuto mettere in campo uno stratagemma finanziario per acquisire nuovi fondi al fine di contrastare l’aumento dei prezzi dell’energia e dare sostegno ai redditi dei più svantaggiati. 

Bene la nuova manovra del Governo. Non altrettanto possiamo dire della politica, quella che, condizionata dai sondaggi, esprime una concezione variabile della solidarietà: l’ha imposta come principio fondamentale, traducendola in provvedimenti che, per decenni, hanno ridotto ripetutamente i redditi di un limitato numero di pensionati. Ora la solidarietà cambia significato: si chiama “imposta patrimoniale” e, pertanto, va respinta se, in nome dello stesso principio, viene richiesta a tutti i titolari di redditi equivalenti, superiori a 75mila euro. E’ questo doppio atteggiamento che non possiamo condividere, perché discriminatorio e intollerabile.

Ancora una volta, a nostro avviso, la politica ha perso l’occasione per riaffermare, in maniera unitaria, il dovere collettivo di solidarietà politica, economica e sociale, secondo lo spirito cui si ispira la nostra Costituzione. È mancata la comune sensibilità del difficile momento che il Paese sta attraversando.
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