Parole di verità tra Scilla e Cariddi

Da un convegno in ALDAI un’analisi obiettiva sul collegamento stabile nello Stretto di Messina.

Gennaro Bernardo, Giuseppe Colombi, Salvatore Crapanzano, Giorgio Goggi e Giovanni Saccà

Comitato Infrastrutture, Trasporti e Logistica ALDAI-Federmananger - ComitatoTrasporti@gmail.com
Nell’ambito del Gruppo Energia Ecologia ALDAI-Federmanager, condotto dal consigliere Fabio Pansa Cedronio, il comitato ITL (Infrastrutture, Trasporti, Logistica) dell’ing. Bernardo ha voluto affrontare il tema delle infrastrutture strategiche, con particolare riferimento al collegamento stabile dello Stretto di Messina, e l’evento del 12 dicembre scorso è risultato particolarmente significativo.

Una storia più che bimillenaria

Sono almeno duemilatrecento anni che si ragiona di un collegamento stabile tra Sicilia e Calabria: come raccontato da Strabone, nel 250 a.C.  Lucio Cecilio Metello, console romano, realizzò un collegamento galleggiante fatto da tavole e botti accoppiate e legate assieme, così da permettere il passaggio dall’isola al continente di centoquattro elefanti. Pochi mesi dopo, la prima tempesta spazzò via quel precario legame. Da allora, a distanza di secoli, più volte l’idea del collegamento è tornata d’attualità, fino al 1870, quando si materializzò in un primo progetto di tunnel sottomarino, concepito dall’ingegnere genovese Carlo Alberto Navone. Nel 1884 l’ingegnere Angelo Giambastiani di Viareggio presentava invece un progetto di ponte in ferro a più campate.

Geomorfologia dello Stretto: la Sella di Messina

Non è molto noto ai più che, pur considerando il mito di Scilla e Cariddi, ovvero di un mare spesso tempestoso, il vento, la sismicità dell’area, le faglie tra Sicilia e Calabria e altre serie complicazioni, va tenuto in debito conto che la profondità dello Stretto in corrispondenza della cosiddetta “Sella di Messina” si aggira attorno ai 100 metri, mentre nel mare prospiciente la città, arriva a 300 metri. È un ambito di profondità che oggi, più che nei decenni scorsi, è praticabile per realizzare ponti a più campate utilizzando grandi piloni di sostegno di tipo GBS (Gravity Based Structures) o strutture in tutto o in parte galleggianti. Però qui è anche possibile realizzare, nella zona meno profonda, tunnel scavati sotto il fondo marino (subalvei) o tunnel a mezz’acqua (in alveo) nella zona più profonda senza la necessità di pendenze proibitive per far transitare treni e veicoli di ogni genere.

Tre chilometri di campata

Nel 1969, anno in cui dall’ANAS fu bandito il “Concorso Internazionale di idee per il collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia e il continente” furono presentati progetti diversi, con ponti a una e a più campate, e tunnel di vario genere. Risultarono vincitori al primo posto ex-aequo sei progetti e altrettanti al secondo posto, che prevedevano l’intera gamma di soluzioni. Poi la politica si prese i suoi tempi: occorsero ancora più di dieci anni dalla legge n.1158 del 1971 - che definì il collegamento stabile viario e ferroviario tra la Sicilia ed il continente di «prevalente interesse nazionale» - per la costituzione nel 1981 della “Stretto di Messina SpA”, partecipata da IRI al 51% e, per il restante 49%, con il 12,25% ciascuno, da ANAS, FS e dalle due regioni interessate. Solo nel 1988 fu scelta dalla Società Stretto di Messina la soluzione del ponte, stradale e ferroviario, a campata unica, la più lunga del mondo con 3300 metri di luce, mentre allora la campata più lunga al mondo era solo di 1410 m (Humber Bridge in Inghilterra, solo stradale) e oggi è di 1991 m (Akashi Kaikyo Bridge in Giappone, solo stradale).

