Relazione del Presidente Ambrogioni all’Assemblea CIDA del 6 marzo 2019

L’assemblea ha dedicato un commosso saluto di ringraziamento a Giorgio Ambrogioni, che ha guidato CIDA nell’ultimo triennio e ha dedicato 48 anni alla categoria dei manager. L’assemblea ha approvato all’unanimità tutte le proposte nominando Presidente Mario Manotovani, Vicepresidente Manageritalia con significative esperienze nel settore pubblico e privato.

Giorgio Ambrogioni - Presidente CIDA

Sintesi della relazione del triennio di Presidenza CIDA di Giorgio Ambrogioni  

Quando si presenta il bilancio di un mandato occorre evitare il rischio dell’autocelebrazione e di dilungarsi nell’elenco delle cose fatte. Cercherò allora di illustrarne la filosofia, facendo riferimento, in particolare, agli ultimi mesi, forse i più impegnativi e sfidanti, prendendo in prestito quello che pensava dei bilanci, Henry Ford, pioniere dell’industria automobilistica. Per Ford, “due cose, le più importanti, non compaiono nel bilancio di un'impresa: la sua reputazione ed i suoi uomini”.  Ecco, tracciando un bilancio ‘ideale’ di CIDA, direi che l’attività associativa si è ispirata a questi due principi. 

La reputazione

La reputazione, per CIDA significa affermarsi come interlocutore autorevole – direi indispensabile - fra le istituzioni e le istanze dei nostri associati. Un lavoro quotidiano, certosino, per conquistare uno spazio non scontato, né facilmente concesso. Al contrario, oltre alla naturale ‘concorrenza’ di altre associazioni – fenomeno che non ci ha particolarmente preoccupato – lo ‘scoglio’ è stato, ed è, il confronto con la classe politica e con i suoi nuovi rappresentanti nel governo e in parlamento. Rappresentanti che abbiamo trovato, purtroppo, spesso sordi alla voce dei corpi sociali intermedi, ‘digiuni’ delle regole della dialettica politica e refrattari, se non sospettosi, nell’accogliere proposte e suggerimenti superficialmente considerati ‘di parte’.  Molto lavoro è stato fatto per aprire canali di dialogo costruttivo e ancora molto, credo, resta da fare. I risultati positivi che abbiamo ottenuto in questa inedita prova per un’associazione qual è CIDA, sono frutto di un approccio paziente ed insistente, sforzandoci di spiegare con grande accuratezza e con la necessaria documentazione, i problemi, le esigenze, i punti di vista della nostra categoria, con l’obiettivo di superare l’indifferenza e sconfiggere la diffidenza. Il risultato è stato quello di confermare e riaffermare il ruolo di CIDA nei tavoli di confronto e di dialogo con le istituzioni, con gli esponenti del governo, nelle sedi parlamentari e nei contesti più tipicamente sindacali. 

Le persone

Ma in questo bilancio ideale di CIDA, è il secondo principio -  cioè le persone - a rappresentare il capitolo più importante e a dare forza e sostanza al primo. Mi riferisco alle donne e agli uomini che lavorano come quadri, dirigenti e manager, nelle fabbriche, nella pubblica amministrazione, negli ospedali, nelle scuole, e che non solo apportano competenza e professionalità nelle strutture in cui operano, ma – soprattutto - danno un contributo alla crescita sociale, civile ed economica di tutto il paese. Lo sforzo maggiore di CIDA, appunto, si è concentrato sulla figura del manager, rivendicandone il ruolo sociale in quanto componente fondamentale di quel ‘ceto produttivo’ che negli ultimi anni è stato marginalizzato e denigrato. Il concetto-base da valorizzare ed affermare per CIDA, è che le nostre donne ed i nostri uomini sono ‘classe dirigente’ del paese, che partecipa alla costruzione di un futuro migliore per le nuove generazioni. Senza questo obiettivo, CIDA resta relegata ad un ruolo di pura rappresentanza sindacale. 
Un’azione, quest’ultima, certamente meritevole e preziosa, ma che riteniamo limitata e residuale per chi ha l’ambizione di lavorare per il bene comune, per un Paese migliore in cui si possa rimettere in funzione “l’ascensore sociale”, si ripristinino occasioni di lavoro qualificante per i giovani e si ricollochino merito e competenza al centro della scala valoriale.  Questo è il compito di chi rivendica di essere ‘classe dirigente’.
Ma, a ben vedere, si tratta di due facce della stessa medaglia: è impossibile rafforzare il ruolo politico-istituzionale di CIDA, senza una strenua e puntuale affermazione del ruolo del manager. 

