Management pubblico e privato insieme per dare un futuro al Paese

La Confederazione CIDA ha organizzato sette Gruppi di Lavoro per analizzare e proporre soluzioni utili a conseguire i migliori risultati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e questo articolo propone una sintesi del documento realizzato dal Gruppo di Lavoro “Innovazione, concorrenza, competitività e transizione energetica

Walter Quercioli

Vicepresidente Federmanager

e il Gruppo di Lavoro 

"Innovazione, concorrenza, competitività e transizione energetica"


Nel periodo settembre–ottobre 2021, ho coordinato il gruppo di 24 colleghi associati Federmanager, Manageritalia e FIDIA che hanno condiviso un documento sulle prime quattro missioni del PNRR, con particolare attenzione alle componenti:
  1. Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura - Componente C2  "Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo"
  2. Rivoluzione verde e transizione ecologica - Componenti C2 “Transizione ecologica e mobilità sostenibile” e  C3 “Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici”
  3. Infrastrutture per una mobilità sostenibile - Componente C2 “Intermodalità e logista integrata”
  4. Istruzione e ricerca - Componente C2 “Dalla ricerca all’impresa”

Il PNRR rappresenta un’occasione senza precedenti per intervenire sulle strutture fondamentali che condizionano il futuro del Paese e la sua capacità di crescita. A tale scopo serve un approccio cha assicuri complementarità fra riforme e investimenti, creando, per alcune aree, le condizioni per attrarre risorse private, con un effetto moltiplicatore quantitativo e qualitativo, per il finanziamento di strumenti innovativi nell’ambito del Partenariato Pubblico - Privato. Inoltre è necessario assicurare il coordinamento di risorse di altri programmi comunitari già in essere e complementari, come ad esempio InvestEU.

Le principali esperienze, realizzate finora nei settori Sanità, Energia, Infrastrutture di trasporto e nella costruzione di impianti in ambito ambientale, hanno evidenziato i maggiori ostacoli nei processi di gestione e qualità dei servizi della pubblica amministrazione che richiedono:
  • una profonda revisione del sistema amministrativo e dei rapporti pubblico-privato;
  • una riorganizzazione dell’intervento pubblico nelle fasi di progettazione, gestione delle gare, contrattualistica, ecc., offrendo supporto alle PA centrali e periferiche;
  • la semplificazione delle procedure autorizzative e di gestione dei rapporti tra pubblico e privato, per ottenere i tempi rapidi e certi richiesti dal mercato.

Il Gruppo di Lavoro ha selezionato i temi da approfondire, analizzandoli dai vari punti di vista, considerando le ricadute positive e negative, creando un prospetto costi/benefici in grado di fornire le argomentazioni per un piano d’azione dettagliato su cui CIDA lavorerà nei prossimi mesi.

Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura

Per innescare le potenzialità della collaborazione fra manager, imprese, istituzioni, centri di ricerca, università e vincere la sfida della competitività del sistema produttivo italiano occorre un ecosistema 4.0 nel quale mobilità, reti, approvvigionamento energetico debbano essere reinterpretati alla luce delle interconnessioni fra macchine e tra macchine e persone, utilizzando le tecnologie per creare nuove modalità di vita e lavoro, come avvenuto per lo Smart Working e la didattica digitale accelerati dal lockdown. 

