Raffreddamento della perequazione: a che punto siamo
La penalizzazione dei trattamenti pensionistici più elevati lede non solo l’aspettativa economica ma anche la stessa dignità del lavoratore in quiescenza
Con un’ordinanza del 6 settembre scorso la Corte dei Conti della Toscana ha ritenuto rilevanti e non manifestatamente infondate le questioni di legittimità costituzionale avanzate da un ex preside. Nell’ordinanza, la giudice ha messo bene in evidenza tutte le questioni che, come CIDA, abbiamo sempre avanzato e che è possibile rilevare anche nei ricorsi sostenuti dalla Confederazione. Quindi la sentenza avvalora le nostre posizioni.
In particolare, ci preme evidenziare un passaggio “la penalizzazione dei trattamenti pensionistici più elevati lede non solo l’aspettativa economica ma anche la stessa dignità del lavoratore in quiescenza. In tale prospettiva la pensione più alta della media non risulta considerata dal legislatore come il meritato riconoscimento per il maggiore impegno e capacità dimostrata durante la vita economicamente attiva, ma alla stregua di un mero privilegio, sacrificabile anche in un’asserita ottica dell’equità intergenerazionale”.
Abbiamo chiesto ai nostri legali un’analisi dell’ordinanza della Corte dei Conti della Toscana, che va considerata a loro giudizio in maniera assolutamente positiva, visto che riprende e avvalora proprio le posizioni CIDA e che potrà quindi essere utile per i nostri giudizi ancora pendenti.
Secondo gli avvocati, oltre all’importanza che ha per noi la rimessione della questione di legittimità costituzionale relativa alla Legge di Bilancio 2023, l’ordinanza presenta numerosi punti di interesse poiché il giudice ripropone le nostre stesse argomentazioni, confermandone pregnanza e legittimità.
In particolare, la questione di legittimità costituzionale è sollevata sulla base di alcune considerazioni:
- il giudizio di ragionevolezza, che è servito in passato a legittimare norme analoghe alla Legge di Bilancio 2023, si fonda sul fatto che tali norme venivano considerate strettamente connesse con il rispetto del Patto di Stabilità. Il giudice della Corte dei Conti della Toscana osserva invece che la Legge di Bilancio 2023 è stata una manovra espansiva, non soggetta al rispetto delle regole del Patto di Stabilità, momentaneamente sospeso;
- la legge di bilancio 2023 ha reintrodotto il meccanismo di rivalutazione “a fasce”, (la percentuale di rivalutazione si applica sull’intero importo pensionistico) più sfavorevole di quello a scaglioni, venendo così meno ai principi costituzionali della proporzionalità della retribuzione e della dignità del lavoratore;
- il potere d’acquisto dei pensionati è affidato esclusivamente allo schema di indicizzazione. Se si considera poi che ad oggi i trattamenti pensionistici non sono più calcolati solo con regole retributive, il raffreddamento dell’indicizzazione non è un “correttivo” ex post ma sostanzialmente un’imposta;
- la legge di Bilancio 2023 prevede un contrasto agli effetti negativi dell’inflazione solo in relazione al contributo dell’1,5% previsto per i titolari delle pensioni non superiori al minimo. La tendenza inflazionistica elevata ha invece ripercussioni notevoli su tutti i trattamenti;
- non riconoscere una piena tutela previdenziale significa: a) non rispettare il valore del lavoro come principio fondante della repubblica, b) non tener conto dei sacrifici e dell’impegno dell’ex lavoratore; c) rendere appetibile il lavoro nero e ostacolare l’occupazione giovanile e femminile;
- il sacrificio imposto ai pensionati non è temporaneo ma definitivo perché la Legge di Bilancio 2023 si pone in termini di continuità con altre disposizioni analoghe da oltre 20 anni;
- la lesione che subiscono i pensionati con trattamenti pensionistici più elevati comporta una lesione “ultra dimidium” perché la rivalutazione è inferiore alla metà rispetto al valore integrale individuato come base di calcolo;
- anche con riferimento al tasso di interesse legale che spetterebbe a ogni pensionato, solo le prime tre fasce assicurano un trattamento non inferiore al tasso legale;
- il pensionato - che da lavoratore è stato obbligato a versare contributi - oggi si trova a subire le conseguenze negative dettate dalle decisioni del legislatore, senza alcuna possibilità di tutela;
Tutto ciò premesso, i nostri avvocati affermano che l’ordinanza può essere fatta valere perseguendo contemporaneamente due strade:
- Depositando la stessa nei nostri giudizi ancora pendenti, con memoria illustrativa (e usandola anche in eventuali appelli) e
- Depositando la cosiddetta “opinione” nel giudizio costituzionale. In questo caso, CIDA ricoprirà il ruolo detto amicus curiae, che ha un ruolo diverso dall’interveniente. Infatti, come amici curiae sono ammesse formazioni sociali senza scopo di lucro e soggetti istituzionali, portatori di interessi collettivi o diffusi attinenti alla questione di costituzionalità. Costituendosi come amicus curiae, CIDA potrebbe fornire alla Consulta dati attuariali, statistici ed economici a sostegno delle nostre posizioni.
Crediamo che entrambe le strade prospettate dagli avvocati siano da percorrere, sia per dare un segnale ai nostri rappresentati, dimostrando loro, ancora una volta, che CIDA è disposta a perseguire fino in fondo tutte le opzioni disponibili, sia per dimostrare al decisore politico che la Confederazione non cede su una questione che ritiene fondamentale in termini di equità e giustizia sociale.
Tale decisione è ulteriormente avvalorata dal fatto che in data 11 settembre anche la Corte dei Conti della Campania ha rinviato alla Corte Costituzionale un ricorso relativo al blocco della perequazione per il 2023-2024.
Il giudice campano, come quello della Toscana, ha affermato nella sua ordinanza che il taglio vìola i principi costituzionali di adeguatezza e proporzionalità validi sia per le retribuzioni che per le pensioni, in quanto retribuzioni differite. Secondo il giudice, il legislatore può intervenire su come si calcola questa rivalutazione “proporzionale” ma non può farlo in modo reiterato nel tempo e soprattutto senza giustificarlo con “esigenze straordinarie di contenimento della spesa pubblica”.
All’azione legale CIDA, come sempre, affianca anche una continua attività di accredito istituzionale. Negli ultimi giorni si stanno intensificando gli incontri con i capigruppo dei vari partiti politici e sono in agenda anche incontri con i Presidenti delle Commissioni parlamentari che saranno direttamente coinvolte nell’esame della Legge di Bilancio. A tal fine è stato predisposto, con il sostegno delle Federazioni aderenti, un documento dettagliato che mette in rilievo come le posizioni confederali - pur perseguendo finalità di legittima difesa dei propri rappresentati - abbiano come fine ultimo quello della crescita di tutto il sistema Paese.
CIDA è la Confederazione sindacale che rappresenta unitariamente a livello istituzionale dirigenti, quadri e alte professionalità del pubblico e del privato. Le Federazioni aderenti a CIDA sono: Federmanager (industria), Manageritalia (commercio e terziario), FP-CIDA (funzione pubblica), CIMO-FESMED (medici del SSN), Sindirettivo (dirigenza Banca d’Italia e Ivass), FENDA (agricoltura e ambiente), Federazione 3° Settore CIDA (sanità religiosa), FIDIA (assicurazioni), SAUR (Università e ricerca), Sindirettivo Consob CIDA (dirigenza Consob)