Qualche considerazione a proposito della maratona ferroviaria (?) di inizio estate

Scelte manageriali molto discutibili hanno trasformato l’ormai tradizionale evento di turismo ferroviario promosso da AMODO: quest’anno il percorso si è svolto in buona parte in autobus

Giuseppe Colombi

Consigliere ALDAI-Federmanager e componente del Comitato di redazione Dirigenti Industria

Il senso di una manifestazione e delle sue destinazioni

AMODO, l’“Alleanza per la Mobilità Dolce” a cui aderisce anche il Comitato ITL (Infrastrutture Trasporti Logistica) di ALDAI, che ha tra gli altri scopi anche quello di promuovere l’uso del mezzo ferroviario per un turismo sostenibile, lento e di qualità, organizza ogni anno una “maratona ferroviaria” sui binari.
Questo insolito viaggio ferroviario porta a riscoprire destinazioni spesso trascurate dal turismo di massa e a conoscere direttamente, seppure nel limite di pochi giorni, le più diverse aree del Bel Paese, al Nord e al Sud.
Quest’anno l’evento si svolgeva “da Roma in giù”, con l’intento di ripercorrere linee ferroviarie anche minori, talvolta sopravvissute quasi casualmente alle raffiche di “razionalizzazioni/chiusure” che si sono succedute nei decenni.
Il percorso 2022 si snodava dalla stazione di Roma Tiburtina, punto di convergenza anche per i “maratoneti” provenienti dal nord, per Avezzano, Sora, Cassino, Caserta, Benevento, Foggia, Potenza, Matera, Bari.
Se fossimo in Svizzera, l’idea di muoversi rapidamente con i mezzi pubblici tra città corrispondenti a quelle sopra citate apparirebbe assolutamente normale. Non in Italia, dove la progettazione del nostro itinerario si è trasformata in un puzzle per specialisti, capaci di districarsi tra amministrazioni e gestioni trasportistiche diverse, che comunicano poco e male con l’utenza e ancor meno tra di loro. Così il viaggio diventa un’esperienza un po’ manicomiale, specie se ci si trova a programmarlo dopo la chiusura delle scuole, quando l’amministrazione ferroviaria si sente autorizzata ad andare in ferie, affidando ad autobus sostitutivi gli sgangherati brandelli di un servizio residuale. 

Processo alle intenzioni: “Difendere l’utenza” o invece “Difendersi dall’utenza”?

A rischio di apparire maligni, si potrebbe commentare che le varie Aziende Ferroviarie italiane, a cominciare dal gruppo FS e con le sole parziali eccezioni di Italo e di Fondazione FS, non sembrano considerare tra le proprie priorità la ricerca della qualità e della soddisfazione del cliente. In chi scrive queste note corre il sospetto che le peggiori sciagure per il servizio siano derivate dall’aver malinteso due paroline magiche, quali “regionalizzazione” e “servizi a mercato”, vere e proprie foglie di fico sotto alle quali nascondere ogni possibile inefficienza. 
E dietro si direbbe che finisca per prevalere una cultura aziendale che genera atteggiamenti burocratici orientati allo scarico di responsabilità e alla difesa corporativa dei pochi residui privilegi di appartenenza. Così il nostro esperto di orari che ci ha accompagnato nel viaggio potrebbe dimostrarci che i treni si effettuano – se non soprattutto – anche in funzione dei turni del personale, e che il servizio tende a morire nei fine settimana e nei mesi estivi perché tutti hanno diritto a fare festa e a godere delle ferie. 
Ora, evidentemente non è con queste scivolate che si valorizza la propria funzione di servizio pubblico.
Per continuare nell’esempio, le stazioni ferroviarie, un tempo poli di attrazione cittadini, sono diventate in larga parte immobili chiusi e abbandonati, anzi spesso barricati da inferriate per contrastare il vandalismo.
Resi inutili i capistazione, chiuse le biglietterie e le sale d’attesa, spesso assenti persino le macchine emettitrici di biglietti e a volte le stesse obliteratrici, le stazioni “impresenziate” diventano ruderi graffitati attorno a cui sbiadiscono fino a diventare illeggibili persino le tabelle blu col nome della località. 

