Via Spluga, un cammino nel cuore delle Alpi

Da Chiavenna a Thusis, in Svizzera, 75 chilometri di percorso panoramico per scoprire come si viaggiava un tempo nelle nostre montagne

Passo Spluga al mattino - © Touring Club Italiano / ph. Giacome Fe

Tino Mantarro

Redattore Touring
Le montagne uniscono. Sembrerebbe controintuitivo, perché le montagne del nostro immaginario sono sempre elementi di separazione tra mondi, vertiginosi limiti invalicabili tra una valle e un’altra. Eppure, storicamente, le montagne sono sempre state percorse da antiche vie che mettevano in comunicazione mondi vicini eppure diversi: bastava che ci fosse un passo e la strada era aperta. Viene da pensare a questa piccola verità geografica, così elementare, eppure per nulla scontata, mentre si sosta sulla panchina panoramica posta a pochi metri dalla sommità del Passo dello Spluga, il valico alpino che a 2.113 metri di altitudine unisce l’Alta Valle del Reno, in Svizzera, e la Valchiavenna, in provincia di Sondrio. È il punto centrale dalla Via Spluga, antica strada maestra che in 75 chilometri collega Thusis, nel Canton Grigioni, con Chiavenna, unica Bandiera Arancione TCI della provincia di Sondrio. Un’antica via che ormai da 25 anni è diventata un Cammino transfrontaliero assai battuto, la cui bontà – a livello di segnaletica, ospitalità e bellezza – è stata certificata dal TCI nell’ambito del progetto Cammini e Percorsi.

Da almeno due millenni la Via Spluga unisce due mondi – mediterraneo e centro europeo – e due culture, quella tedesca e quella italica, attraverso un passo che per un paio di millenni è stato una porta girevole: la via più semplice per scavallare le Alpi Centrali era questa. Mentre da almeno 50 anni merci e persone seguono altre traiettorie, preferendo comodi trafori, ferrovie, voli aerei, questa via e la strada carrozzabile (attigua, costruita a inizio Ottocento da Carlo Donegani) sono andate in pensione. Eppure, oggi, da fine maggio a ottobre inoltrato – in inverno il sentiero alle quote alte non è manutenuto e potrebbe essere pericoloso – sono davvero tanti i camminatori che percorrono la Via Spluga, meravigliandosi della bellezza dei boschi che si attraversano. Del resto – così poco abituati come siamo ad ammirare senza fretta la natura – quando si cammina succede spesso di fermarsi a rimirare con stupore quel che c’è intorno. E allora ci si rende conto, camminando, che anni di foglie cadute, rami spezzati e cortecce frantumate trasformano il sentiero in un letto soffice, elastico. Così piacevole che a tratti si dimentica di osservare dove si mettono i piedi, rapiti da quel che si vede: abeti che puntano al cielo così dritti e perfetti da sembrar tenuti da un filo invisibile, mentre le foglie delle betulle risuonano come petali di collane e le nuvole si attardano nel mezzo angolo di cielo che si scorge tra le cime degli alberi e le vette, incorniciato da montagne ruvide e maestose. 
© Touring Club Italiano / ph. Giacome Fe

