I pensionati chiamati a salvare il bilancio dello Stato

La sentenza della Consulta sull'indicizzazione delle pensioni: ulteriore grave delusione. In attesa di conoscere le motivazioni, che consentiranno prese di posizione argomentate a dovere, pubblichiamo il comunicato stampa emanato dalla CIDA con grande tempestività e ripreso dai quotidiani in edicola il 26 ottobre.

Segue un breve commento di Antonio Sartorio. 

È una sentenza che ci lascia l’amaro in bocca e le cui motivazioni andranno lette con attenzione per capire se ci sono gli auspicati richiami all’Esecutivo affinché si ponga finalmente fine alla sconcia pratica di usare i pensionati come dei ‘bancomat’ cui ricorrere quando si aprono falle nei conti pubblici” : è il commento di Giorgio Ambrogioni, Presidente di CIDA, che ha assistito i propri associati nei ricorsi conto il cosiddetto decreto Poletti sulla parziale perequazione delle pensioni, successivamente alla sentenza della Consulta che aveva bocciato la norma Fornero 2012-2013. “È una pagina buia per i diritti dei pensionati e per l’intera politica previdenziale del Paese – spiega Ambrogioni – perché rischia di creare un precedente pericoloso per chi è in pensione: ogni qual volta emergeranno esigenze di cassa, al Governo di turno verrà la tentazione di ricorrere al prelievo sui redditi dei pensionati. Una manovra che troppo volte abbiamo visto effettuare e nei confronti della quale ci auguravamo che la Consulta, dopo la precedente sentenza sulla legge Monti-Fornero, ponesse finalmente fine. Non vorremmo che dopo una forte pressione mediatica sulle ipotizzate conseguenze che l’accoglimento dei ricorsi avrebbero prodotto – ha aggiunto il Presidente di CIDA – si sia preferito scegliere la via che la ‘ragion di Stato’ giudicava più opportuna”.
“Comunque noi continueremo in tutte le sedi a difendere i diritti dei pensionati e ad opporci ad ogni tentativo di cambiare le carte in tavola, cioè la legislazione in vigore, ai loro danni. Confidiamo che la politica, i partiti, il Governo si facciano carico di questo problema e adottino misure di tutela dei diritti dei pensionati e non di ulteriori norme vessatorie”.
“Su questo tema, apriremo un confronto molto serio e fermo con i Partiti nell’ambito della prossima campagna elettorale, chiedendo risposte ed impegni precisi”. “I problemi del lavoro, dei giovani, si affrontano e si risolvono con interventi mirati alla crescita economica, allo sviluppo produttivo, al recupero della produttività. Mai con provvedimenti che mettono in conflitto le generazioni” ha concluso Ambrogioni.
Con il Comunicato Stampa della Corte Costituzionale, irradiato lo scorso 25 ottobre, abbiamo dovuto prendere, purtroppo, atto che ciò che avrebbe potuto e dovuto essere non è stato.
Quando verrà emessa e pubblicata la Sentenza, conosceremo le motivazioni ma si può provare, nell’attesa, a proiettare in avanti un commento di carattere generale.
Due sole ore di Camera di Consiglio dovrebbero farci capire che non c’è stato sostanzialmente dibattito, che probabilmente la decisione era già stata assunta ben prima dell’udienza e che essa, se così è , riveste un significato di carattere politico.
Rispetto a questa vicenda, ma anche rispetto ad altre consimili recenti vicende su cui la Corte ha sentenziato, sembrerebbe di poter affermare che la Consulta ha rinunciato alle sue prerogative e al suo diritto-dovere di decidere in linea di diritto sulla sorte di tanti cittadini.
Emerge, quindi, un’unica sconcertante verità: è la politica che afferma e riafferma la sua supremazia e la sua forza, anche nei confronti di una vasta categoria di cittadini inermi e impotenti ed è sempre la politica, questa politica, che induce il Giudice delle leggi a decisioni che diano copertura sul piano della legittimità e della “non irragionevolezza”, dopo averle ritenute, ma era un’altra Corte, sostanzialmente illegittime con la sua Sentenza n. 70 del 2015.
Antonio Sartorio