Proposte prioritarie per potenziare la crescita del PIL industriale:
  1. Incoraggiare il reshoring di produzioni chiave, facendo leva sulla competitività dei costi di produzione indotti dall’adozione delle tecnologie 4.0. Per reshoring s’intende il rimpatrio di produzioni labour intensive, come quelle tipiche del made in Italy: pelletteria, moda-abbigliamento, arredamento, occhialeria, meccanica, delocalizzate per il minor costo del lavoro in altri Paesi, come Europa dell’Est, Estremo Oriente e Nord Africa. Il recente sviluppo delle tecnologie “Industria 4.0” e “Impresa 4.0” ha favorito l’automazione delle produzioni labour intensive, riducendo significativamente i costi di produzione, facendo perdere attrattività ai Paesi a minor costo del lavoro. Il rientro in Italia permette di migliorare il controllo della qualità dei prodotti e la riduzione dei costi della logistica, con maggiore possibilità di rispondere alle variazioni di mercato. È vero che la quantità di lavoro umano nei processi così digitalizzati si riduce, ma è pur sempre lavoro addizionale in Italia. Inoltre le tecnologie 4.0 hanno bisogno di personale competente che le sappia gestire, alimentando il mercato del lavoro qualificato. Proprio come dimostrano le precedenti rivoluzioni industriali la tecnologia crea più posti di lavoro di quanti ne distrugge e puntare sulla transizione digitale creerebbe il contesto competitivo che favorirebbe il reshoring innescando il circolo virtuoso dello sviluppo. 
  2. Potenziare la capacità di export e d’internazionalizzazione delle micro, piccole e medie imprese (MPMI) industriali, anche oltre i Paesi UE di maggior prossimità. L’export italiano ha un buon trend, e l’Italia è riuscita a mantenere la sua quota di mercato internazionale al contrario di altri Paesi dell’area “Occidente”. Il 90% delle esportazioni è però generato solo dal 5% delle imprese industriali, prevalentemente di medie e grandi dimensioni. Per rendere attraente questa opportunità anche alle imprese più piccole è necessario un programma specifico ritagliato sulle esigenze finanziarie e soprattutto di natura cognitiva e di competenza. Il MISE ha qualificato le figure dell’export manager certificato (e altre sono sicuramente certificabili): sono proprio tali figure ad avere le competenze utili e vanno messe a sistema, nell’ambito di un programma specifico di valorizzazione e sostegno delle competenze a favore delle MPMI. 
Obiettivi specifici
  • Attivare un fondo per l’incentivazione al reshoring delle produzioni labour intensive come quelle “4A made in Italy”: Agroalimentare, Abbigliamento-Moda, Arredamento-Legno, Automazione-meccanica, etc.
  • Rafforzare i fondi per il sostegno all’export e all’internazionalizzazione delle MPMI, in particolare quelle facenti parte di gruppi con meno di 50-100 dipendenti e fatturato inferiore ai 20 milioni di euro con potenzialità di crescita.
  • Potenziare la rete dei Centri di Competenza e Centri di Ricerca, finanziando iniziative di collaborazione con associazioni d’imprese, filiere/territori, enti territoriali, e organizzazioni di supporto manageriale per promuovere il trasferimento tecnologico.
  • Attivare un Fondo Nuove Competenze 4.0 rivolto sia al sistema educativo, in particolare Università e ITS, sia al reskilling professionale
  • Potenziare il meccanismo dell’albo di esperti certificati del MISE

Rivoluzione verde e transizione ecologica

Negli ultimi anni ha assunto crescente importanza il rapporto tra investimenti finanziari e visione di sostenibilità, contribuendo alla definizione di metodologie, strumenti e prassi che possano favorire l'implementazione di percorsi virtuosi di finanza sostenibile.

L’attenzione va posta sulla bioeconomia, l’economia basata sull’utilizzo sostenibile di risorse naturali rinnovabili e sulla loro trasformazione in beni e servizi finali o intermedi non solo nei settori tradizionali come l’agricoltura, la pesca, l’acquacoltura e la selvicoltura, ma anche le biotecnologie e le bioenergie. The Bioeconomy to 2030: designing a policy agenda attribuisce alla bioeconomia la capacità di imprimere una spinta propulsiva verso una nuova "rivoluzione industriale", che, a partire dalla ricerca nel campo delle materie prime rinnovabili, può permettere di innovare settori maturi come quelli delle materie prime, della produzione di energia e intermedi, garantendo una sostenibilità ambientale, economica e sociale nel lungo termine.

