Salviamo il ceto medio, un’azione utile al Paese
CIDA si propone di salvaguardare tutti i cittadini che pagano regolarmente tasse e tributi ma continuano a essere esclusi da agevolazioni, sostegni e bonus
Teresa Lavanga
Direttore CIDA
La crisi economica iniziata col Covid purtroppo si è “strutturata” e quindi tutti i provvedimenti futuri devono assolutamente tenerne conto. Per provare a uscire da una situazione che vede il nostro Paese muoversi lentamente verso la ripresa, noi di CIDA riteniamo necessario innescare una strutturale crescita dell’economia, senza la quale i redditi resteranno fermi o, addirittura, scenderanno, e ogni anno si ripresenterà il problema di una spesa pubblica difficilmente sostenibile e di una pressione fiscale elevata e concentrata su pochi cittadini.
Il rischio è di compromettere la tenuta complessiva del welfare state e della coesione sociale. Il Disegno di Legge di Bilancio 2024 – proseguendo sulla scia delle precedenti Manovre – ha previsto misure impostate su provvisorietà e assistenzialismo fine a sé stesso, che non hanno un ampio respiro, ma vanno ad aumentare il già enorme debito pubblico italiano.
Nel Ddl viene penalizzato in vario modo chi si è trovato in ‘prima linea’ a gestire i casi di crisi, dirigenti ospedalieri e medici specialisti, dirigenti scolastici e della pubblica amministrazione, manager delle imprese e dei servizi che, in ogni settore e in pochi giorni, hanno trasformato le loro organizzazioni per tutelare investimenti, dipendenti e clientela.
Le disposizioni relative al taglio del cuneo fiscale, all’accorpamento delle aliquote Irpef, al blocco della perequazione delle pensioni e altri provvedimenti previsti nella Manovra si abbattono pesantemente sulla parte più intraprendente della nostra economia. Infatti, gli appesantimenti fiscali su redditi non certo elevati, ma definibili come redditi medi, provocheranno una diminuzione dei consumi che avrà l’effetto di abbassare ulteriormente la propensione marginale alla spesa. Tutto questo lo abbiamo precisato in audizioni presso le Commissioni di Camera e Senato e attraverso la presentazione di adeguati emendamenti alla Finanziaria, ma non è bastato.
Abbiamo ritenuto necessario far sentire le nostre ragioni anche con un’azione simbolica, con un forte impatto presso l’opinione pubblica e i decisori istituzionali: una raccolta di firme su una “petizione” che ha visto compatto tutto il ceto medio, ossia tutti quei contribuenti che, da 35mila euro di reddito lordo in su, sostengono il peso del welfare versando il 63% circa di tutto il gettito Irpef. Cittadini che pagano regolarmente tasse e tributi ma che, ancora una volta, vengono esclusi da agevolazioni, sostegni e bonus.
Con questa azione, tutta la dirigenza italiana si è mobilitata per tutelare manager, medici, dirigenti pubblici, alte professionalità, tutte competenze necessarie al sistema, che hanno le retribuzioni più basse dei loro omologhi europei e che, arrivati a fine carriera, sono trattati come dei bancomat. Si è mobilitata anche per evitare lo svilimento dei nostri giovani che continuano ad andare all’estero perché attratti da stipendi più elevati e condizioni lavorative più meritocratiche, che considerano la pensione un obiettivo irraggiungibile e vedono il versamento dei contributi come una sorta di prelievo forzoso perché sanno che le regole cambiano continuamente senza dare loro certezze per pianificare un futuro stabile.
Ad oggi il risultato raggiunto è più che ragguardevole. Con oltre 52mila sottoscrizioni, la nostra azione può dirsi riuscita. L’impegno a questo punto è quello di consegnare le firme ai destinatari della petizione (Presidenza del Consiglio, Ministro dell’Economia e Ministro del Lavoro).
Accanto alla petizione, proseguono i ricorsi che abbiamo attivato sulla Legge di Bilancio 2023: il loro stato di avanzamento è relativamente lento, perché affidato alla giustizia ordinaria, ma i nostri legali nutrono speranze circa un rinvio alla Corte Costituzionale.
A coloro che più volte ci hanno chiesto di attivare cause anche rispetto alla Legge di Bilancio 2024, rispondo che, sentiti gli avvocati, al momento non ci sarebbero motivazioni diverse rispetto a quelle già presentate. Inoltre, non impugnare la Legge di Bilancio 2024 non può avere alcun riflesso negativo sulle nostre cause e, se la Consulta dovesse darci ragione e considerare incostituzionale la Legge di Bilancio 2023, si potrebbe valutare anche la possibilità di rivalersi sull’INPS per ciò che attiene all’indicizzazione del 2024 (ovviamente questa è un’ipotesi remota che dovrà essere valutata attentamente solo dopo un’eventuale pronuncia positiva della Consulta).
Nel frattempo, continua anche il nostro accreditamento presso le più alte sedi istituzionali, da Palazzo Chigi ai Ministeri più importanti. Abbiamo incontrato la Presidente Meloni, la Ministra Calderone che è responsabile della previdenza, e abbiamo avuto una serie di incontri con Onorevoli e Senatori a cui abbiamo evidenziato l’insostenibilità della situazione, non solo per i nostri pensionati, ma per tutti coloro che percepiscono una pensione superiore a 4 volte il trattamento minimo INPS.
In occasione dell’Open Day sulla petizione, abbiamo avuto rassicurazioni dal Viceministro al MEF, Maurizio Leo, il quale ci ha confermato che una delle priorità del Governo è quella di venire incontro alla classe media. Il Viceministro ha chiaramente dichiarato che un contribuente che realizza un reddito di 50.000 euro e che oggi sconta una tassazione che supera il 50% non può essere considerato super ricco e quindi va tutelato.
Infine, il 20 maggio alle ore 11.00, in occasione dell’assemblea CIDA, verrà presentato alla Camera dei Deputati il rapporto CIDA-Censis Il valore del ceto medio per l’economia e la società. La finalità è quella di avviare una campagna stampa che accenda un faro sulle problematiche sollevate in precedenza con la petizione. Subito dopo avvieremo una serie di incontri preventivi con tutte le forze politiche per sensibilizzarle sulle questioni evidenziate dalla petizione e dal rapporto, in vista della Legge di Bilancio 2025.