Pensioni e spesa pubblica, perché l’articolo del Corriere sbaglia i calcoli
Non è da primo quotidiano nazionale diffondere notizie allarmanti con errori di calcolo macroscopici che alimentano il conflitto intergenerazionale.
Michele Carugi
Componente del comitato pensionati ALDAI
É uscito sul Corriere del 27 Novembre e replicato sul Corriere on line l’articolo “Pensioni, uno squilibrio (italiano) da 88 miliardi” che devo classificare come l’ennesimo articolo confuso in materia di pensioni e loro (in)sostenibilità.
Già il catenaccio è un capolavoro di confusione e contiene un errore grave: “ogni anno la spesa per le pensioni pubbliche supera i contributi versati di 88 miliardi di euro” E poi: “La differenza fra quanto lo stato riceve in contributi previdenziali e quanto versa in pensioni viene colmata grazie alle tasse e al deficit pubblico”. Vedremo più avanti che gli 88 miliardi come definiti, sono frutto di un abbaglio; quanto alla confusione, che il CdS non consideri che nella voce “pensioni!” stanno sia quelle previdenziali (contributi versati) che quelle assistenziali (nessun contributo) è stupefacente e il non evidenziarlo con regolarità, perorando piuttosto la causa della separazione netta tra assistenza e previdenza, grave.
La frase, infatti, può fuorviare il lettore, perché mescola in un unico calderone l’assistenza con la previdenza; due cose radicalmente differenti, improntate a necessità sociali diversissime, quasi antitetiche, datosi che spesso l’esigenza di assistenza deriva da carenza di previdenza e metterle insieme e criticare chi afferma che il sistema previdenziale è sostenibile nel lungo termine significa non avere capito come gira il fumo.
Siccome però i dati, se si ha la volontà di analizzarli, non mentono mai, vediamoli:
Dal Bilancio Sociale dell’INPS, nel 2016 l’assistenza è costata complessivamente circa 102 miliardi di €. Tale cifra si ottiene sommando:
- Pensioni di invalidità civile e indennità di accompagnamento - 17,4 miliardi €
- Gestione Interventi Assistenziali (GIAS) - 41,3 miliardi €
- Prestazioni temporanee di sussidio al reddito (CIG, Mobilità, Malattia, Maternità) - 35,4 miliardi €
- Pensioni sociali e altre voci assistenziali - 8,3 miliardi €
Le prestazioni puramente previdenziali dell’INPS (cioè le pensioni erogate a fronte di storia contributiva) sono ammontate nel 2016 a circa 206 miliardi di € al lordo delle tasse. Tale cifra rappresenta circa il 12,3% del PIL, ma tale percentuale scende ben sotto l’11% al netto delle imposte, valore perfettamente allineato all’Europa. Questo se si vuole comparare mele con mele (magari comunicandolo anche una buona volta all’Europa, anziché farsi regolarmente bacchettare sulla base di numeri incongruenti con le altre nazioni), con buona pace degli editorialisti del CdS.
I trasferimenti dello Stato all’INPS sono stati nello stesso periodo, circa 107,3 miliardi di €, a compensazione di erogazioni squisitamente assistenziali (Bilancio INPS pag. 22).
Stante così la situazione, dopo avere gettato il sasso nello stagno, Fubini e il CdS dovrebbero formulare qualche proposta: suggerirebbero cioè che la spesa pensionistica diminuisse eliminando la voce che genera il disavanzo ( cioè l’assistenza) oppure che venissero tagliate le pensioni previdenziali, cioè di chi si è pagato i contributi per averle?
Li inviterei a riflettere prima di rispondere, perché ci sono solo risposte sbagliate; nel primo caso perché la Costituzione impone di garantire a tutti la sussistenza (ovviamente a carico della fiscalità dello Stato e di chi sennò?), nel secondo perché non si possono espropriare ex post gli accantonamenti che i cittadini sono stati costretti a fare e anche qui ci sono riferimenti costituzionali.
Sul versante della tenuta dei conti e della sostenibilità, tocca occuparsi del calcolo sbagliato citato nel titolo dell’articolo dove, ricordiamolo, si indica che “ogni anno la spesa per le pensioni pubbliche supera i contributi versati di 88 miliardi di €. Gli 88 miliardi sono stati evidentemente calcolati come differenza tra le prestazioni istituzionali dell’INPS (308 miliardi) e i contributi incassati (220 miliardi). Chi ha elaborato grafico surreale di pag. 9 del CdS e del sito non si è accorto che l’INPS stessa spiega (pag. 38 del bilancio INPS) che nei 308 miliardi ne sono compresi 35 per “prestazioni non pensionistiche”. Il che riporta il disavanzo del sistema pensionistico a 53 miliardi di €. Sempre tanti, si dirà. Si, ma l’esborso per prestazioni puramente previdenziali è stato, come detto, di 206 miliardi di €, per cui, depurando i 220,6 miliardi di contributi dai trasferimenti pertinenti alla gestione assistenziale (GIAS) che non dovrebbero discostarsi molto dal valore 2015 di circa 19 miliardi di € (fonte: Itinerari previdenziali - Bilancio del sistema previdenziale, pag. 132), il saldo 2016 tra spesa previdenziale e contributi da lavoro è negativo per circa 5 miliardi di €. Una cifra che è destinata a ridursi negli anni se l’economia funzionerà, in quanto il sistema contributivo in essere in pieno dal 2011 e l’anagrafe, faranno diminuire la spesa squisitamente previdenziale in rapporto alla contribuzione. Per questi motivi hanno ragione coloro che parlano di sistema previdenziale sostenibile e torto Fubini quando li contesta.
La conclusione è che si dovrebbe smetterla di diffondere allarmi per motivi non chiari, tra l’altro con errori macroscopici di calcolo, ma casomai suggerire interventi di razionalizzazione del sistema: analizzare bene le pensioni assistenziali (nell’invalidità potrebbero essere nascosti un po’ di furbetti), scovare gli evasori contributivi, eliminare i privilegi macroscopici e aspettare che le riforme fatte diano tutto il loro effetto finanziario senza farsi prendere continuamente dall’ansia e diffondere dati scorretti.