Approcci prioritari tesi a migliorare il benessere dei cittadini con l’adozione di stili di vita “verdi”: 
  1. Il potenziamento delle Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e dell’Autoconsumo Collettivo (AC). Le fonti rinnovabili contribuiscono in modo crescente agli obiettivi nazionali di salvaguardia dell’ambiente, ma la vera spinta è quella che proviene dal basso, dall’adozione da parte dei cittadini di comportamenti e stili di consumo più ecologici. La Comunità Energetica Rinnovabile (CER), entità giuridica che si basa sulla partecipazione aperta e volontaria degli utenti (enti locali, imprese, cittadini) situati nelle vicinanze degli impianti di produzione detenuti dalla comunità, è uno di questi stili di vita ecologicamente consapevoli così come lo è l’Autoconsumo Collettivo (AC) realizzato da una pluralità di cittadini ubicati all’interno di uno stesso edificio in cui sono presenti uno o più impianti alimentati da fonti rinnovabili.  CER e AC possono contribuire a sviluppare la filiera italiana della green economy.
  2. L’adozione di tecnologie innovative per la gestione efficace del verde pubblico: parchi cittadini e patrimonio boschivo-forestale in primis. Gli alberi e le foreste favoriscono il “sequestro” di carbonio, la protezione dal dissesto idrogeologico, la prevenzione della desertificazione e la produzione di risorse rinnovabili come il legno. L’investimento in “verde pubblico” costituirà parte rilevante del piano di transizione ecologica con infrastrutture innovative di censimento ed efficaci sistemi di incentivazione adottando best practice di altri Paesi europei. 
Obiettivi specifici
  • Campagna di “citizen engagement” e sostegno CER e AC.
  • Creazione di un sistema informativo nazionale per il censimento e la gestione del patrimonio forestale in ambito rurale e urbano, che favorisca opportunità di sviluppo economico e servizi ecosistemici.
  • Sviluppo di percorsi formativi universitari e ITS sul rispetto ambientale e la transizione ecologica per il reskilling del personale

Infrastrutture per una mobilità sostenibile

Particolarmente sentita l'esigenza di un sistema integrato di trasporto delle persone in grado di sostenere strutturalmente gli obiettivi di sviluppo economico per il rilancio del Paese: il turismo e l'ambiente quali elementi inscindibili di un’offerta fondata sull’industria del “bello”, prodotti, paesaggi, cultura e stile di vita. La mobilità delle merci costituisce altro aspetto rilevante delle infrastrutture in un contesto caratterizzato da grandi cambiamenti che avranno impatto sui porti e gli aeroporti che sono i nodi infrastrutturali intermodali, dai quali far ripartire la strutturazione delle reti stradali e ferroviarie, per migliorare la connettività delle piattaforme logistiche che richiederanno servizi efficaci, come ad esempio lo “Sportello Unico Doganale”. Tutto ciò richiede la realizzazione di un sistema integrato di trasporti aria-ferro-terra in grado di rispondere alla crescente domanda di mobilità e al potenziale turismo mondiale, un modo moderno, efficiente, economico e competitivo di muoversi all’interno del Paese.


Per rendere competitivo il complesso sistema della logistica italiana si ritengono essenziali: 
  1. L’integrazione digitale delle aziende della logistica commerciale. La logistica rappresenta uno dei maggiori fattori di competitività del Paese. Oltre agli investimenti di carattere strategico a livello di infrastrutture, è altrettanto necessario superati i limiti delle imprese italiane di logistica - poco attrezzate per poter competere efficacemente sui mercati, per la presenza di migliaia di PMI con limitata preparazione digitale per massimizzare i carichi -, utilizzare soluzioni intermodali, ridurre le emissioni nocive. In un'economia sempre più basata sulla conoscenza, anche le aziende del trasporto e della logistica dovranno aggiornare il business model dal possesso di asset fisici (i mezzi di trasporto) al knowledge management potenziato dalla digitalizzazione. Si tratta di far dialogare le piattaforme esistenti per sviluppare relazioni Application to Application (A2A) e Application to Business (A2B). Una maggior integrazione digitale porterebbe a migliori performance di trasporto, con un chiaro impatto sulla saturazione dei mezzi e migliore utilizzo dei network di trasporto, con un incremento occupazionale nelle PMI del comparto per la richiesta di personale in grado di gestire l’infrastruttura e i servizi digitali.
  2. Il potenziamento del sistema portuale italiano. Nell’ambito della filiera logistica, il sistema portuale commerciale italiano  costituisce snodo strategico che potrebbe divenire parte integrante di un progetto di riqualificazione complessiva, anche in ottica di sostenibilità ambientale e di transizione energetica dei territori circostanti integrandone ed ottimizzandone i servizi e le risorse attraverso: 
  • una migliore integrazione con il sistema ferroviario e con la rete autostradale; 
  • l’aumento degli scambi commerciali indotti dal crescente sviluppo economico dell’Africa e, soprattutto, del Nord Africa.
Obiettivi specifici
  • Incentivare le piattaforme digitali per l’efficienza logistica.
  • Favorire la cultura digitale delle MPMI della filiera logistica.
  • Semplificare e velocizzare le procedure doganali grazie alla digitalizzazione dei processi.
  • Sviluppare la portualità, in sinergia con la possibile attivazione di Zone Economiche Speciali tese a creare condizioni vantaggiose per le aziende logistics-intense.
  • Sviluppare percorsi formativi Logistica 4.0 universitari e ITS, sia per la formazione professionale sia per progetti di riqualificazione del personale.
  • Potenziare il meccanismo dell’albo di esperti certificati del MISE.

