Come ridurre furtivamente le difese costituzionali delle pensioni
Contro le premesse per un esproprio dei diritti previdenziali occorre organizzare un vero e proprio fronte di opposizione alla linea di attacco che si sta rafforzando contro i pensionati. Occorre dare continuità ad una serie di interventi di peso, a livello politico e sindacale.
Mino Schianchi
Presidente Comitato Nazionale di Coordinamento dei Gruppi Pensionati e Consigliere ALDAI-Federmanager
Negli scorsi mesi sono stato sollecitato quasi ogni giorno, con messaggi e telefonate, a prendere posizione contro le note proposte di modifica dell’art. 38 della Costituzione. Mi rendo conto benissimo che la materia non potrà entrare in discussione parlamentare nel corso dell’attuale legislatura. Ma vi sono forze politiche che, in un modo o nell’altro, vogliono intervenire con più ampia copertura costituzionale sui provvedimenti che futuri governi vorranno prendere in attuazione di politiche pensionistiche. Più precisamente, è diffusa la percezione, tra noi pensionati, che le proposte di modifica trovano concorde molte forze politiche, anche di colore assai diverso, nel dare sostegno a tesi che vengono da una lunga dottrina contro le pensioni giudicate più o meno alte e che è condivisa, quando non promossa apertamente dai vertici INPS. L’obiettivo è chiaramente elettoralistico, almeno nella fase attuale. Ma potrebbe consolidarsi e trovare attuazione nel prossimo Parlamento dove è prevedibile che formeranno alleanze forze decisamente avverse ai pensionati, almeno quelli titolari di trattamenti attribuiti con sistema retributivo.
La modifica all’art. 38 è presentata come “norma salva-giovani”, questa è la forma più capziosa per acquisire il consenso popolare (vedi al riguardo anche l'articolo del collega Antonio Dentato "Trappola per pensionati"). E su questo piano il movimento bipartisan contro i pensionati è già al lavoro da tempo. Basta vedere il lungo elenco di proposte di leggi, articoli, talk-show e studi prodotti da anni, a gettito continuo, in materia, e il fatto che la prima proposta di modifica al citato art.38 è del 2015.
Non tutti i nostri colleghi si rendono conto che la recente proposta di riforma dell’articolo 38 della Costituzione, con la quale si dispone che “il sistema previdenziale deve essere improntato ad assicurare l’adeguatezza dei trattamenti, la solidarietà e l'equità tra le generazioni nonché la sostenibilità finanziaria”, dando per scontata la migliore intenzione dei proponenti, nasconde insidie, perché potrebbe essere interpretato dal furbastro legislatore di turno, come legittimazione a livellare verso il basso tutti i trattamenti pensionistici. Pensioni tutte come assistenza e non come diritto (peraltro dottrina diffusa in taluni ambienti accademici, non solo italiani).
Se il progetto di modifica dell’art.38 della Costituzione venisse approvato, non ci sarebbe Corte Costituzionale che tenga. Le pensioni potrebbero essere abbassate senza ricorrere né a sospensione di perequazione né a “contributi di solidarietà” e tantomeno a ricalcoli con il sistema contributivo. Sarà possibile abbassare, in maniera strutturale, tutte le pensioni che superano una certa soglia media in applicazione del parametro “equità fra generazioni”.
Le pensioni medio-alte, anche quelle appena dignitose, rappresentano ormai l’obiettivo di attacchi più o meno concertati di forze politiche, movimenti antisistema, gruppi sociali, media, tutti ben individuati, nelle loro logiche e strategie.
Occorre, pertanto, organizzare un vero e proprio fronte di opposizione alla linea di attacco che si sta rafforzando contro i pensionati. Occorre dare continuità ad una serie di interventi di peso, a livello politico e sindacale. Occorre trovare alleanze. Occorre far valere la forza dei numeri, oltre quella delle buone ragioni e delle idee Perché è chiaro che, in vista delle elezioni, la questione “pensioni d’oro” sarà uno dei cavalli di battaglia di tutti gli schieramenti per raccogliere i voti delle fazioni sociali più demagogiche.
01 ottobre 2017