Bellotto e Canaletto: lo stupore e la luce
Il Gruppo Cultura, proseguendo negli incontri di “preparazione alle mostre”, desidera incontrare il ’700 per la prima volta approfittando della mostra “Bellotto e Canaletto: lo stupore e la luce” organizzata dalle Gallerie d’Italia. Ci aiuterà nel percorso la dottoressa Silvia Bolzoni, studiosa e grande esperta del periodo. Al solito alla preparazione farà seguito la visita per chi ne vorrà approfittare.
Silvia Bolzoni
Quando si parla di ’700 e di Venezia, si sta già parlando di Vedutismo. E di Canaletto, che se ne fu la stella più fulgida, non fu la prima a brillare. Le radici più lontane del Vedutismo s’intravvedono già alla fine del ’400, nel ciclo delle “Storie della reliquia della Vera Croce” per la Scuola di San Giovanni Evangelista. Nei dipinti di G. Bellini, Processione in Piazza San Marco del 1496, e di V. Carpaccio, Miracolo della Croce a Rialto del 1494, la vena narrativa dialoga con la resa spaziale in cui la storia è ambientata, dettagli e architetture assumono un ruolo nuovo, con realistici scorci della città che si fanno protagonisti. Processioni e feste fanno da pretesto a sempre più accurate descrizioni degli edifici fino ad approdare a uno dei grandi capolavori di L. Carlevarijs (Udine, 1663 - Venezia, 1730), uno dei padri del Vedutismo. È il 1709 quando Federico IV di Danimarca visita la Serenissima e l’opera che celebra l’avvenimento segna la piena maturità del pittore e la stagione d’oro del Vedutismo veneziano. Poco prima, nel 1703, aveva licenziato presso l’editore G.B. Finazzi, Le Fabbriche e Vedute di Venetia disegnate, poste in prospettiva e intagliate da Luca Carlevarijs, un’opera che conteneva 104 acqueforti di grande rigore prospettico, pietra miliare nella storia dell’incisione. Verso la metà degli anni ’20, irrompe sulla scena Giovanni Antonio Canal (Venezia 1697-1768). La committenza iniziò a preferirlo al Carlevarijs, ormai giunto alla fine della propria parabola, e già intorno al 1730 la bottega di Canaletto è nutrita di numerosi artisti per soddisfare le tante commissioni, provenienti in gran parte dalla clientela inglese. Il tramite di queste è Joseph Smith, ambasciatore inglese e mecenate. Dai primi capolavori degli anni ’20 del museo Thyssen di Madrid come La piazza San Marco fino alle ultime tele, la continuità qualitativa delle opere è una costante che solo il nipote, Bernardo Bellotto (Venezia, 1722 - Varsavia, 1780) riuscì a mantenere.Figlio della sorella maggiore di Canaletto, Bellotto fu ammesso a soli 16 anni nella Fraglia dei pittori veneziani, prova del precoce talento dimostrato. Certamente si formò nella bottega dello zio ed è altrettanto certo che ben presto, soffocato dall’ingombrante presenza, si allontanò da Venezia per non farvi più ritorno. Si aprirono per lui le porte di una carriera internazionale: viaggiando, riuscì a trovare una propria cifra stilistica lontana da quella dello zio, soprattutto in una luce – fredda e tagliente – che si sposava assai bene con i paesaggi nordici delle corti di Vienna, Dresda e Varsavia. Con l’allontanamento del nipote e la prematura scomparsa di M. Marieschi (altro talentuoso vedutista che morì a soli 32 anni), Canaletto rimase padrone assoluto della laguna. Dopo di lui, solo F. Guardi toccherà punte di pura poesia con le sue nebbie e i suoi sfumati. Al volgere del secolo, il Vedutismo tramonta, lentamente, come la città stessa che, con il trattato di Campoformio del 1797, perde ogni peso politico ma entra a tutti gli effetti nel mito. La mostra “Bellotto e Canaletto. Lo stupore e la luce” che viene allestita in questi mesi alle Gallerie d’Italia (25 novembre 2016 - 5 marzo 2017), pone il focus sui due maggiori esponenti del Vedutismo, ripercorre i passi di quella che fu già allestita a Torino nel 2008 (sono entrambe curate da Anna Bozena Kowalczyk) e ospita circa 100 opere, molte mai esposte prima in Italia. Un’occasione unica per porre in dialogo le due grandi tele di Canaletto e quella di Bellotto presenti alla Pinacoteca del Castello Sforzesco con un più vasto catalogo degli stessi autori.
01 gennaio 2017