Il tesoro nascosto

Opinioni dai Webinar CIDA "Equità Fiscale"

Gruppo di Lavoro Equità Fiscale 

Giovanni Caraffini, Pasquale Ceruzzi, Lidano De Cesari, Giorgio de Varda, Paolo Zanella.
Non siamo i soli a dedicare tempo ed energie alla fiscalità italiana, in particolare perché rappresenta un punto nodale della nostra organizzazione sociale di cui è al contempo la base materiale ed etica.

Se questo è assolutamente vero per qualsiasi società, lo è in particolare per la nostra, notoriamente campione europeo di violazioni e devianze dalle regole fiscali, al punto da costringere persino il Presidente della Repubblica Mattarella a dichiarare apertamente che "Chi evade ed elude, in realtà, approfitta delle tasse degli altri".

Di fatto, l’esistenza contemporanea di certezza dell'impunità, impianto normativo inadeguato e insufficienze della Pubblica Amministrazione hanno addirittura contribuito a far sì che intere aree economiche sfuggano alla conoscenza ufficiale; sono definite con l'acronimo NOE (Non Observed Economy) e sono stimate corrispondere a circa 200 miliardi di PIL: in pratica, un ottavo del PIL italiano sfugge a ogni serio controllo e dovrebbe farci ulteriormente riflettere (tutti, incluso il legislatore) come la sua necessaria implicazione sia il sovraccarico fiscale sui ceti produttivi, tanto da portare Nicola Benedizione (Consigliere delle Corte dei Conti) a dichiarare "l'IRPEF è divenuta l’imposta sui redditi da lavoro e da pensione con evidenti effetti distorsivi...” (webinar Cida 11/2020).

I dati fondamentali, per di più, non mostrano, come desidereremmo, una rapida evoluzione in senso positivo e il quadro degli ultimi anni riportato in Tabella 1 (fonte: Rapporto Contrasto Evasione/NADEF 2020 ) mostra una situazione statica con miglioramenti assolutamente troppo lenti (e gli Anni Horribiles 2020 e 2021 non potranno certo vedere una  progresso...)
Questo "Non è il paese che vorremmo" (Del Vecchio; CIDA 11/2020)… non lo è perché sono troppo numerosi i concittadini che approfittano della situazione, non lo è perché sono fin troppo visibili le evidenze di ricchezza non giustificate dai redditi ufficiali, non lo è perché esistono da decenni situazioni assolutamente vergognose come la Propensione ad evasione IRPEF del lavoro autonomo quasi al 70%, settanta (non sette....) (Tabella 2 ancora da allegato NADEF 2020), non lo è perché sono troppe le testimonianze di disordine etico nella spesa... "Spendere di più per gli animali da compagnia che per i figli ne è un chiaro indizio" (Davide Giacalone, webinar CIDA 11/2020) non lo è per le assurde difficoltà che gli onesti trovano nel compiere il proprio dovere...  350 pagine di istruzioni sono assolutamente troppe per una normale dichiarazione IRPEF, non lo è se compiere il proprio dovere comporta il pagamento di uno specialista, in pratica un'ulteriore imposta per pagare un'imposta  - quando persino lo specialista (R. Alemanno, Presidente dell'Istituto Italiano dei Tributaristi) dichiara apertamente "voglio essere il consulente che ottimizza la gestione e non il compilatore..." .

La riprovazione degli evasori non è infrequente ma è molto opportuno il rilievo fatto ancora da Alemanno "chi  evade rappresenta metà del problema, essendo l'altra metà rappresentata da chi gli permette di evadere", perché l'esistenza di un contribuente onesto dipende essenzialmente dal suo rapporto con l'Autorità e un'Agenzia incapace di realizzare pienamente una funzione di controllo è il presupposto dell'impunità probabile e l'incentivo a correre il rischio... rischio che viene ulteriormente ridotto data la relativa inefficienza delle agenzie governative nella riscossione; come riportato con chiarezza da Sara Zaccaria  (Dirigente pubblico): su 1000 (mille) miliardi di Ruoli del periodo 2000-2019 ... l'incasso si è limitato a 133 miliardi; accertamenti impugnati, tempi lunghi, fuga dai pagamenti anche quando chiaramente dovuti, fanno pensare a meccanismi che debbono essere messi a punto anche nelle fasi precedenti a quelle finali e che nella professionalità complessiva dell’Agenzia debba al più presto essere consolidato il concetto fondamentale e cioè che l'azione fiscale è finalizzata all'incasso.

