Furore
The Grapes of Wrath - John Steinbeck, Premio Nobel Letteratura 1962

Mario Garassino
Socio ALDAI-Federmanager e componente del Gruppo Cultura
Su un camion Hudson, vecchio, rimesso in vita con qualche modifica per cercare di farlo arrivare dall’Oklahoma alla California, viaggiano 13 persone: nonni, genitori e figli della famiglia Joad, oltre a un loro amico, Jim Casy, una volta predicatore. Il viaggio supererà le duemila miglia, per la maggior parte vissute sulla strada 66, che attraversa gli Stati Uniti orizzontalmente. Siamo in piena “depressione”, iniziata alla fine del 1929 e che durerà fino agli anni ’30. Tutti ne furono colpiti, chi più chi meno, ma soprattutto chi viveva del proprio lavoro, senza alcun altro reddito. I contadini, come la famiglia Joad, ebbero poi un’altra disgrazia con il “Dust Bowl”, cioè tempeste di sabbia: il terreno, molto fertile, era stato esposto a profonde arature che, distruggendo l’erba, non avevano permesso l’idratazione. Durante la siccità, normale in quelle regioni, il terreno secco diventava polvere che il vento poi trasportava solitamente verso est. In queste condizioni per i contadini non vi era possibilità di produrre reddito: persero terreni e case per i debiti non pagati e decisero così di trasferirsi verso l’Ovest, specie in California, considerato lo Stato dove era possibile trovare lavoro. Come nel caso della nostra famiglia, i rappresentanti dei proprietari, o le banche, di fronte al rifiuto di andarsene, distruggevano abitazioni e terreni con i trattori. “La mezzadria non può funzionare se un uomo col trattore può prendere il posto di dodici o quattordici famiglie”.
Se ne andarono in molti seguendo informazioni locali o leggendo i volantini che indicavano la California come il Paese ideale. Il viaggio, da affrontare non solo con un camion molto vecchio, ma soprattutto con pochi soldi, rappresenta la parte più lunga del libro, ma anche quella più interessante, nella quale si notano a fondo le difficoltà esistenti: la concorrenza per il lavoro, dovuta al grande numero di persone in cerca che fa diminuire le paghe anche sotto il limite della sopravvivenza; l’opposizione delle persone del luogo che non vogliono che altri portino via il loro lavoro accettando paghe minime; la durezza dei guardiani e dei poliziotti pagati per denunciare come “rosso” e cospiratore chi tenta di modificare qualcosa, aggregando altri con lo sciopero. Un viaggio di duemila miglia non è facile da affrontare, specie se si intraprende solo con un centinaio di dollari, che in gran parte se ne andranno per il carburante. Qualche provvista si porta inizialmente; per bere ci si serve ai distributori di carburante. Per il resto si vedrà, eventualmente con qualche lavoretto. Il viaggio della speranza si trasforma presto in un’ossessione. Il lavoro si trova a sprazzi, con le difficoltà di relazionarsi con i residenti, con la mancanza di denaro, con la paura di dover accettare una paga che non sia sufficiente, pur di avere cibo almeno per i figli piccoli. Ma non c’è molto, neppure in quella California dove, vicino a zone perfettamente coltivate, ne esistono altre incolte, grandi latifondi che non vengono coltivati per impedire la discesa dei prezzi del prodotto esistente. Si può immaginare la sensazione dei contadini, pronti a lavorare, ai quali ciò viene proibito da poliziotti armati. “Un senzatetto affamato, vedendo intorno campi abbandonati perché in grado di produrre cibo, ma non profitto, sentiva che un terreno incolto è un sacrilegio e un’offesa per i bambini denutriti”. Il viaggio è soprattutto il romanzo della famiglia Joad e dei suoi diritti e doveri. La presenza della madre (sempre chiamata solo Ma’) fornisce il senso della famiglia e sarà sempre lei a dire l’ultima parola nelle discussioni. È lei che decide il comportamento di tutta la famiglia: ne è il centro. È la persona che più soffre per le morti dei nonni, per gli abbandoni di un figlio e del genero, per il nipote nato morto, ma che non lo fa mai vedere. È una roccia di fronte alle disgrazie. Il bene della famiglia soprattutto. Il lungo viaggio è inframmezzato da soste. La maggior parte di queste avviene in posti a pagamento, dove è sempre possibile l’ingresso di poliziotti in cerca di qualcuno. Quando, infine, la famiglia trova un “campo del governo”, con la possibilità di vivere in un vagone ferroviario, sembra di rinascere. Tom, il secondo figlio riesce a trovare un lavoro per la raccolta del cotone e tutta la famiglia viene interessata. Sembra finita la povertà, ma non è così: l’inverno è il periodo peggiore dell’anno per un contadino con tanta terra intorno che non può trattare.
Steinbeck concluse il discorso di accettazione del Nobel con le seguenti parole - “In the End is the Word, and the Word is a Man, and the Word is with Man”. È l’Uomo il vero soggetto delle sue opere. Scrive di temi umani e, perciò, eterni. In particolare: la dignità dell’essere umano e la giustizia che la legge non difende, il coraggio e la determinazione dei “migranti”, stranieri in patria.
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L'incontro di presentazione di Furore si terrà
mercoledì 4 giugno 2025 alle ore 17:00
presso la Sala Viscontea Sergio Zeme
Per partecipare è necessaria la registrazione su www.aldai.it
01 maggio 2025