Libri al rogo
Nel panorama contemporaneo, Pierluigi Battista, giornalista, scrittore, editorialista del Corriere della Sera, del quale è stato anche vicedirettore, occupa un posto di rilievo anche perché la sua cifra è quella dell’opinionista spesso contro corrente.
Dall’autore di “Il senso di colpa del dottor Zivago” (2018) arriva in questi giorni l’invito all’oltranzismo della tolleranza. Del resto non si può immaginare un sottotitolo più appropriato di “La cultura e la guerra all’intolleranza” per un pamhplet che difende sino all’ultimo le ragioni del liberalismo sostenendo che non è per via giudiziaria o censoria che si combattono le idee dei movimenti totalitari. Un saggio ben scritto e documentato sulla storia delle idee e degli ideali dei movimenti totalitari armati anche da penne e violente reazioni alla paura dei libri che diffondono il seme della conoscenza e ci parlano del mondo e della sua storia.
Una riflessione profonda e un’analisi storica sul valore della tolleranza e della scoperta di una pericolosa libertà che, secondo Battista, è un indicatore di salute democratica e l’antidoto alla censura considerata come un rogo a fuoco lento che genera aberrazioni mostruose: una per tutte quella toccata a Giordano Bruno. La tesi di questo libro è infatti contro la nuova censura, anche quella del negazionismo, che si deve confutare ma non vietare, proprio per consentire al Paese di elevarsi moralmente.
Saggista scomodo – come si vede anche nella sua lucida prefazione al volume “Norimberga, il male sotto accusa” –, l’autore ci ricorda come dittatori e benpensanti si sono accaniti contro le opere accusate di turbare l’ordine costituito, impedendone la diffusione e perseguitando gli autori. Con una narrazione avvincente e con l’accuratezza dell’analisi storica, getta nuova luce sulla pericolosità dei libri agli occhi dei dittatori di qualunque estrazione ideologica (Pol Pot, Hitler, Khomeini, Mao). Del resto Robert Conquest, non a caso, ha definito il Novecento dei totalitarismi e degli stermini di massa scientificamente collaudati, il “secolo delle idee assassine” che distruggono gli uomini, ma covano soprattutto un’inguaribile e sordida fobia per le idee pericolose, capaci di sfidare il monopolio dell’Idea (assassina) che pretende invece di incarnare il bene, il giusto, persino il bello.
Negli ultimi decenni, ai roghi in piazza si è sostituita una pratica solo apparentemente meno feroce: una censura sottile eppure implacabile, ispirata ai più nobili motivi, ma che rischia di sconfinare nel fanatismo a sua volta più intollerante.
Nel suo nome si mettono all’indice registi e scrittori, si coprono dipinti e si alterano i classici che offendono la sensibilità contemporanea. L’autore, in un atto di amore per i libri e il pensiero libero, ci regala un infuocato manifesto a favore della libertà d’espressione, in difesa di una tolleranza che non ammette deroghe.
Una riflessione profonda e un’analisi storica sul valore della tolleranza e della scoperta di una pericolosa libertà che, secondo Battista, è un indicatore di salute democratica e l’antidoto alla censura considerata come un rogo a fuoco lento che genera aberrazioni mostruose: una per tutte quella toccata a Giordano Bruno. La tesi di questo libro è infatti contro la nuova censura, anche quella del negazionismo, che si deve confutare ma non vietare, proprio per consentire al Paese di elevarsi moralmente.
Saggista scomodo – come si vede anche nella sua lucida prefazione al volume “Norimberga, il male sotto accusa” –, l’autore ci ricorda come dittatori e benpensanti si sono accaniti contro le opere accusate di turbare l’ordine costituito, impedendone la diffusione e perseguitando gli autori. Con una narrazione avvincente e con l’accuratezza dell’analisi storica, getta nuova luce sulla pericolosità dei libri agli occhi dei dittatori di qualunque estrazione ideologica (Pol Pot, Hitler, Khomeini, Mao). Del resto Robert Conquest, non a caso, ha definito il Novecento dei totalitarismi e degli stermini di massa scientificamente collaudati, il “secolo delle idee assassine” che distruggono gli uomini, ma covano soprattutto un’inguaribile e sordida fobia per le idee pericolose, capaci di sfidare il monopolio dell’Idea (assassina) che pretende invece di incarnare il bene, il giusto, persino il bello.
Negli ultimi decenni, ai roghi in piazza si è sostituita una pratica solo apparentemente meno feroce: una censura sottile eppure implacabile, ispirata ai più nobili motivi, ma che rischia di sconfinare nel fanatismo a sua volta più intollerante.
Nel suo nome si mettono all’indice registi e scrittori, si coprono dipinti e si alterano i classici che offendono la sensibilità contemporanea. L’autore, in un atto di amore per i libri e il pensiero libero, ci regala un infuocato manifesto a favore della libertà d’espressione, in difesa di una tolleranza che non ammette deroghe.
01 febbraio 2020