Storie di ordinaria burocrazia

Nel 1992 la Società Stretto di Messina presentò il progetto di massima di tale ponte, ma dobbiamo arrivare al 2003 perché il CIPE approvi il progetto preliminare. Il costo di costruzione (oneri finanziari esclusi) venne stimato nel 2002 in 4,68 MLD € (a valori correnti 6,09 MLD €), prevedendo che il fabbisogno finanziario fosse coperto per il 40% attraverso un’operazione di aumento di capitale della Stretto di Messina SpA e per il rimanente con project finance da reperire sui mercati internazionali senza garanzie da parte dello Stato. Seguì, nel marzo 2006, un contratto di 3,9 miliardi di euro che prevedeva dieci mesi per le progettazioni definitiva ed esecutiva e 5 anni per la realizzazione dell’opera. Però dobbiamo arrivare al luglio 2011 perché il CdA della Stretto di Messina completi l’iter di approvazione del progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina comprensivo dei circa 40 chilometri di raccordi a terra, tra stradali e ferroviari. Però, l’anno successivo, Il Governo italiano definisce la procedura da seguire per l’esame in linea tecnica del progetto definitivo e la caducazione in caso di inosservanza di tutti gli atti regolanti i rapporti di concessione, delle convenzioni e di ogni altro rapporto contrattuale stipulato dalla società concessionaria. E, il 15 aprile 2013, in assenza del rispetto di quanto stabilito dalla legge n.221/2012, la società Stretto di Messina viene posta in liquidazione. Ne segue un rilevante contenzioso, tuttora in corso, tra la società concessionaria e le parti private.

La svolta

Nel settembre 2015, un’interessante svolta politica: la Camera impegna il Governo a riconsiderare il progetto del ponte come infrastruttura ferroviaria, previa valutazione e analisi rigorosa del rapporto costi-benefici, quale possibile elemento di una strategia di “riammagliatura” del sistema infrastrutturale del Mezzogiorno.
Il Governo italiano, recependo l’indicazione del Parlamento, inserisce nell’Allegato Infrastrutture del DEF 2017 l’intervento “Attraversamento dello stretto”, con l’annotazione “Prog. di fattibilità finalizzato a verificare le possibili opzioni di attraversamento sia stabili che non stabili”. E, nel successivo DEF 2018, l’intervento si perfeziona in “La verifica di fattibilità del collegamento, stabile o non stabile, attraverso lo Stretto di Messina. Le opzioni da considerarsi faranno riferimento alternativamente alla modalità stradale, ferroviaria o marittima”. In conclusione, quindi, alla luce della storia contrattuale di realizzazione del ponte ferroviario e stradale a campata unica da 3300 m, oggi non ha più senso parlare di “ponte sì e ponte no”. Oggi esistono soluzioni fattibili di attraversamento stabile molto più economiche, che potrebbero ottenere un punteggio favorevole in termini di Analisi Costi Benefici ed essere finanziate dall’Italia e dall’Unione Europea.

Dove va il mondo. Ponte, o qualcos’altro?

L’ing. Giovanni Saccà del CIFI, nella sua esaustiva relazione che ha toccato molti punti essenziali, si è preoccupato di fare il punto sullo “stato dell’arte” in tema di collegamenti stabili nell’attraversamento di bracci di mare in tutto il mondo, esaminando tutte le più recenti esperienze internazionali. 
Emergono subito precisi interrogativi: se il ponte a luce unica di 3300 mt sia ancora oggi un azzardo tecnico, visto che la più lunga campata realizzata al mondo è ad oggi di poco più della metà, e se questa sia la soluzione più adatta in quel contesto. In passato, quando il gruppo ENI, forte delle sue esperienze off-shore, aveva proposto la soluzione tunnel a mezz’acqua - per ragioni di praticità, costi, semplicità di infrastrutturazione - ci aveva subito pensato la “Stretto di Messina SpA” a bloccare ogni ulteriore valutazione: il ponte si doveva realizzare a campata unica, la più lunga al mondo, anche ferroviaria, mentre l’ing. Saccà ci spiega oggi, con abbondanza di documentazioni, che negli ultimi anni la tecnologia ha prodotto risultati sorprendenti: si realizzano ponti di vario genere, ad una o più campate, con piloni o con elementi galleggianti. A volte, per ragioni diverse, non esclusi i costi, si preferisce la soluzione del tunnel sub alveo o in alveo. Nessuno però ancora oggi si avventura a pensare di superare i tre chilometri di luce con una sola gigantesca campata, per di più ferroviaria e stradale insieme, richiedenti infrastrutture d’accesso altrettanto colossali e costose. Il problema di oggi, tuttavia, ancor più dopo la tragedia di Genova, è che si sperimenta l’inapplicabilità di scelte tecnologiche prive di sufficienti referenze consolidate. Se l’ingenuo ottimismo tecnologico di media e centri di potere interessati poteva essere egemone in tempi diversi, oggi non è più quella stagione.