Resta in ogni caso fondamentale la semplice Opinione di  Piergiorgio. Valente, Presidente di CFE Tax Advisers EU... “L'evasione? Basta alzarsi e andare a prenderla”, e l'altrettanto semplice indicazione di Giorgio de Varda (ALDAI) “i dati ci sono ; basta  andare a prenderli”... Si apre qui  un ampio discorso su professionalità e sistemi informativi (possibile oggetto di una futura indagine); resta il fatto che sono i due pilastri delle azioni assolutamente necessarie per farci diventare un Paese normale.
Pilastri indispensabili anche al principale dramma Italiano, l'evasione dell'IVA (33 miliardi ultimo dato) e le sue connessioni, evasione IRPEF, lavoro nero e grigio ed evasione contributiva: dobbiamo ricordare con chiarezza che corrispondono ad almeno i 200 (duecento) miliardi di economia  (12-13% del PIL) imboscati, miliardi per bonificare i quali non può bastare la semplice azione repressiva, in particolare va tenuta presente la complessità della nostra realtà, alla base del problema IVA si pongono infatti tre differenti ambiti:
  1. l'evasione "maliziosa": partendo da aziende o importatori immacolati si arriva ad un universo complesso di rivenditori, installatori, professioni varie incluse le mediche, artigiani, trasformatori... in questi passaggi, prodotti e fatture letteralmente spariscono (in tutto o in parte); oltre l'azione repressiva saranno necessarie azioni complesse e si dovranno includere nuove professionalità per poter incidere significativamente (prospezione e profilazione di intere filiere produttive e le attività connesse al PNRR potrebbero portarci una miniera di informazioni... se le informazioni saranno ben rilevate e organizzate ).
  2. l'evasione dovuta alle piccole dimensioni aziendali; dopo la Grecia, l'Italia è di gran lunga il Paese europeo con il maggior numero di piccoli imprenditori (Self Employed Persons nel linguaggio EU), come ben sottolineato da Carlo Cottarelli; questa, in tutti i Paesi del mondo, è una condizione molto favorevole all'evasione; resta però il fatto che se essa corrisponde a circa il 25-30% di evasione nei Paesi nordici e al 50% negli Stati Uniti, nel nostro caso è valutabile al 70% (in Tab 1 è riportata la stima di MEF di quasi 32 miliardi evasi per il lavoro autonomo contro un incasso di 10 miliardi); troppo, non possiamo rassegnarci e pensare che si tratti di "Mission Impossible"; sicuramente va affrontato con molta energia ma il problema va segmentato separando i puri evasori dall’influenza delle culture: le difficoltà di molti a capire le opportunità del lavorare in rete, a fondersi per cercare economie di scala, consorziarsi per avere le masse critiche necessarie alla commercializzazione in ambiti anche molto vasti, approfittare degli stimoli forniti dalla digitalizzazione e dai temi indotti dal cambiamento climatico... in altre parole abbandonare la dimensione provinciale, non vedere concorrenti e fisco come nemici e imparare a vedersi come parte di una  socialità (tra l'altro ormai sovranazionale), ovviamente con il corollario di un fisco "amichevole" che collabori e aiuti.
    Allo stesso tempo non va dimenticato che certi settori di piccola industria, turismo e artigianato italiani (in particolare nell'agroalimentare ma non solo) sono depositari di competenze, conoscenze e cultura potenzialmente molto competitive anche in un quadro sovranazionale, in riferimento al quale andranno aiutati, incluso ovviamente l'accesso al credito (compresa la microfinanza).
    Resta il problema dimensione aziendale, sia per le professioni classiche (l'idraulico e l'elettricista ad esempio), sia  per le nuove (consulenze, informatica, comunicazione..); le uniche medicine sono anche qui aggregazione o alleanze (ancora consorziarsi); è vero che si diventa più controllabili ( anche dal fisco) ma è altrettanto vero che questa è la strada per una maggiore penetrazione di mercato e garanzia di "vita più lunga", in due parole essere titolari di un business più "robusto"
  3. l'evasione della disperazione: questo è forse il lato più pesante e difficile da risolvere anche perché si tratta di entità spesso non competitive ed anti-economiche, il cui principale supporto finanziario alla sopravvivenza è proprio la somma di tutte le evasioni; di più, sono basate spesso su personale non qualificato e difficilmente riqualificabile. Abbiamo il dovere di aiutare, ma senza dimenticare come ci occorra al più presto una politica di programmazione economica "strategica" e non "elettoralistica", dove sussidi e finanziamenti siano indirizzati sulla base di scelte precise sul nostro futuro economico e e finalizzate alla creazione di ricchezza, cultura e civismo.
L'evasione della disperazione ci costringe a immaginare all'interno della visione l'Italia che vorremmo quale possa essere il futuro del lavoro e dei redditi: come chiaramente indicato da Mantovani (Presidente CIDA) , non dobbiamo puntare a un futuro low cost (quello dell’incertezza e della disperazione)... le nostre retribuzioni sono troppo più basse degli standard europei e penalizzano, in particolare, le professioni più qualificate (emigrazione dei cervelli)... come ben sottolineato da Giovanni Sifoni (Presidente del Team Direttivo dalla Banca D'Italia) “con questa IRPEF il lavoro qualificato è appesantito e costa troppo...”, dobbiamo far crescere e di molto, un lavoro professionale e ricco, che sia ben pagato e ragionevolmente tassato.
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