Consulta Seniores 22 giugno 2017

Giovedì 22 Giugno si è tenuta a Bologna la Consulta Nazionale Seniores Federmanager 2017, un evento nell'ambito del quale si è fatto il punto sulle principali questioni di natura previdenziale che riguardano la categoria. Di seguito una sintesi del mio intervento.

Mino Schianchi - Presidente Comitato Nazionale di Coordinamento dei Gruppi Pensionati e Consigliere ALDAI-Federmanager 

Mino Schianhi - Presidente Comitato Nazionale Federmanager di Coordinamento dei Gruppi Pensionati

La crisi del patto intergenerazionale

Nell’attuale contesto economico la  politica non riesce a stabilizzare il sistema  sociale: 
  • Non trova equilibrio nei bilanci pubblici tra le diverse esigenze di oggi: istruzione/pensione, assistenza sanitaria/regimi fiscali; 
  • Non alimenta a sufficienza progetti che assicurino benessere collettivo di oggi e di domani (difesa dell’ambiente, bellezze naturali, siti archeologici, storici, culturali)
  • È lenta nei  provvedimenti occupazionali volti a far fronte  alla robotizzazione e alle nuove tecnologie che distruggono posti di lavoro.
  • Per sostenere le fasce più deboli della popolazione continua a prelevare dalle pensioni. 
La mancanza di questo equilibrio nei bilanci pubblici ha reso fragile il patto intergenerazionale; di questa conflittualità una parte delle forze politiche se ne è appropriata in maniera strumentale, per dire che i padri si sono costruite delle pensioni a loro vantaggio lasciando ai figli l’onere di pagarle. I Senior leggono con inquietudine la chiamata degli uni contro gli altri ai fini della divisione  delle risorse nazionali. 

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Il conflitto sociale

È la diseguale distribuzione delle risorse economiche del Paese ad alimentare il diffuso conflitto sociale. Troppo stridenti sono le disuguaglianze sociali. Soprattutto le inquietudini delle giovani generazioni, determinate  dalle incertezze che pesano sul loro futuro: la discontinuità del lavoro, le retribuzioni incerte e spesso modeste sono fattori che influenzeranno anche i livelli di pensioni di domani.  In Italia, la differenza nella distribuzione della ricchezza si è ulteriormente accentuata a causa dell’enorme evasione fiscale e della corruzione. Il conflitto sociale che  pure nasce da obiettive disuguaglianze, è tuttavia amplificato ad arte per finalità di ordine politico, con dati scorretti o falsi. Il che spiega anche l’accesa indignazione verso pensioni troppo elevate, quali quelle ampiamente denunciate dai media e sospettate di essere frutto di raggiri delle norme in materia pensionistica. Noi Pensionati non possiamo sottrarci dall’affrontare questa crisi intergenerazionale e dobbiamo impegnarci per trovare soluzioni equilibrate.

L’occupazione dei giovani

I giovani attraversano momenti difficili sul mercato del lavoro a causa della rivoluzione tecnologica, della globalizzazione, della demografia, della recessione mondiale. L’occupazione si favorisce  incoraggiando i giovani  a investire nella propria formazione verso sbocchi professionali qualificati. La disoccupazione si combatte con la formazione continua, dentro e fuori i luoghi di produzione; formando i lavoratori  perché siano  pronti a svolgere compiti nuovi e ad occupare posti di lavoro generati dai cambiamenti tecnologici.  Per incrementare  l’occupazione sarebbe utile porre maggiore attenzione alla creazione di nuovi posti di lavoro in settori carenti di risorse, come i servizi sociali e la sicurezza ambientale, interventi che avrebbero come risultato anche un miglioramento della qualità della vita di tutti.

