“Una montagna da scalare” tra discriminazioni e ingiustizie fiscali

L’articolo ripercorre le diverse iniziative in corso in difesa del ceto medio e dei pensionati appartenenti a questa componente sociale. Una sintesi che guarda alla posizione in cui si trovano queste categorie sociali a fronte del prossimo Piano Strutturale di Bilancio (PSB)


Antonio Dentato   

Componente Sezione Pensionati Assidifer - Federmanager

È come scalare una montagna impervia. Abbiamo scelto questa immagine come metafora per descrivere lo sforzo che deve compiere il ceto medio, inclusi i pensionati che si riconoscono in questa componente sociale, per tutelare i propri diritti e garantirsi un necessario equilibrio economico e sociale. Componente sociale che ha dato un contributo fondamentale alla crescita e allo sviluppo del Paese, e che oggi si trova a fronteggiare sfide complesse sempre nuove. Il suo ruolo, spesso silenzioso ma essenziale nell’equilibrio sociale ed economico, è sminuito. Al riguardo ci sembra pertinente l’analisi dell’economista francese Thomas Piketty che descrive il progressivo avanzare delle disuguaglianze sociali e, in questo fenomeno, la perdita di ruolo e di reddito della classe media (Capital et Idéologie, Seuil, 2019). Precedentemente, lo stesso autore, nella prefazione al libro di Gabriel Zucman La ricchezza nascosta delle nazioni (add editore, 2017) scriveva che “se i contribuenti delle classi medie sentono di pagare aliquote fiscali effettive più alte di chi è in cima alla piramide, e se le piccole e medie imprese sentono di pagare più delle grandi società, c’è il rischio che il concetto di consenso fiscale – su cui si fondano le moderne democrazie – si sgretoli in modo irrimediabile”. Sono osservazioni che riguardano la crisi della classe media a livello globale; “crisi […] indotta, anche, dagli esiti dei grandi processi globali che, a lungo sono stati interpretati come solo e sempre virtuosi” (vedi in questa Rivista, agosto 2024, F. Del Vecchio Il rapporto Censis-CIDA sul ceto medio impone serie riflessioni sulle priorità del Belpaese). Un Belpaese, dunque, dove la classe media, ormai non più rappresentata politicamente, rischia di cadere negli estremismi, populismi…; (vedi A. Brambilla, Presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, Senza classe media non c’è futuro in Il Punto, 27/2/2023).

È il quadro di riferimento. Vi si inscrivono le resistenze a ogni richiesta di cambiare atteggiamento verso la classe media: che la politica sia più attenta nel valorizzarne il ruolo sociale e salvaguardarne gli interessi economici; vi si iscrivono le istanze di quella componente sociale che si sente parte della classe media: i pensionati che avvertono le discriminazioni di cui sono fatti oggetto, quando non di manifeste ostilità. Un clima di avversione creato ad arte: additati dalla pubblica opinione come “privilegiati” perché titolari di trattamenti 4 volte superiori ai minimi INPS; marchiati con l’espressione volutamente sprezzante di “pensionati d’oro”: termini che si traducono, poi, in provvedimenti riduttivi degli assegni e in misure discriminatorie. Interventi a carico di soggetti che mancano di qualsiasi forma di contrattazione; senza alcuna possibilità di attivare forme di opposizione democratica (ad esempio sciopero), né con strumenti per recuperare le continue perdite di reddito: non sono commercianti che possono scaricare le perdite sui prezzi e quindi sulla clientela, non sono dei professionisti che possono aumentare le loro parcelle… Ma pagano l’imposta sulla pensione prima di riscuoterla. Promuovono ricorsi giudiziari, i cui risultati, per lo più, non sono quelli attesi. Le uniche continue iniziative sono quelle promosse dalle nostre Rappresentanze, con risultati che non sempre rendono giustizia alla fatica spesa; eppure la determinazione nel continuare a “scalare la montagna” della noncuranza e replicare agli atteggiamenti astiosi non viene meno. Prevale l’ottimismo della volontà, con l’attenzione rivolta a un futuro in cui l’equità e la giustizia sociale non restino vuote parole di un discorso retorico. Vince la convinzione che, anche se le molte iniziative promosse non potranno cambiare del tutto l’annoso atteggiamento avverso che si è diffuso contro la classe media e, in particolare, contro i pensionati, almeno – è l’auspicio – potranno aprire la strada a una riflessione più diffusa su questi temi e gettare le basi di un sostrato culturale che metta in maggiore evidenza i valori della buona convivenza sociale e del riconoscimento del merito. 

