Tassa sul merito… che aumenta quando vai in pensione
Certezza del diritto e riconoscimento del merito sono le basi di una società democratica
Antonio Dentato
Ottima sintesi dell’indagine “Elexia” quella fatta da Attilio De Pascalis nell’articolo “Tassa sul Merito” (Dirigenti Industria gennaio 2021, pag. 24 e 25). Mette in risalto, infatti, alcune storture e contraddizioni del sistema tributario italiano.
Mi riferisco, in particolare, alla parte in cui dice: “Un reddito da lavoro, dipendente o autonomo o da pensione, di 120.000 euro lordi, per esempio, è assoggettato a circa 48.000 euro di Irpef, nazionale e locale, pari al 40%. Un vero salasso, a cui si aggiungono i contributi previdenziali e altri oneri”.
E nelle conclusioni: ”la continua fame di risorse ha portato il Fisco a tartassare chi dichiara redditi medio-alti mortificando il merito e perdendo di vista qualsiasi criterio di equità e di progressività legato alla reale "capacità contributiva”.
Se si guarda in particolare ai redditi da pensioni la fame del fisco è incontenibile. Aspetto ben presente ai ricercatori Elexia che, infatti, richiamano “altri oneri” nei quali, riteniamo, vanno ricompresi quelli a carico delle pensioni medio-alte. Perché alle citate trattenute, vanno aggiunti i contributi di solidarietà, che ormai sono divenuti permanenti su queste ultime. Sono stati applicati 9 (nove) volte, in poco meno di 50 anni. Ma ben 7 (sette) volte, e altrettanto ben congegnati, a partire dal 2000. Di questi uno, per 6 anni - 2012/2017 - a esclusivo carico degli iscritti agli ex fondi volo, ferrovieri, telefonici, elettrici, ferrotranvieri, Inpdai, tutti confluiti nell’INPS.
Considerato il ripetersi, a ritmo continuo, di questi provvedimenti si può dire che il c.d. “contributo di solidarietà” rappresenta ormai un ulteriore incremento di tasse a carico di una minoranza sociale (intorno ai 30/40mila persone); anziani, molti ultra 80enni, che si vedono caricati di un’imposta aggiuntiva sui loro redditi. Al riguardo è stato autorevolmente osservato che, sia pure formalmente fuori dal perimetro dell’Irpef, questi provvedimenti operano come l’Irpef e con questa s’intrecciano (cfr. Corte dei Conti: Rapporto 2014 sul coordinamento della finanza pubblica). La stangata in corso è quella che deriva dall’applicazione della legge n. 145/2018. Comma 261. Le pensioni i cui importi complessivamente considerati superano 100.000 euro lordi su base annua, sono ridotti di un’aliquota di riduzione progressiva, per scaglioni, che va dal 15 per cento per la parte eccedente il predetto importo al 40 per cento per la parte eccedente 500.000 euro. Doveva durare fino al 2023. Dopo l’intervento della Corte Costituzionale (Sent.n.234/2020) durerà fino a tutto il 2021.
Va aggiunto, per colmare la misura, che, sempre sulle pensioni, ormai da anni, opera un sistema di perequazione che, di fatto, è volto a penalizzare costantemente quelle medio alte. L’ultimo provvedimento al riguardo (periodo 2019-2021) è contenuto anch’esso nelle citata legge di bilancio del 2018, comma 260.
Sì, non possiamo che concordare con l’articolo di Attilio De Pascalis: il nostro non è un Paese per manager e imprenditori, né per dirigenti, professionisti, magistrati, medici, docenti universitari e, aggiungiamo noi, neppure per tutti quelli che versano alti contributi per costruirsi una pensione dignitosa una volta fuori dall’attività produttiva. E, pertanto, il titolo dell’articolo potrebbe ben essere completato come segue: “Tassa sul merito… che aumenta quando vai in pensione”.
Dirigenti e manager ancora in attività di lavoro dovrebbero farci un pensierino!
Contiamo sulla migliore attenzione di Federmanager e CIDA che, in occasione dell'annunciata Riforma del Fisco, anche dal Governo Draghi appena entrato in carica, non potranno non tenere conto delle analisi che in materia fiscale vengono svolte da esperti, e anche degli articoli in materia pubblicati da questa Rivista. Vogliono essere di supporto alle iniziative che le nostre Rappresentanze intendono assumere come risposta alle attese di tanti iscritti che denunciano l’iniquità del sistema fiscale in atto.