© Touring Club Italiano / ph. Giacome Fe

La Via Spluga regala di queste visioni, specie nelle prime tappe, quelle svizzere, perché per convenzione (ma anche perché è relativamente meno faticosa) si parte sempre da Thusis e si arriva a Chiavenna. Il punto di partenza è la stazione della Ferrovia Retica a Thusis, da cui subito ci si inoltra in un bosco dal perfetto ordine svizzero che si interrompe d’un tratto, dopo una lunga salita, affacciandosi su una prima profonda gola che si supera grazie alla Traversina, un ardito ponte sospeso, quasi obliquo che fa decisamente paura a chi soffre di vertigini. Nulla rispetto a quel che si incontra quando ci si addentra nella gola della Via Mala, la stretta gola sul Reno. E allora sì, viene da pensare come a qualcuno secoli fa sia venuta in mente l’idea di passare qui. Oggi il sentiero la costeggia rimanendo più alto, nel tratto più stretto si cammina sull’asfalto, sfruttando il solido ponte di pietra per cambiare versante. Per secoli era un viottolo scolpito nella roccia largo un metro e venti, transitato estate e inverno. Il pericolo non era solo scivolare nel Reno che scorre 70 metri più in basso, ma veniva anche dall’alto. In inverno dalle pareti a picco cadevano stalattiti di ghiaccio, nella mezza stagione franavano pietre. Eppure, si passava, si doveva passare: non c’erano alternative. Passato questo, il resto del tragitto è ameno come può esserlo una montagna svizzera: un su e giù tra boschi e sentieri che attraversano il fondovalle, toccando paesi di montagna – Zills, Donath, Sufers, Andeer, Splügen – che hanno sempre quell’aspetto lindo e perfettino delle immagini delle scatole di cioccolatini che si regalavano a Natale. In ognuno c’è una chiesa con un campanile slanciato circondata dal cimitero, prati pettinati, la latteria, stalle di legno e fienili, una segheria silenziosa, orti rigogliosi, fontane ornate di fiori, gerani alle finestre. 
La gola della Via Mala - © Touring Club Italiano / ph. Giacome Fe

La gola della Via Mala - © Touring Club Italiano / ph. Giacome Fe

L’idea di conquistare un passo a 2.113 metri potrebbe far pensare che la Via Spluga sia difficile. No, niente del genere: si sale, ma senza strappi. Da Splügen, dove arriva la seconda tappa sono otto chilometri piuttosto dolci, 500 metri di dislivello, risalendo tra larici e piste da sci, immergendosi nel profumo delle betulle e seguendo i tanti segnavia gialli con il numero 50. Si trovano anche in cima al passo Spluga, dove il confine è un cippo di granito, da un lato è inciso Italia 8, dall’altro Svizzera 8. Da qui si plana verso Montespluga, paesello di una decina di case accovacciato su un lago artificiale degli anni Trenta. Un fazzoletto di case – una chiesa, una latteria estiva, tre ristoranti – di una bellezza epica: un porto alla fine del mondo, ma in montagna. Un posto che è una tappa obbligata prima di intraprendere il sentiero del Cardinello, il malpasso di una volta, altrettanto spaventoso della Via Mala, l’altro punto adrenalinico del percorso. Da qui verso Chiavenna è tutta una lunga, piacevole discesa attraverso una valle alpina diversa, più austera e arcana rispetto alla Svizzera. Una valle punteggiata di pascoli che si animano d’estate, sfregiata da decine di frane che hanno segnato le borgate, una miriade di casette aggrappate alle montagne come quadri alle pareti. Paesi di montagna come Campodolcino, che un tempo aveva un Grand Hotel, oggi ha una ferrovia sotterranea che lo collega a Motta di Madesimo, 600 metri più in alto. Paesi segnati dall’abbandono, come Vho: pascoli mangiati dai castagni e balconi su cui è scritto vendesi. Paesi come San Giacomo Filippo e Gallivaggio, le cui chiese ricordano come la Via Spluga fosse strada di commerci e pellegrinaggi, con il santuario transennato per l’ennesima frana. Posti accoglienti come la locanda del Cardinello, dove gustare la sensazione di ristoro che va a braccetto con il piacere di camminare lungo la Via Spluga.

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INFO PRATICHE

La Via Spluga, certificata dal Touring Club Italiano nell’ambito del progetto Cammini e Percorsi si può percorrere nei due sensi, anche se la risalita da Chiavenna (333 m) è più impegnativa per via del dislivello (1.700 metri) in pochi chilometri. Svalicando a 2.113 metri, la Via Spluga è percorribile solo da fine maggio/inizio giugno a fine ottobre, in base all’apertura del passo. I 75 km sono divisi in 4/5 tappe, è disponibile sia il trasporto bagagli sia pacchetti tutto incluso. Info e tracce Gpx su viaspluga.com

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