Ignorantocrazia

Dal Rettore dell’Università IULM di Milano un nuovo stimolo al dibattito sulla meritocrazia

Autore Gianni Canova
Ed. Bompiani, collana Agone diretta da Antonio Scurati
Pagine 253 - Prezzo 14 euro

Recensione a cura di Gianni Fossati
La chiave è nel titolo per il dibattito sulla meritocrazia tornato prepotentemente di attualità richiamando anche il sociologo e attivista politico inglese Michael Young che, all’indomani della seconda Guerra Mondiale nel 1945, portò all’inattesa vittoria nel Paese il partito laburista britannico di Clement Attlee invece dei conservatori guidati da Winston Churchill.
In quel contesto il termine meritocrazia divenne oggetto di una critica profetica sulla quale si sofferma in 253 pagine Gianni Canova, Rettore dello IULM e docente di storia del Cinema e Filmologia. L’autore, ricorda senza mezzi termini come una società che dileggia la competenza, che sostiene che chiunque può fare qualsiasi cosa, che sostiene l’equivalenza di tutti a prescindere dalle conoscenze, dallo studio, dalla performattività, finanche dal talento, è una società statica, abulica, bloccata su se stessa, incapace di trasformarsi.
Con il suo linguaggio severo Canova ci dice assai più cose di tanti autori puliti e ordinati, prendendo per mano il lettore ordinario e quello colto e portandoli a scoprire il gusto dell'interpretazione del linguaggio insieme alla desacralizzazione del culto italiano della “realtà” come verità assoluta insieme ai giudizi ufficializzati come quelli del “neorealismo” cinematografico. 
Il plot è la carta vincente che non teme di andare contro corrente perché oggi il problema è il trionfo dell’“immeritocrazia” e dell’ignoranza della complessità che guarda con insofferenza al merito, status indigesto alle formazioni sovraniste e populiste nate nell’ultimo decennio che stanno sempre sul palcoscenico insofferenti alle domande scomode perché prediligono coloro che hanno pochi meriti più controllabili e meno minacciosi.
“Un tempo la cultura era un valore. Chi sapeva di non possederla ambiva a conquistarla. E chi l’aveva la  ostentava come un titolo di vanto. Oggi è esattamente l’opposto. Da valore è diventata un “disvalore” e nella migliore delle ipotesi le competenze saranno relegate in spregevoli definizioni. D’altra parte ci troviamo spesso in un contesto che agogna cose, ma non la cultura e la lettura, e la comunicazione incessante non sempre coincide con i tempi del pensiero. Ma, anche con il merito non si scherza: parola abusata e poco frequentata in moltissimi casi, una parola che ha subito uno scadimento secondo il paradigma che uno vale uno. Il confronto, che si tratti dei leader o dei follower, riproduce la contrapposizione tra amico e nemico. Un campanello d’allarme in un contesto in cui chiunque può andare a fare qualunque cosa in un dilatato presente che banalizza la cultura ricercando il consenso e zittendo l’avversario spesso attraverso false notizie che ai giorni nostri si diffondono con ritmo esponenziale a milioni di persone con un pericolo ancora maggiore, perché la ricerca dell’attenzione avviene con i tasti emotivi della paura e dell’odio. 
Un libro chiaro dunque nel quale troviamo anche una riflessione controcorrente sul ruolo del “neorealismo”
cinematografico che, senza rendersene conto ha condannato il merito approfondendo il tema della fisionomia socioculturale di una delle figure portanti della modernità occidentale: quella del borghese. Canova tocca quindi uno dei nervi scoperti del dibattito culturale in Italia, un Paese che sembra condannato a diventare nazione di analfabeti e populisti con il rischio della disgregazione della sfera pubblica e l’incapacità di intrattenere comunicazioni normali. L’Italia del XXI secolo è diventata culturalmente anoressica: dopo il neorealismo dell’immediato dopoguerra sono mancati riferimenti riconosciuti a livello internazionale e un consumo di prodotti culturali degno di un Paese sviluppato. Mentre l’intellettuale progressista o elitista si crogiola tra i propri idoli. L’antica vera rivoluzione culturale pare essere rimasta quella del cinema. Paradossalmente, per Gianni Canova, una maggiore cultura cinematografica può concorrere a formare anticorpi fondamentali per vivere liberi, nella società delle reti e degli algoritmi di oggi dove all’analfabetismo di ieri si aggiunge quello iperattivo.
Ed ecco nuovamente il ruolo della competenza e del senso critico con un interrogativo finale: è possibile rianimare o costruire una nuova democrazia culturale per il Bel Paese vagheggiato dall’Abate Stoppani?

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