Il tunnel a suo tempo proposto dall’ENI

Il prof. Giorgio Goggi che aveva anche seguito lo studio del tunnel proposto da Eni, nel riproporre questa ipotesi, convintamente esclusa dalla società di scopo, si è concentrato sul tema dell’inserimento del collegamento nella “Città dello Stretto” così da non farne un’infrastruttura passante estranea al contesto locale, ma un vero e proprio strumento infrastrutturale e urbanistico a supporto della città metropolitana.
Dice il professore: Anche tenendo conto dei dati di traffico prevedibili su questo collegamento stabile “la scelta che occorre fare per l’area dello Stretto è decidere di costruire la Città dello Stretto più che fornire un semplice passante al solo traffico interessato ad attraversare lo Stretto”.
Come è evidente, partendo dall’analisi dell’assetto urbanistico della conurbazione Messina-Reggio (assieme circa 500 mila abitanti), le soluzioni tecniche del collegamento possono essere molto diverse. Infatti, secondo il prof. Goggi, “la quantità di traffico nazionale ed internazionale che attraversa lo Stretto, quella rilevata allora come l’attuale, non era e non sarà mai tale da non poter essere smaltita, anche se con tempi più lunghi, da un efficiente sistema di traghettazione”. 
Così il collegamento stabile diventa un elemento essenziale per il futuro della città metropolitana tra le due sponde. Il tunnel ferroviario, oltre ad assicurare il passaggio di treni a lunga percorrenza si fa strumento di creazione di una vera e propria linea metropolitana, capace di collegare Reggio con Messina in 15 minuti.
Poi, il passo successivo sarebbe la costruzione di un secondo tunnel, destinato al trasporto stradale, con la realizzazione di un collegamento ubicato in zona diversa dal collegamento ferroviario, con benefici dal punto di vista delle infrastrutture di supporto, visto che si potrebbero utilizzare aree più disponibili ed alleggerire l’impatto dei raccordi a supporto. La gradualità nell’approccio, un metodo che viene sempre di più adottato anche in molti progetti infrastrutturali in diverse parti del mondo, costituisce garanzia ulteriore di attenzione agli aspetti finanziari, dato che permette anche di far entrare soldi in cassa prima di completare l’opera. E questo sarebbe un altro dei risultati ottenibili non realizzando un’opera unitaria, un ponte stradale e ferroviario insieme.