Tutela della categoria

Ecco spiegato, ad esempio, l’impegno che CIDA e le sue Federazioni hanno dovuto profondere sul tema delle pensioni: c’era e c’è certamente un vulnus economico sul terreno della mancata perequazione automatica e su quello del contributo di solidarietà, e non mancheranno le opportune azioni di tutela.  Ma la cosa più grave è che per giustificare queste rozze forme di prelievo sui nostri redditi, si è volutamente deciso di metterci alla gogna, di disegnarci quali una casta di privilegiati da cui era giusto pretendere un qualche ‘rimborso’. 
È su questo terreno che ci siamo battuti e che ha visto CIDA impegnata in audizioni parlamentari, comunicati stampa, interviste, convegni, ecc. In ogni occasione abbiamo contestato la terminologia delle ‘pensioni d’oro’ ed i relativi attacchi mediatici, perché ne avevamo ben compreso la capacità distruttiva. Cioè, alimentare odio sociale, dare legittimità a forme di rancore basate su ceto e classe sociale, mettere in contrapposizione presunte élite con un non ben identificato ‘popolo’. Tutto questo vuol dire introdurre dei virus nel corpo sociale, minarne le capacità di crescita e di coesione, perché fa venire meno il principio del rispetto del ‘patto sociale’ fra lo stato ed i cittadini. 
Insomma, l’azione sindacale, la giusta e legittima difesa di diritti ed interessi non poteva esaurire l’impegno di CIDA nel sociale: basti pensare alle tante iniziative portate avanti nell’alternanza scuola-lavoro, al sostegno alle aziende colpite dal terremoto nell’Italia centrale. In entrambi i casi il manager assume un ruolo centrale: come tutor per avvicinare gli studenti al mondo del lavoro; come portatore di capacità ed esperienza per risollevare le piccole e micro-imprese colpite dal terremoto. Abbiamo sempre agito con la consapevolezza delle nostre competenze: un bagaglio di ‘sapere’ che va investito, fatto fruttare. 
Stesso discorso abbiamo fatto per la pubblica amministrazione, certamente per difendere la dirigenza dai continui attacchi di una politica invadente e prevaricante. Ma anche per dar voce e spazio ai giovani dirigenti, sempre più assimilabili ai manager del settore privato, per incoraggiarli a mettersi in gioco, a rischiare per una burocrazia più efficiente e meritocratica che funga da supporto, e non da freno, al sistema produttivo ed all’iniziativa privata. 
Anche il welfare, anzi la crisi del welfare che conosciamo, lo abbiamo inquadrato in un contesto più ampio della specifica e doverosa tutela di quadri e dirigenti. Certamente il futuro è nel welfare aziendale, come strumento agile e più pertinente alle esigenze del mondo del lavoro: ma c’è una visione politica del welfare che travalica la nostra categoria e che riguarda la società nel suo insieme: le analisi demografiche, l’evoluzione delle classi sociali, le sacche crescenti di povertà e dei meno abbienti ci inducono a fronteggiare questa situazione con proposte concrete e lungimiranti. Non sfugge che solo da una visione integrata di politica fiscale, previdenziale e sanitaria possa scaturire una risposta organica e realistica agli enormi problemi sociali che la società italiana si troverà ad affrontare nei prossimi anni.

Rappresentanza nell'interesse del Paese

Crediamo sia indispensabile far breccia nell’apatia di una politica autoreferenziale e riuscire a sedersi nei tavoli decisionali, proprio per evitare scelte sbagliate, capaci di arrecare profonde e durature ferite nel tessuto sociale. I terreni di confronto più urgenti e rischiosi sono sotto i nostri occhi. Fortunatamente vi sono segnali che il clima politico e sociale sta cambiando, che i principi del merito e della competenza stanno tornando ad essere considerati dei valori. 
Ci hanno rincuorato le parole pronunciate pochi giorni fa, alla Luiss, dal Presidente della Repubblica che ha esaltato, come virtuose, la capacità di studio e di approfondimento, rifuggendo dall’approssimazione. Attitudini, quelle citate dal Capo dello Stato, che sono nel DNA del manager.  In un momento in cui abbiamo percepito un senso di vuoto nelle stanze della politica, infatti, abbiamo intensificato la nostra iniziativa, abbiamo assunto ancora più responsabilità. Mi riferisco ai documenti di politica economica, alle proposte sul fisco, sulla politica industriale diventata la ‘cenerentola’ del nostro paese. 
Ecco, ancora, la caparbietà con cui abbiamo rilanciato gli ideali europeisti e proposto il ‘Manifesto del manager europeo’. Un modo per dimostrare chiaramente cosa pensiamo e cosa vogliamo dall’Europa, per superare steccati e confini, per rispondere a tentazioni isolazioniste e populiste. Una risposta concreta alle forze centrifughe che ci allontano dall’ideale dell’Europa unita che ci hanno tramandato i nostri padri. Ma anche, perché siamo dei pragmatici, per mettere in condizione il manager di lavorare, con le stesse regole, in ogni paese dell’Unione europea. Uno sforzo organizzativo e di armonizzazione delle diverse realtà, che richiederà ancora molto lavoro. 
Quello dell’Europa è un tema complesso, reso urgente da una imminente prova elettorale dalla quale, secondo molti osservatori, uscirà un’Europa delle istituzioni profondamente diversa da quella che conosciamo. CIDA dovrà misurarsi anche su questo terreno, dovrà confrontarsi e parlare con i candidati alle elezioni e dire la sua in merito ai programmi. Questo sarà compito della nuova presidenza di CIDA. Io mi limito a ricordare quello che ha detto recentemente il Presidente della BCE, Mario Draghi, ricevendo a Bologna la laurea honoris causa. Draghi ha citato statistiche e sondaggi per chiarire che l’Europa e l’euro non sono in discussione, che i cittadini europei, nella stragrande maggioranza, restano fedeli a questi capisaldi. Ma ha voluto anche affermare che oggi, in Europa, occorre "rispondere alla percezione che in UE manchi equità. Tra paesi e classi sociali. Occorre sentire, prima di tutto, poi agire e spiegare". Sentire, agire, spiegare: ecco una formula che andrebbe applicata in ogni contesto politico, sociale ed economico e che, a modo nostro, abbiamo cercato di seguire nei nostri 1.150 giorni di CIDA.

Grazie per l’attenzione, per il sostegno che mi avete garantito, buon lavoro e forza CIDA.
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