Cosa pensano i manager?

In occasione dell'Assemblea ALDAI sono stati presentati i risultati del sondaggio diramato ai Soci che ha visto un’altissima adesione in termini di risposte e partecipazione

Cosimo Finzi

Direttore AstraRicerche
La ricerca condotta per ALDAI-Federmanager da AstraRicerche ha ottenuto un’ampia partecipazione: 1.839 manager iscritti all’Associazione hanno risposto al questionario online tra aprile e metà maggio 2023.

Chiedendo quali sono le tre priorità attuali per un’impresa che vuole crescere sul mercato si ottiene un ‘podio’ con l’innovazione di processo (44,9%) e – ancor di più – di prodotto (53,1%), ma la prima posizione è per il tema dei talenti (attrarli, formarli, mantenerli in azienda: 61,6% - 68% per gli under50).
Fuori dalle prime tre posizioni  troviamo il consolidare le competenze manageriali (36,6%), il cambiare e innovare la cultura aziendale (32,0% – è indicato dal 44% delle donne, e dal 40% dei manager under50), la creazione di partnership, collaborazioni, joint ventures (27,8%) e l’internazionalizzazione (21,5%). In fondo alla classifica il potenziare le strategie sulla sostenibilità (17,6%) e la riduzione del gender gap (4,9%).
Questo ultimo dato non è affatto la manifestazione di un non interesse per il tema dell’uguaglianza di genere: limitando il numero di risposte a tre, altre vengono indicate come prioritarie; in effetti il 52,6% dei dirigenti attivi afferma che nella propria azienda esiste un problema di gender gap (soprattutto in merito alle figure manageriali, meno per quelle non manageriali o per il board): questa percezione è più diffusa tra le donne (62%), tra i dirigenti under50 (63%), nelle grandi aziende (con almeno 1.000 lavoratori: 66%), in quelle multinazionali (57%). 

Come detto, l’attenzione per i talenti è massima: quali sono le azioni da intraprendere per favorire il loro sviluppo e il loro inserimento nel mondo del lavoro? Non c’è dubbio: per il 64,2% si tratta di creare maggiori collegamenti tra Università e mondo del lavoro; e i dirigenti immaginano un ruolo attivo come categoria con il coinvolgimento di manager in percorsi di formazione tecnici per i giovani (41,1%), nell’onboarding dei neolaureati in azienda (39,8% - 49% per gli under50), o in percorsi di formazione sulle soft skills (37,7% - 47% per chi ha meno di 50 anni). Ancor superiore è l’indicazione relativa al premiare il merito (anche attraverso borse di studio aziendali a sostegno del percorso di formazione terziario: 47,9%) mentre solo l’11,7% afferma che servono campagne di comunicazione per promuovere le discipline STEM (le donne le indicano in misura doppia: 24%).
In un mondo che cambia continuamente e che ha messo i dirigenti aziendali di fronte a continue sfide, non sorprende che la classifica delle competenze più richieste ai manager nei prossimi anni veda ai primi posti la visione di lungo periodo (59,7%), la flessibilità e lo spirito di adattamento (51,2% - 64% per gli under50), la predisposizione al problem solving (47,9%).

Il cambiamento del mondo del lavoro (accelerato dalla pandemia da Covid-19) porta il 43,3% degli intervistati a indicare la capacità di fare team building, mentre alcune competenze ‘evergreen’ sono meno indicate (attitudine alla leadership 37,7% – ma 47% tra gli under50, skills tecnico-scientifiche 26,5%, relazionali e commerciali 21,3%). Da notare che reskilling/upskilling ottengono solo il 29,3% (ma ben il 54% presso le donne e 59% tra chi ha meno di 50 anni) mentre la competenza “green” non supera un sesto delle indicazioni (15,9% – probabilmente perché non è ritenuta competenza trasversale dei manager ma propria di figure specializzate). 

E proprio sul tema ‘transizione ecologica’ verte una domanda di approfondimento: nel mondo Federmanager i dirigenti avvertono come fondamentale per poter realizzare un’effettiva transizione la competenza sulle tecnologie industriali di processo e di prodotto (62,8%) seguita dalla conoscenza dell’economia circolare (57,1% – ma presso le donne è la prima competenza necessaria: 68%), e dall’energy management (42,1% che sale al 52% tra gli under50) di poco superiore nelle indicazioni alla conoscenza finanziaria e di accesso ai fondi pubblici italiani e internazionali (39,6%: maggiore al crescere dell’età dell’intervistato). Decisamente minori le indicazioni relative alle competenze legali/di regulatory (23,2%) e di rendicontazione sociale/ESG (19,2%, ma ben 32% per gli under50 – anche in questo caso è ragionevole supporre che siano viste come competenze specifiche di alcuni manager, non trasversali alla figura dirigenziale).
E il Governo cosa può fare? Chiedendo di scegliere fino a tre misure urgenti, gli interventi mirati ed efficaci per la semplificazione e la sburocratizzazione (74,7%) sono nettamente superiori a tutte le altre proposte (da notare che la richiesta di incentivi fiscali a favore di imprese in ambiti strategici ottiene 30 punti percentuali in meno: 44,9%, conta di più per gli under50: 53%). Al secondo posto della classifica delle richieste all’Esecutivo troviamo la promozione di un piano a lungo termine di sostenibilità energetica e ambientale (49,9% – la necessità di programmare il futuro in base a un chiaro contesto normativo è molto affermata) e il coinvolgimento dei manager in cabine di regia per orientare le politiche industriali (45,6% - 58% per gli under50). Decisamente meno indicati gli investimenti in startup/ecosistemi innovativi (26,7%), la valorizzazione del Made in Italy nel mondo (25,9%) e – con percentuali dimezzate rispetto a quest’ultime – la partecipazione pubblica in aziende di settori strategici (12,3%) e il consolidamento di partnership pubblico-privato (11,3%). Più che intervenire per “fare”, i dirigenti chiedono di intervenire per “lasciar fare”.
I fondi PNRR rischiano di non essere ottenuti e utilizzati appieno non per responsabilità del Governo attuale o del precedente (21,5%) ma – con valori percentuali ben superiori – per la burocrazia della PA e la complessità normativa (75,5%), per la mancanza di competenze negli enti locali a fronte di progetti complessi (71,5%) e per l’inadeguatezza della PA centrale, di tecnici ministeriali (69,8%).

In questo contesto le Olimpiadi invernali 2026 daranno un beneficio economico alla Lombardia per il 57,9% degli intervistati – 63% per chi ha meno di 50 anni (ma solo il 25,0% indica che sarà un volano determinante nei prossimi anni), mentre il 9,7% pensa che il vantaggio sarà minimo e uno su quattro (24,9%) afferma che dipenderà dal quadro economico generale (non solo italiano).
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