Qualche cifra essenziale sul collegamento

Nell’analisi del problema del collegamento tra le due coste, occorre tenere presenti alcune cifre e fatti significativi che influenzano le soluzioni; proviamo a sintetizzarne alcuni:
  • la distanza tra le due sponde varia tra i 3 km a Nord ed i 7 km davanti a Messina;
  • la pendenza massima delle attuali linee Alta Velocità (AV) italiane è di 1,8%, mentre per le autostrade è del 3%. Questi dati sono essenziali, perché determinano la lunghezza dei raccordi necessari sia per accedere al ponte che al tunnel;
  • considerando i raccordi necessari, la lunghezza del collegamento tra Messina e Reggio, nella soluzione ponte che era prevista, raggiunge i 50 km, allontanando di fatto le due città invece che avvicinarle;
  • il traghettamento attuale è in condizione di quasi monopolio di privati con immaginabili forti capacità d’influenza del contesto locale e, ovviamente, privi di interesse nella modernizzazione complessiva del transito, che svilupperebbe la Città Metropolitana dello Stretto, la Sicilia e tutto il Sud Italia. L’attuale situazione di stallo favorisce la perpetuazione di questo semi-monopolio informale;
  • Trenitalia ha ormai limitato a qualche viaggio giornaliero il trasbordo dei treni che, appesantito da norme vessatorie nella gestione dei viaggiatori (che vengono applicate solo ai treni ma non al traffico privato), adesso è molto aumentato e richiede un paio d’ore;
  • non si devono trascurare i costi di manutenzione nell’arco di vita delle opere previste;
  • si deve convenire sul valore di garantire la continuità territoriale con la Sicilia in primis al trasporto ferroviario (AV e TPL), e poi anche a quello stradale sia per interesse nazionale che europeo (Rete TEN-T).

Alcuni aspetti giuridici

Negli elaborati del Progetto Definitivo della “Stretto di Messina SpA” si rileva la necessità di produrre ulteriori documentazioni da portare all’esame dalle Autorità competenti per giungere all’approvazione del Progetto Esecutivo. Oltretutto, non essendo stata data ottemperanza a precise disposizioni di legge (Art. 34-decies del Decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179) non risulta lo stesso approvato in linea tecnica e non essendo state rispettate le disposizioni del decreto-legge 2 novembre 2012, n. 187 (Misure urgenti per la ridefinizione dei rapporti contrattuali con la Società Stretto di Messina S.p.A. ed in materia di trasporto pubblico locale) la Società SdM è stata posta in liquidazione e sono stati caducati tutti gli atti dalla stessa sottoscritti. Ne è nato un contenzioso tra le società appaltatrici e la SdM in liquidazione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Presidenza del Consiglio dei ministri. Durante tale processo civile, a tutt’oggi in corso, è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale di quanto stabilito dall’art. 1, commi 3 e 8, del decreto-legge 2 novembre 2012, n. 187. La Corte Costituzionale con Sentenza n.265 del 5 novembre 2019 ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale per il profilo relativo alla quantificazione dell’indennizzo, che verrà pagato nel rispetto delle leggi vigenti e non delle richieste avanzate dalle società appaltatrici.

Valutare e programmare

Oggi, trascorso esattamente mezzo secolo dal concorso del 1969, siamo ancora al punto di partenza: da sempre forze politiche diverse si sono appropriate del tema, affrontandolo spesso in modo ideologico e superficiale, con poca attenzione ai tempi e ai costi coinvolti.
Ragionevolmente, ammesso di convenire su una soluzione condivisa, il che appare improbabile anche per il cambio di “clima” conseguente ai fatti di Genova, possiamo valutare ad almeno un decennio (ad essere ottimisti) la conclusione di un progetto. E nel frattempo? Oltre ad avviare gli studi di fattibilità già previsti dal DEF 2018 e in parte delineati dall’ing. Saccà, la cosa più urgente sarebbe quella di assicurare, nel breve, una razionalizzazione del traghettamento, questo non per allontanare ancor di più nel tempo il collegamento fisso, ma per organizzare quella programmazione di medio-lungo periodo, poco conosciuta nel nostro ambito, ma che, tanto per parlare dei nostri vicini, ha portato i francesi a definire che il completamento dell’ultima loro tratta della linea Torino-Lione avverrà dopo il 2038.
Guardare a vent’anni non deve fare paura: vale la pena di ricordare che la società Autostrade-IRI negli anni ’60 finanziò con obbligazioni ventennali la costruzione della rete autostradale. Furono rimborsate con i pedaggi e negli anni ’80 lo Stato disponeva di una rete nazionale ammortizzata.
Che cosa se ne è fatto dopo è altra storia …
La copiosa documentazione acquisita nel Convegno sarà utilizzata per la redazione di un prossimo Quaderno ALDAI che, sulla base di essa, vorrà essere propositivo verso la soluzione del secolare problema.
Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in formato pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013