Editoriale Filo Diretto Dirigenti Giugno 2020

Editoriale di giugno del Presidente Federmanager di Bologna, Ferrara e Ravenna. La crisi può darci un assist, se saremo in grado di capirlo e di sburocratizzare quello che ci ha frenato negli ultimi decenni, frustrando la nostra creatività e il nostro spirito libero, ricominceremo a fare impresa, quella “vera”

Andrea Molza     

Presidente Federmanager Bologna  Ferrara – Ravenna
Quando a marzo, nella fase iniziale di lockdown causato dalla pandemia da COVID-19, mi sono fermato a riflettere sull’evoluzione che questa situazione avrebbe portato sul mercato del lavoro e in particolar modo sul lavoro dei Manager, pensavo di avere le idee abbastanza chiare. Un pensiero che, più o meno fluido, partiva dagli aspetti positivi e negativi del recente passato e proiettava sul futuro una visione che dagli aspetti positivi prendesse le premesse e si focalizzasse su come migliorarli ulteriormente.

La sospensione forzata di tutte le attività per un periodo prolungato mi ha fatto azzerare il mio pensiero e ripartire: elaborare qualcosa di originale e che non risulti scontato mi spaventa un po'. Tuttavia, in considerazione della promessa fatta, ci proverò: parto con una riflessione più operativa.

Dopo le prime due settimane di chiusura, in cui mi sentivo quasi in colpa a non andare in ufficio a lavorare, ma anche in colpa quando ci andavo (pur avendo una delle mie società un codice Ateco ammesso), ho reagito: mi sono fatto installare una connessione Internet potente ed ho cominciato a fare riunioni e conferenze attraverso piattaforme gratuite on line. Ho scoperto che se ci si mette un po' di impegno, senza delegare ad un assistente che “non c’è”, si impara in fretta.

Questa forma di “clausura” mi ha ridato (come suppongo a tanti) nuove sicurezze sulla capacità di agire e sperimentare in prima persona le nuove tecnologie, riallineando le mie competenze operative che da tempo avevo delegato. Sono e siamo tornati più flessibili ed efficaci su molti aspetti della comunicazione a distanza.

Questo per il futuro sarà un vantaggio, che per quanto mi riguarda, mi permetterà per esempio di arrivare a casa prima, farmi una passeggiata, e riprendere a lavorare con una riunione alle 19:30, cosa che prima facevo restando però in ufficio e saltando la passeggiata.

Questo nuovo modo di organizzare il lavoro, che rappresenta il cuore del concetto di smart working e che si discosta fortemente dal semplice telelavoro, è arrivato e si è per forza di cose imposto, a me, come a gran parte dei manager e dei lavoratori, in una situazione di emergenza, ma credo debba rappresentare la nuova “normalità”.

Non ci priverà dell’aspetto relazionale, che rimane fondamentale – nel lavoro, come nelle relazioni sociali - ma ci permetterà di produrre meglio, avendo a cuore una maggior sostenibilità: muoversi meno in macchina, condividere uffici multi-utente, alternare il lavoro presso la sede aziendale con quello in altri hub più vicini alla propria abitazione o a casa, sono tutte soluzioni che possono portare vantaggio ad aziende e dipendenti, se si condivide prima una gestione del lavoro per obiettivi condivisi e misurabili.

Ora mi spingo oltre, parlando del mercato del lavoro che conosco, quello dei manager, che in fondo non è tanto diverso da quello degli altri impiegati.
La situazione di chiusura e sospensione forzata in cui ci siamo trovati è stata molto dura e senza regole; quella che per i dipendenti di alcuni settori è stata cassa integrazione, per noi manager è stata riduzione di stipendio (quasi sempre condivisa) e tutti abbiamo capito la gravità della situazione. La preoccupazione di non avere linee guida chiare e “incontestabili” a cui riferirci ci ha reso più aperti al confronto con i colleghi, dentro e fuori l’azienda, e molto si è operato con quel senso di unità e orgoglio che hanno caratterizzato un altro momento della nostra storia: quello della “guerra sul Piave”, dove i problemi di parte si lasciarono a casa e si combatté per difendere il Paese.

In quel caso si vinse. Oggi sono propenso a pensare che succederà ancora, perché noi Italiani alla regola imposta dall’alto, ci allineiamo solo se ne capiamo “il perché”, a prescindere da “chi” provenga l’imposizione, e questo a dimostrazione del pensiero creativo e libero che ci contraddistingue, quel pensiero che anticipa e disegna prima di altri i futuri scenari.

Anche questa volta, come in passato, la crisi può darci un assist: se la politica sarà in grado di capirlo e di sburocratizzare quello che ci ha frenato negli ultimi decenni, frustrando la nostra creatività e il nostro spirito libero, ricominceremo a fare impresa, quella “vera”. Poco importa se piccola o grande, importa che sia basata su idee che nascono dal basso, da chi - vivendo l’azienda - immagina un altro modo di fare le cose, adeguato ai nuovi input che vengono dalla vita vera, che richiede sostenibilità e futuro. Passeremo da filiera lunga a filiera corta, da velocità elevata a giusta velocità, ma con facile manutenzione, riporteremo la digitalizzazione al servizio delle idee e non il contrario.

In questo scenario il manager con l’m minuscola ma con l’Etica maiuscola riprenderà il suo ruolo, e la Finanza tornerà anch’essa a supportare e non a guidare. Questo mi auguro e su questo, se sarò rieletto, orienterò il mio mandato.

N.d.r.: questo articolo è stato scritto a maggio, prima della chiusura delle elezioni elettroniche per il rinnovo della Governance di Federmanager Bologna – Ferrara – Ravenna.