Partendo da queste considerazioni, di seguito riportiamo un riepilogo delle iniziative più recenti messe in campo da Federmanager e CIDA. L’obiettivo è quello di offrire un orientamento inteso a rafforzare e sostenere le attività già avviate, con la convinzione che una partecipazione attiva e numerosa contribuisca a raggiungere risultati migliori nelle rivendicazioni in corso. Ci concentriamo sulle iniziative principali delle nostre Rappresentanze che riguardano azioni di coinvolgimento e partecipazione, attività di studio e approfondimento, ricorsi giudiziari, che s’intrecciano in un coerente filo conduttore, dalle analisi e riflessioni alla promozione di iniziative.

La difesa del ceto medio e la necessità di un fisco più equo

Il 20 novembre 2023, CIDA ha lanciato la Petizione Salviamo il ceto medio con l’obiettivo di coinvolgere i cittadini nella richiesta alla politica di considerare le esigenze di chi sostiene gran parte del sistema economico e del welfare italiano: il ceto medio. Questa fascia di contribuenti, con redditi a partire da 35.000 euro, rappresenta il 63% del gettito Irpef, e, nonostante  sia gravata da tanta pressione fiscale, continua, comunque, a essere esclusa da agevolazioni e bonus di cui  invece beneficiano altre categorie. La Petizione ha raccolto oltre 52.000 firme, segnalando il malcontento di una parte significativa della popolazione, da anni penalizzata da un sistema fiscale ingiusto. La Petizione, come si legge nel messaggio conclusivo di CIDA, non costituisce un traguardo, bensì l’inizio di un percorso di nuove attività e rivendicazioni. 

Ridisegnare il patto sociale

Un percorso che, infatti, ha proseguito con il Rapporto Censis-
CIDA, avente finalità “conoscitive e di supporto a possibili scelte, in linea con l’azione di CIDA da tempo impegnata a promuovere un pacchetto di proposte in grado finalmente di potenziare il ceto medio di fronte a molte delle sue difficoltà”. Il Rapporto, presentato nel maggio 2024, ha analizzato il ruolo e le difficoltà del ceto medio in Italia, evidenziando come questa fascia sociale abbia perso terreno sia economicamente che socialmente. La stagnazione dei salari e un sistema fiscale iniquo, che ha gravato pesantemente sui redditi medi, sono stati tra i principali fattori che hanno contribuito al suo declino. Il ceto medio, pur sostenendo gran parte del carico fiscale e contribuendo al welfare, non ha ricevuto un adeguato ritorno in termini di benefici. E, pertanto, “si chiede un cambio di passo culturale, prima ancora che operativo, con una rimodulazione funzionale allo stimolo al fare”.
Viene sottolineata l’urgenza di una riforma fiscale che riduca la pressione sui redditi medi e redistribuisca le risorse in modo più equo, per favorire un recupero del potere d’acquisto e una maggiore equità sociale.

I ricorsi contro la manipolazione del meccanismo di perequazione

A fronte di disposizioni che hanno dato luogo alle temporanee sospensioni e alle manipolazioni in peggio del meccanismo di perequazione delle pensioni, o la loro riduzione (cosiddetti contributi di solidarietà), sono stati promossi ricorsi presso i Tribunali ordinari e le Sezioni regionali della Corte dei Conti. Federmanager e CIDA hanno sostenuto, di volta in volta, ricorsi pilota. Iniziative tutt’ora in atto, e ricorsi presentati anche con il sostegno di altre Organizzazioni e da privati. In merito, segnaliamo l’Ordinanza (6 settembre 2024) della Corte dei Conti, sez. Toscana, di rimessione alla Corte Costituzionale degli atti di giudizio concernenti il ricorso presentato da un pensionato, ex dirigente scolastico, inteso a ottenere la perequazione integrale del trattamento pensionistico in godimento negli anni 2022- 2023-2024 (rif. art. 1, c. 309, legge n. 197/2022). Sono numerose le osservazioni contenute nell’Ordinanza che motivano la rimessione della questione di legittimità alla Consulta. Tutte di notevole interesse.
A partire da alcune, in cui si osserva:
  1. che la norma depressiva della perequazione disposta con l’appena menzionata legge “si inserisce per la prima volta nel contesto di una manovra di bilancio espansiva, anche in relazione alla sospensione […] delle regole del Patto di stabilità a livello dell’UE in virtù della clausola di salvaguardia generale, al fine di consentire le misure di sostegno necessarie prima per fronteggiare l’emergenza pandemica e poi per favorire la successiva fase di ripresa economica”;
  2. b) che il legislatore, nel penalizzare le pensioni più alte, non le valuta come il giusto riconoscimento per l’impegno e le capacità dimostrate durante la vita lavorativa, ma le tratta, piuttosto, come un privilegio sacrificabile, in nome di un presunto equilibrio generazionale.
Sono appena due cenni ma, nell’atto della Corte dei Conti toscana, vi si leggono numerose altre considerazioni, per le quali si rinvia, in questa Rivista, all’articolo redazionale "Raffreddamento della perequazione: a che punto siamo" e a quello di Silvana Menapace: Finalmente, un organo dello Stato rileva che il taglio della perequazione presenta profili di illegittimità costituzionale (ottobre 2024).
CIDA osserva che, nell’Ordinanza, sono state messe in buona evidenza tutte le questioni precedentemente sollevate – come “è possibile rilevare anche nei ricorsi sostenuti dalla Confederazione” – e ha richiesto ai propri legali un’analisi della suddetta “che va considerata a loro giudizio in maniera assolutamente positiva, visto che riprende e avvalora proprio le posizioni CIDA e che potrà quindi essere utile per i nostri giudizi ancora pendenti”