La difficile condizione e le preoccupazioni dei giovani

Affermare che i giovani possono trovare occupazione solo nella misura in cui i lavoratori più anziani liberano «posti» andando in pensione è ingannevole. Non è vero che, se gli anziani si pensionano, i giovani trovano più lavoro. Il totale dell’occupazione dipende da molti altri fattori: competitività, innovazione, capitale umano, regole sul lavoro e così via. Dove questi fattori si combinano in modo virtuoso, l’occupazione aumenta per tutti: giovani e anziani, uomini e donne. È anche dimostrato che se si riduce il cuneo fiscale, cioè le tasse sul lavoro, le imprese assumono.
Certamente ai giovani fa un certo effetto sapere di dover pagare elevati contributi per sostenere chi è andato in pensione con il più favorevole Sistema Retributivo, quando è incerta la loro prospettiva pensionistica che non prevede meccanismi solidaristici. L’introduzione del metodo di calcolo contributivo ha operato una razionalizzazione del sistema previdenziale, ottenendo contemporaneamente, congiuntamente ad altri fattori, il contenimento se non la definitiva stabilizzazione, della spesa.  E tuttavia spesso si ritorna sul nodo della sostenibilità finanziaria del sistema. 

La pensione dei giovani

L’incerta prospettiva pensionistica dei giovani non deriva tanto dalle regole dell’accreditamento dei contributi e dal meccanismo di calcolo della prestazione, quanto dalla loro condizione occupazionale precaria e saltuaria. La mancanza di un sistema efficiente che assicuri un continuo ricollocamento dei lavoratori estromessi dai posti lavoro non più produttivi obbliga a una struttura previdenziale imperniata più sull’assistenza che sulla previdenza. Per questo le politiche occupazionali per i giovani debbono essere messe in sinergia con un sistema pensionistico in grado di tutelare, al momento del pensionamento, il lavoro di oggi e di domani in tutte le sue peculiarità e differenze dal passato.

La pensione degli anziani

In parallelo occorre assicurare un sistema pensionistico che tuteli le persone che sono uscite dall’attività produttiva. È bene ribadire che i pensionati sono cittadini che hanno dato il loro apporto alla collettività durante la vita attiva e che le prestazioni che essi ricevono non sono un costo, ma un «ritorno» per il lavoro svolto, l’impegno sociale, i contributi e le imposte versati. Imposte che, peraltro, continuano a pagare anche durante il pensionamento e che, in molti casi, sono più elevate di quando erano in attività produttiva. Purtroppo nel contesto in cui viviamo, caratterizzata da un enorme debito pubblico, aggravato dall’elevata evasione fiscale e contributiva, viene continuamente rimesso in discussione il mantenimento degli attuali trattamenti pensionistici per le pensioni medio/alte. Secondo alcuni, nuove riduzioni sarebbero eque e giustificate dalla necessità di realizzare una rete di assistenza di base, e per assicurare quel reddito minimo garantito, che oggi manca nel nostro Paese. E’ la tesi sostenuta dai vertici INPS nel documento “Non per cassa, ma per equità”. 

Pensioni assistenziali

Non tutte quelle che vengono dette “pensioni” sono frutto di effettivi contributi versati: sono prestazioni assistenziali che nulla c’entrano con le pensioni. La separazione tra Previdenza ed Assistenza da noi costantemente auspicata deve servire anche a questo: a definire in maniera chiara le varie forme di interventi assistenziali da porre a carico della fiscalità generale. 

Nel 2015 i pensionati erano 16.179.377, ad essi sono state erogate:  8.305.859 pensioni (51,34% dei pensionati) totalmente o parzialmente a carico della fiscalità generale tra cui: 3.318.021 di integrazione al minimo. Pensioni così basse significano evasione contributiva e sommerso (circa 8 miliardi l’anno).

Separare l’assistenza dalla previdenza

È importante separare la spesa per l’assistenza dalla spesa per la previdenza per verificare la sostenibilità del sistema e per ragioni di trasparenza nella presentazione a livello internazionale (EUROSTAT e OCSE) dei numeri del nostro sistema previdenziale, ma soprattutto per definire come finanziare tali spese. Dai dati 2015 riclassificati da “Itinerari Previdenziali” è la spesa assistenziale e non la spesa pensionistica fuori controllo. Crescita spesa media annua ultimi 5 anni: pensioni: +1,86%, assistenza: +5,89%
Diversamente da quanto viene divulgato, il bilancio previdenziale (2015) è risultato in attivo di 3,713 miliardi (il 2,2% del monte spesa pensionistica). Il sistema è stato stabilizzato. Soprattutto a spese dei pensionati. Essi hanno subito numerose continue Riforme pensionistiche (24 modifiche) sempre in senso riduttivo; pesanti provvedimenti sottrattivi, in particolare quelli a carico dei trattamenti medio/alti (sospensioni della perequazione, “contributi di solidarietà, ecc.). 