Il diabolico scalino “antiseduta” nella Stazione centrale di Milano

Il diabolico scalino “antiseduta” nella Stazione centrale di Milano

Ma anche già nelle stazioni principali, a Roma, Milano e Firenze, non solo sono state abolite le sale d’attesa: si è arrivati al punto che nel recinto interno a cui si accede solo col biglietto non esiste nemmeno una panchina, così che gli anziani possano attendere da seduti il treno, spesso in ritardo. Addirittura a Milano un qualche diabolico architetto ha concepito a scivolo persino uno scalino a testa binario, come si vede nella foto qui sotto, forse nel timore che molti ci si potessero sedere, come peraltro avviene lo stesso, per necessità.
A Roma invece sono sparite anche le leggendarie fontanelle al binario in cui ci si abbeverava di un’acqua fresca e buonissima: forse non era un “servizio a mercato” come sono diventate le toilette, ora disponibili solo in certi orari al modico prezzo di un euro a passaggio. Si potrebbe fare un elenco delle poche situazioni in cui a livello nazionale esse, pulite e gratuite per tutti, sono ancora disponibili (salvo errori: Macomer, Cassino, Lucera). Ma non è uno standard, come non lo è nemmeno il deposito bagagli, che qualcuno vede come a rischio di terrorismo, e che quindi praticamente non esiste più. 
Nel nostro caso, alla partenza da Tiburtina, l’enigmatica ricerca del “Binario 1 est”, dopo il binario 25, ha rischiato di lasciare a terra alcuni dei partecipanti alla maratona. Ma chi si cura della qualità delle informazioni disponibili?
Questa sensazione di sciatteria e abbandono è generalizzata e trasversale lungo tutto il Paese e nel corso del nostro viaggio da subito ci si è resi conto che quello sarebbe stato lo standard.

Strade ferrate meridionali: il ruolo benemerito di una Fondazione

La rete ferroviaria nazionale dispone di poche relazioni essenziali di qualità accettabile: una di esse, ancora sottoutilizzata, è proprio quella Salerno-Reggio Calabria su cui ora, per prevalenti ragioni di mero prestigio e con rischio di cattivo uso di risorse scarse, si prevede di investire cifre incommensurabili, se confrontate con l’utenza attesa.
In generale, specie al Sud, ci sarebbe un gran bisogno di ammodernamenti ben fatti. Chi scrive non sa dire se questo sia avvenuto nel caso della nuova linea Napoli-Bari, progettata senza badare a spese, ma apparentemente senza badare nemmeno ad altre più essenziali esigenze.
Al contrario, se molte linee secondarie sono sopravvissute, lo si deve al ruolo di supplenza di cui si è fatta carico la Fondazione FS, che avrebbe il compito di proteggere e valorizzare le linee riconosciute “turistiche” per il loro interesse paesaggistico, fortunatamente ormai tutelate da una specifica legge.
Fondazione FS, isola d’eccellenza nel mesto panorama ferroviario, interpretando in modo estensivo e prospettico la propria funzione, ha il merito di aver preservato un patrimonio infrastrutturale e di mezzi che altrimenti sarebbe andato perduto per sempre.
E anche i gruppi locali sorti a difesa delle linee ferroviarie minori hanno spesso trovato in Fondazione il solo interlocutore istituzionale capace di ascolto e d’intervento. Ne abbiamo avuto prove diverse nel corso del viaggio.

Il cammino dei maratoneti

Quanto al nostro percorso, già la tappa tra Avezzano e Cassino è stata affidata ad un lento bus sostitutivo: la fine delle scuole, improrogabili “esigenze manutentive” che durano tutta l’estate, l’insufficienza di personale e di mezzi forse hanno offerto a qualcuno un’opportunità unica di sospendere il normale servizio ferroviario.
Viaggi “in treno”: così si concepisce il servizio, estivo e non solo…

Viaggi “in treno”: così si concepisce il servizio, estivo e non solo…

A Foggia ci aspettava una piacevole sorpresa: il collegamento con Lucera, ripristinato in questi anni dalle Ferrovie del Gargano, cadenzato, ben manutenuto e frequente, per qualche istante ci ha fatto sentire in Svizzera… forse anche perché da lì proveniva anche l’eccellente materiale rotabile. 
Ma al contrario, i maratoneti che hanno scelto di provare il collegamento Foggia-Manfredonia (città di dimensione più o meno doppia rispetto a Lucera), si sono trovati in tutt’altra situazione. Quegli esperti hanno parlato di un vero e proprio disastro. Il gestore, che in questo caso è RFI, progetta di sostituire definitivamente – a breve – il servizio, che è già limitato in questo caso alla stagione balneare, con un sistema basato su autobus. Verrebbe da dire: “Complimenti!”.
Poi, nel corso del viaggio, siamo ancora saliti sull’autobus anche tra Foggia e Melfi, verso Potenza, dove esistono più stazioni, binari di scartamento diverso e pochissimi treni. Così il giorno dopo come gruppo abbiamo addirittura preferito provvedere al noleggio di un autobus privato per il tragitto Potenza-Matera, che a quell’orario sarebbe comunque avvenuto con mezzo sostitutivo. Così, almeno, abbiamo potuto scegliere il percorso per la via Appia, ormai declassata a strada provinciale, tra i bei paesaggi di Tricarico.
La vecchia e la nuova stazione della FAL a Matera: tutto a servire un solo binario a scartamento ridotto