Espone le numerose leggi che si sono susseguite in materia di perequazione delle pensioni e relative pronunce della Consulta. E osserva: “Risultano, quindi, in radice non rispettati i principi espressi negli anni dalla Corte Costituzionale in particolare nell’evitare la sospensione o la significativa limitazione a tempo indeterminato del meccanismo perequativo con la frequente reiterazione dello stesso e la necessità di giustificare così ridotte percentuali di applicazione, risultando minata la principale finalità di tutela della perequazione, che è quella di prevedere una difesa del potere d’acquisto delle pensioni”. Intanto, per connessione, resta l’altra questione: la Riforma delle pensioni.
Si fa? Non si fa? La manovra 2025 rinvia al futuro per una Riforma strutturale. Intanto potranno intervenire variazioni. Attesa

Separazione tra previdenza e assistenza

Tra i temi centrali della Petizione Salviamo il ceto medio spicca anche la necessità di separare previdenza e assistenza, una distinzione fondamentale per portare maggiore trasparenza e chiarezza nel sistema di welfare italiano. Questa separazione risponde all’urgenza di affrontare un paradosso persistente: da un lato le pensioni previdenziali, costantemente penalizzate; dall’altro, crescenti interventi di natura assistenziale. In uno Stato democratico e moderno, la trasparenza deve essere un valore centrale che guida tutte le azioni istituzionali, e questo principio dovrebbe applicarsi in primo luogo al sistema di welfare.

Il Rapporto finale della Commissione tecnica di studio sulla classificazione della spesa pubblica per finalità previdenziali e assistenziali ha inteso evidenziare, però, che il sistema di welfare italiano include sempre più prestazioni ibride che rispondono alle sfide dell’attuale complesso mercato del lavoro: “non appare quindi praticabile una separazione netta tra previdenza e assistenza”.

Nonostante queste osservazioni, permangono esigenze che chiamano in causa anche le Organizzazioni internazionali, quelle che vigilano sui nostri conti pubblici e segnalano come eccessiva la nostra spesa previdenziale (UE, OCSE, BCE). La separazione delle due funzioni rimane, quindi, un obiettivo fondamentale per le nostre Rappresentanze, che ritengono che il futuro del welfare italiano dipenda, per molti versi, dalla capacità di distinguere chiaramente tra i diritti previdenziali dei lavoratori e le misure di assistenza sociale. (Nota di redazione: sull’argomento si veda in questa Rivista, Conti INPS in attivo. Cogliere la sfida della separazione tra previdenza e assistenza, Mino Schianchi).

Riforma fiscale 

L’attuale sistema fiscale grava in modo rilevante sulla base della piramide sociale. Colpisce, in particolare, il ceto medio e, all’interno di questo, i pensionati. Dopo anni di interventi sui tavoli della politica, sembra finalmente aprirsi uno spiraglio: si discute, infatti, della possibilità di ridurre l’aliquota per i redditi medi. Questo rappresenterebbe un primo passo significativo verso una riforma fiscale più equa.
L’obiettivo è creare un sistema ispirato alla neutralità e con i criteri di progressività orizzontale, secondo i principi costituzionali (Art. 53 Costituzione).
Domande: Si fa? Non si fa? Attesa.

Sintesi breve e conclusione 

È un percorso tutto in “salita”. Il ceto medio stenta a farsi riconoscere.

Nei dibattiti, la politica ne parla per inciso. Perequazione 2025: il DDL di bilancio per l’anno 2025 prevede che la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici avvenga secondo il meccanismo stabilito dall’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, quindi con aliquote di valorizzazione applicate per scaglioni di reddito (100%, 90%, 75%) e non più sull’intero importo della pensione (sistema a fasce). Ma, per il 2025, in via eccezionale, la rivalutazione non sarà riconosciuta ai pensionati residenti all’estero a meno che non siano assegni fino al trattamento minimo. Riforma fiscale: la delega conferita al Governo nel 2023 si sta attuando a pezzi, non se ne comprende l’approdo finale. Divisione previdenza/assistenza: scomparsa dall’agenda. Le Rappresentanze si attivano sui tavoli della politica.

Mentre scriviamo si annuncia l’avvio del dibattito parlamentare relativo al Piano Strutturale di Bilancio (PSB) 2025. Ancora pochi i numeri di dettaglio. Attesa.

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