Il contributo dei pensionati al riequilibrio del bilancio pubblico

  • Contributo di solidarietà per 6 anni (2012-2017), a carico di lavoratori e pensionati, iscritti agli ex Fondi speciali (Inpdai, Volo, Telefonici, Elettrici, Ferrovieri, Ferrotranvieri), tutti confluiti nell’Inps.
  • Contributo di solidarietà per gli anni 2014-2016 per pensioni lorde sopra i 91 mila euro.
  • Sospensione della perequazione 2012_2013. Si attende Pronuncia della Consulta sulla questione d’incostituzionalità.
  • Perequazione più penalizzante. Introdotta dal Governo Letta e in vigore fino a tutto il 2018.
  • Lunga sequenza di sottrazioni. 24 interventi modificativi in peggio del sistema perequativo di cui ben sei sospensivi, soprattutto negli ultimi 20 anni, hanno dato luogo secondo calcoli approssimativi che, in questo modo, hanno ridotto la spesa pensionistica di ben 800/1000 miliardi.

Recuperare le risorse disponibili della gestione della previdenza

Tre sono le iniziative prioritarie per migliore la gestione previdenziale:
  • Efficiente gestione del patrimonio immobiliare.
  • Rapido recupero dei crediti verso le aziende.
  • Riduzione dell’abusivismo previdenziale: 
L’INPS, secondo le dichiarazioni rese dall’Istituto stesso, dispone già delle informazioni su redditi e patrimoni mobiliari e immobiliari delle persone verso cui indirizza trasferimenti sociali, e ritiene di essere in grado di identificare chi è davvero in condizioni di povertà. Pertanto, l’Istituto potrebbe dare seguito alle analisi già avviate con l’operazione “trasparenza”, per far conoscere   le categorie professionali, sociali ed economiche di provenienza di 8.305.859 pensioni assistite.

Gli attacchi alle pensioni non finiscono mai

Nonostante la serie di misure riduttive subite continua l’attacco alle pensioni. I vertici dell’stesso Istituto previdenziale propongono nuovi tagli, per ragioni di “equità”. Alcune forze politiche ben note propagandano che riducendo ulteriormente alcune pensioni si può attuare un programma di assistenza generale a tutta la popolazione. Taluni accademici suggeriscono una doppia imposizione sulle pensioni.  Altri raccomandano di calcolare le pensioni di reversibilità con le regole  dell’assistenza.

I vitalizi sono le vere pensioni d’oro!

Ultimamente c’è anche il tentativo di qualcuno di accomunare le nostre pensioni ai vitalizi dei politici. Ci sono in Italia oltre 29 mila vitalizi che la politica ha tenuto al riparo dalle riforme pensionistiche che negli ultimi 25 anni hanno tagliato le pensioni degli altri 60 milioni di italiani. Questi assegni oscillano tra i 40 mila e i 200 mila euro all’anno e sono costruiti su regole previdenziali di assoluto favore.  Pochi anni di mandato sono valutati come un’intera vita di lavoro: questi sono le vere pensioni d’oro! Non si possono assimilare ai vitalizi le pensioni di chi ha lavorato un’intera vita, versando onestamente i contributi e pagando le imposte dovute fino all’ultimo euro!

Iniquità fiscale

Nel nostro Paese la più odiosa delle iniquità fiscali riguarda i lavoratori dipendenti e i pensionati. L’imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) è alimentata quasi esclusivamente da redditi da Lavoro dipendente e da Pensione. Dai dati diffusi dal Ministero di Economia e Finanza (MEF) relativi alle dichiarazioni dei redditi 2014 presentate nel 2015 emergono informazioni sconcertanti.

Dichiarazione dei redditi 2015.

Più di 10 milioni di italiani dichiarano un reddito inferiore a 7.500 euro e versano in media 55 euro di imposte all’anno. 18,7 milioni di contribuenti (45,96% del totale e 77,5% dei lavoratori autonomi) dichiarano meno di 15.000 euro annui e pagano un IRPEF media di 305 euro all’anno quando solo il Servizio Sanitario Nazionale costa 1850 a persona. Solo per garantire la sanità a questi 28 milioni (quasi la metà) di cittadini italiani, occorrerà reperire 43,3 miliardi all’anno. Altri 6,1 milioni di contribuenti con redditi tra i 15.000 e i 20.000 euro annui paga 1.655 euro annui di imposta (si pagano solo la sanità al 90%).

