Edouard Manet e la libertà di fare pittura
È una rara occasione poter visitare una mostra di pittura senza correre il rischio di rimanere delusi. Con la sua arte e grazie alle disponibilità della sua famiglia, Manet ha saputo convivere con gli schemi alla moda e mettersi fuori da ogni regola precostituita, esempio di attenta e libera scelta fra piacere e convenienza.
Alberto Cantoni
Uomo e pittore controverso in vita, della sua arte oltre possibili classificazioni abbiamo evidenza nel Ritratto di Mallarmé, dipinto nel 1876 proprio nell’anno di pubblicazione di L'après-midi d'un faune, il poema di Mallarmé illustrato da Manet e successivamente musicato da Debussy nel 1894, vero esempio dell’impressionismo della parola, della musica e dell’immagine.
Avere ignorato gli elementi tradizionali del chiaroscuro e della prospettiva per costruire un quadro dipinto con pure macchie di colore lo ha portato al famosissimo rifiuto di Le déjeuner sur l'herbe nel Salon del 1863. Il soggetto è una rivisitazione del Concerto Campestre del Tiziano (1509-1510), ma le figure vanno ben oltre la ragione allegorica del nudo e del vestito. In Tiziano le due donne sono nude perché rappresentano due ninfe e sono la natura, mentre i due uomini appartengono alla civiltà e perciò sono vestiti. La strada sottile verso una pittura sospesa in immaginaria e vividissima realtà in Manet era diventata maestra e tutto richiamava l’eredità non trascurabile della irraggiungibile e mai superata Tempesta di Giorgione (1502-1503).
Il messaggio più profondo e moderno di Manet può essere ammirato nella costruzione, nel colore e nelle forme di Un bar aux Folies Bergère del 1881, ultima opera importante da lui realizzata e in sintonia piena con l’impressionismo ormai dilagante. Il soggetto raffigura il famosissimo locale alla moda di Parigi con un primo piano che riprende quasi unicamente il bancone riccamente fornito e la cameriera Suzon, personaggio che Manet ha ripreso in diversi quadri. Attualissima è la spazialità che sorge dalle immagini riflesse nel grande specchio della parete retrostante, nel quale si ricompone la vita reale del locale affollato. Con questo Manet ribalta l’uso corrente della prospettiva tanto che nello specchio si ritrovano soggetti non visibili e non immaginabili allo sguardo diretto del quadro perché posti alle spalle di chi osserva, testimone di ciò che a noi non è dato vedere e che il quadro può invece contenere perché l’immagine riflessa in esso diventa concreta e permane.
Manet nella sua tarda (non di anni) esperienza artistica è definitivamente andato oltre la prospettiva dell’immagine reale verso una forma ideale di un tutto che la mente e non l’occhio può vedere e quindi rappresentare; strada non estranea a Cézanne, che ben oltre ha portato la sua ricerca dell’immagine oggettiva. Libertà è stata l’opera e la vita di Manet? Sicuramente libertà non rinunciata.
01 marzo 2017