Istruzione e ricerca

L’Italia investe poco nella ricerca rispetto ad altri Paesi Europei. Buona parte dei progetti presentati dalle università italiane, pur giudicati utili e interessanti, non vengono finanziati per mancanza di risorse. Basterebbe quindi un’adeguata, mirata e lungimirante parte del PIL per sviluppare la ricerca e valorizzare il Capitale Umano, “petrolio” del Paese.

I Digital Innovation Hub (DIH), finanziati con risorse private, sono diventati un riferimento per la transizione digitale delle imprese e un collegamento fra i centri di ricerca e i settori produttivi. La creazione di poli in cui si possano integrare gli apporti del mondo della ricerca, del management e del mondo dell’impresa rappresenta una valida misura per favorire l’innovazione e l’efficienza del sistema produttivo. Il ruolo dei DIH necessita di un riconoscimento sia formale che in termini di supporto economico di matrice pubblica che consentirebbe di estendere con più risorse il servizio ad un maggior numero di imprese. 

Per rilanciare l’occupazione e lo sviluppo del Paese sono necessari un maggiore protagonismo delle imprese e una più consapevole ed efficace azione della componente pubblica nel dare impulso a grandi progetti strategici: indipendenza energetica, riassetto del territorio e interventi di sostenibilità dei rischi naturali, informatizzazione funzionale all’efficacia dell’azione amministrativa, gestione dei beni culturali, transizione digitale delle imprese.

Le iniziative per favorire un più agevole passaggio dalla ricerca all’impresa:
  • Assunzione agevolata di giovani laureati da parte delle imprese che, assegnandoli nei primi anni ad attività presso laboratori e su progetti di ricerca concordati, ricaverebbero - oltre ai diretti risultati in conoscenze ed innovazioni tecnologiche - anche e soprattutto significativi ritorni in termini di risorse umane con formazione di elevate professionalità finalizzate all’innovazione. 
  • Periodi di formazione all’estero per i ricercatori che operano nel sistema ricerca in Italia; si tratta cioè di istituire un percorso di “alternanza scuola lavoro” anche per i ricercatori e i manager della ricerca (una sorta di “progetto Erasmus” del management scientifico). 
  • Specifiche forme contrattuali e nuove regole per favorire l’interscambio di esperienze a tutti i livelli (circolarità); l’interazione favorirebbe anche conoscenze tra ricercatori e operatori delle imprese che potrebbero avere sviluppi dopo il periodo formativo.
Obiettivi specifici
  • Attivare un Fondo di collaborazione tra MPMI e Centri di Ricerca finalizzato a progetti di miglioramento della competitività industriale tramite la riduzione dei tempi e dei costi per le imprese con sviluppi innovativi con elevato ritorno dell’investimento.
  • Realizzare percorsi formativi universitari e ITS altamente qualificati sulle Competenze 4.0, sia per la formazione professionale, sia per percorsi di riqualificazione del personale
  • Potenziare il meccanismo dell’albo di esperti certificati del MISE.
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