Solo 764.776 (1,9% dei contribuenti) hanno dichiarato redditi superiori agli 80mila euro, contribuendo così a quasi un quarto (22,7%) delle entrate per IRPEF e addizionali regionali e comunali.
Tra i 764.776 contribuenti che dichiarano più di 80mila euro lordi:
  •   432.720 (57%) sono lavoratori dipendenti, 
  •   223.303 (29%) sono pensionati,
  •   108.753 (14%) sono autonomi.

Chi paga il welfare pubblico?

Siamo noi, Dirigenti pubblici e privati, che finanziamo gran parte del welfare nazionale. Il carico fiscale grava pesantemente sulle fasce medio-alte:  11,28% dei contribuenti paga 52,5% dell’Irpef. Solo il 4,13% dei contribuenti dichiara redditi superiori a € 55.000 e paga il 33,6% dell’Irpef complessiva. Complessivamente lavoratori dipendenti e pensionati coprono oltre l’82% delle entrate IRPEF e gli altri meno del  18%.

Far emergere il sommerso e colpire la criminalità fiscale

C’è troppa evasione.  Per rendere effettiva l’equa distribuzione delle risorse nel nostro Paese, occorre:
condurre una efficace lotta all’evasione fiscale, all’elusione previdenziale, attivare controlli incrociati fra le  varie  Amministrazioni ed Enti, a  partire da INPS-FISCO, rafforzare e rendere più rigide e puntuali le modalità di accertamento, con il massiccio utilizzo delle più avanzate tecnologie informative. In assenza di tali infrastruttura di supporto, anche i migliori propositi politici si rivelerebbero mere aspirazioni, senza effetto nella realtà. 

L’iniquo prelievo fiscale sulle pensioni

Il sistema pensionistico italiano è fiscalmente iniquo rispetto agli altri sistemi dei più grandi Paesi d’Europa. L’incidenza dell’imposta sulla spesa pensionistica, rapportata al PIL, è il doppio della media di tutti gli altri Paesi europei: 2,8% in Italia, 1,4 media Unione Europea. Il sistema pensionistico italiano è fiscalmente iniquo anche rispetto all’interno del Paese. I pensionati pagano 58,581 miliardi di Irpef (il 35% del totale Italia) e il 10,2% di questi pensionati (sono quelli che percepiscono da 2700 euro lordi mensili in su) paga il 46,8% di tutta l'Irpef sulle pensioni.

La perequazione delle pensioni nei paesi europei

Anche per quanto riguarda l’indicizzazione delle pensioni al costo della vita siamo tra i peggiori in Europa:
  • In Danimarca, Slovenia e Svezia le pensioni sono agganciate ai salari.
  • In Germania si tiene conto sia della dinamica salariale sia del rapporto pensionati/attivi.  
  • In Bulgaria, Finlandia, Polonia, Romania, Ungheria vige un sistema misto di indicizzazione salari/prezzi. 
  • In Austria, Belgio, Francia, Regno Unito e Spagna viene garantito alle pensioni il pieno mantenimento del potere d’acquisto, essendo rivalutate in base alle variazioni dell’indice dei prezzi al consumo. 
  • In Grecia, Italia e Portogallo vige un sistema di indicizzazione solo parziale.

Contrastare la deriva fiscale delle pensioni

La disuguaglianza dei pensionati italiani, rispetto a quelli degli altri Paesi europei, va corretta. L’ultimo Rapporto Istat su «La situazione del Paese» (2017) segnala che tra le tipologie sociali che nel periodo di crisi hanno subito la  più  marcata  crescita  del  peso  impositivo  vi è quella  dei   pensionati  (+2,0%). Vanno rimodulate le aliquote IRPEF, in rapporto alle tipologie di consumi e in rapporto alle esigenze che l’avanzare dell’età impone. Dal 2000 al 2014, il potere d’acquisto delle pensioni di importo superiore a 1.500 euro mensili si è ridotto di quasi il 15% per effetto della parziale indicizzazione ai prezzi, dell’inasprimento della tassazione e del meccanismo del fiscal drag.