La vecchia e la nuova stazione della FAL a Matera: tutto a servire un solo binario a scartamento ridotto

Giunti a Matera, ci siamo poi confrontati col paradosso: dal 1986 (!) FS sta costruendo una principesca bretella di una ventina di chilometri quasi tutti su viadotto tra Ferrandina, sulla linea Salerno- Potenza-Metaponto-Taranto, e una località (La Martella) a 7 km dalla città dei Sassi. Il completamento è ora previsto per il 2026, ma si può contare che la solita Agenzia Complicazione Pratiche Semplici ne ritardi il fine-lavori di almeno un’ulteriore decina di anni. Sul costo dell’opera, meglio stendere un velo pietoso. In città peraltro è stata disegnata da una nota “archistar”, e completata da poco, una nuova stazione centrale interrata della linea a scartamento ridotto per Altamura-Bari delle Ferrovie Appulo Lucane (FAL). Non è ancora definito se i due tronchi di linea, FS quando completato, e FAL, peraltro di diverso scartamento, verranno collegati. Occorre ricordare che un precedente esistente collegamento delle stesse FAL con Ferrandina e Pisticci è stato soppresso nei primi anni ’70. E qui torniamo al noto proverbio milanese: “Fà e desfà l'è tut un laurà”. Si può capire in che mani siamo. La maratona ferroviaria si è conclusa a Bari, dove alcuni dei maratoneti hanno potuto raggiungere l’aeroporto di Palese con un treno delle Ferrovie Nord Barese (FNB). Ma attenzione: la giovane turista giapponese che a Matera voleva comprare in stazione un biglietto per Bari Palese non ha potuto farlo. FAL e FNB non comunicano tra loro… E meno male che il nostro esperto di orari ha saputo spiegarglielo in eccellente inglese. Sullo schermo dell’emettitrice appariva infatti la destinazione, ma il biglietto non era ottenibile. Qualche considerazione a margine Questo viaggio nel Mezzogiorno ha riservato molte sorprese positive. Le città raggiunte nella nostra maratona, Benevento, Foggia, Lucera, Potenza, Matera, non sfigurano affatto nel confronto con le analoghe destinazioni toccate in un recente viaggio nell’ovest francese. Si tratta di città accoglienti, pulite, all’apparenza bene organizzate e ospitali, dove si incontrano alberghi perfettamente adeguati e una ristorazione favolosa. Girando nei centri, alla sera si nota un certo fervore, gradevole e civile. Nulla di inquietante o problematico: certo è una impressione poco approfondita e fugace, ma possiamo dire che nel viaggio abbiamo incontrato persone meravigliose, appassionate del loro contesto e motivate nelle loro attività di confronto sociale: abbiamo trovato gente di tutte le età che fa piacere incontrare. Esiste in quei luoghi una generale bonomia che rende gradevole il soggiorno, forse con qualche ombra in più solo nella grande conurbazione di Bari. Sui trasporti pubblici, in particolare ferroviari, resta davvero molto da fare. Si direbbe che sia necessaria una mobilitazione delle forze migliori per ottenere che qualcosa si muova, ma con l’ulteriore complicazione di dover coniugare legittime aspettative locali con una visione complessiva del tema “Trasporto pubblico” in ottica di sistema. Purtroppo sembra illusorio aspettarsi che chi avrebbe strumenti e cultura per esercitare centralmente questo ruolo intenda farlo. La capacità di ascolto, per non parlare di quella di sintesi e di proposta credibile delle organizzazioni centrali e regionali, siano esse ministeriali o ferroviarie, sembra penosamente insufficiente. Forse bisognerebbe organizzare ai funzionari qualche missione in più in Paesi circonvicini, dove potrebbero raccogliere idee utili, ammesso che ne avessero l’intenzione. Ma, anche senza viaggi d’istruzione, questi dipendenti pubblici potrebbero allenarsi a rispondere con maggiore convinzione alle domande che vengono dall’utenza. Per il momento non sanno, e probabilmente nemmeno vogliono, farlo.
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