Una nuova politica di protezione sociale per i giovani

Occorre un nuovo sistema di protezione sociale, che riduca le penalizzazioni per i percorsi lavorativi instabili e introduca, alcuni correttivi per i nuovi occupati. Istituire un trattamento di base, finanziato dalla fiscalità generale, ragguagliato all’importo dell’assegno sociale, che faccia da zoccolo alla pensione contributiva. Ridurre le aliquote contributive obbligatorie dal 33% al 24-25%. Utilizzare lo sgravio contributivo così ottenuto per finanziare la previdenza complementare.

Una nuova politica fiscale per le fasce sociali più fragili

Le generazioni più anziane, i pensionati, nonostante i sacrifici cui hanno dovuto sottostare guardano con preoccupazione a un sistema impositivo che erode sempre più i loro trattamenti e soprattutto non tiene conto delle esigenze nuove e crescenti che porta l’avanzare degli anni. È urgente affrontare la questione della Riforma fiscale, perché una nuova struttura delle imposte può costituire l’asse intorno al quale innestare una più equa distribuzione delle risorse del Paese. Occorre introdurre un nuovo sistema d’imposte che guardi alle condizioni economiche, familiari e sociali delle persone. Vanno rimodulate le aliquote IRPEF: in rapporto alla situazione occupazionale e retributiva dei giovani, in relazione alle tipologie di consumi e alle esigenze che l’avanzare dell’età genera. Federmanager, fin dal 2011, in modo congiunto con Manageritalia, ha formulato proposte che potrebbero contribuire alla soluzione delle molte iniquità sociali ogni giorno denunciate e mai risolte.
Le ipotesi di lavoro di un nuovo sistema fiscale:
  • Introdurre una fiscalità di vantaggio per la parte variabile della retribuzione senza limiti di beneficiari. 
  • Stabilire un unico plafond di deduzione fiscale per previdenza e assistenza sanitaria integrativa trasformandolo da valori assoluti a valori in percentuale della retribuzione. 
  • Ridurre la progressività della curva delle aliquote IRPEF, che grava prevalentemente sul reddito di lavoro dipendente. 
  • Ridisegnare la curva delle aliquote IRPEF, secondo nuovi concetti non solo di pura progressività economica, ma anche sociali, dalla famiglia, ai bisogni degli individui, all’età. 

Sostenibilità del sistema pensionistico

Per rendere più sostenibile ed equo il sistema pensionistico, sarebbe necessario dare seguito a una politica di sviluppo industriale e dei servizi, compatibile con la morfologia del Paese, con le sue caratteristiche ambientali, con la sua storia archeologica, artistica e culturale. Siamo convinti che solo creando nuova ricchezza potremo salvaguardare il nostro welfare e quello dei nostri figli. C’è bisogno di lungimiranza, moralità e gestione manageriale in grado di valorizzare le risorse e di focalizzare le iniziative per dare degne prospettive alle nuove generazioni rispettando anche gli impegni presi con i lavoratori che hanno contribuito allo sviluppo del secondo polo manifatturiero europeo.

Conclusioni

Gli aspetti critici che investono la situazione sociale ed economica del Paese e le proposte di obiettivi da raggiungere nel campo previdenziale, appena esposti, non esauriscono tutte le materie su cui certamente sarà impegnata l’azione di Federmanager e CIDA. Il nostro impegno per i prossimi mesi sarà comunque rivolto a sostenere tutte iniziative e progetti di Federmanager/CIDA riguardanti:
La ricomposizione del patto intergenerazionale con un mix di attività e progetti che coinvolgano esperienze dei più anziani e capacità innovativa dei giovani;
Interventi a livello politico e di governo per una Riforma fiscale che tenga conto delle esigenze dei giovani che sia affacciano al mondo del lavoro e delle esigenze degli anziani i cui bisogni cambiano e crescono con l’avanzare dell’età;
Interventi e stimoli a livello di Governo e presso l’Inps per la separazione dell’Assistenza dalla Previdenza; 
Sostegno alle iniziative di carattere giudiziario a tutela dell’integrità delle pensioni e contro tentativi di introdurre periodicamente misure riduttive del nostro reddito previdenziale.
Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in formato pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013

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