Per la ripresa del lavoro e dei consumi occorre puntare sull’etica
Responsabilità e fiducia possono favorire la crescita. Occorre crederci tutti convintamente per favorire un progetto Paese. Stiamo vivendo la Quarta rivoluzione industriale che può permetterci di ricostruire un progetto Paese la cui prima risorsa sono le persone che devono tornare al centro dell’attenzione generale.
Daniele Damele
Presidente Federmanager Friuli Venezia Giulia
Una lieve ripresa del lavoro c’è, ma serve fiducia nella crescita per generare una reale occupazione stabile. Ricette in questo lunghissimo decennio di crisi sociale ed economica ne abbiamo sentite tante. Nessuna ha funzionato realmente. Se ragioniamo sulle motivazioni di questa crisi (la finanza che voleva fare a meno dell’economia reale) un’indicazione chiara c’è: occorre ritornare all’etica della responsabilità.
Quali sono i fattori di difficoltà attuali? La paura, la sfiducia, l’incertezza, la Brexit, il rallentamento della Germania, i dazi, il calo della domanda interna. Su alcune situazioni possiamo fare ben poco se non sperare in rapide e favorevoli soluzioni, ma su altre la responsabilità è molta. Sottolineo gli aspetti etici riferiti a responsabilità e fiducia. Sussistendo detti elementi è chiaro che le aziende saranno maggiormente disponibili a favorire assunzioni stabili.
Vi è, poi, l’aspetto riferito ai posti di lavoro liberi che non trovano profili adeguati. Mi riferisco a tecnici, informatici, esperti di settore. Qui l’indicazione non può che essere quella della formazione elevata. In prospettiva scuole e università devono capire quali saranno le professioni del futuro e formarle (si chiama orientamento), ma nell’immediato chi ha titoli di studio tecnici ed informatici deve privilegiare un’alta specializzazione formativa per fornire alle imprese le professionalità di cui hanno bisogno.
A livello dirigenziale questa è offerta dai nuovi progetti della società 4.Manager costituita da Confindustria e Federmanager. Un’ottima intuizione in quanto i dirigenti sono la “spina dorsale” del modo produttivo, prendono decisioni, si assumono rischi gravosi.
Settore del mobile, edilizia e meccanica dimostrano indicatori con il segno + e questo va bene. Per affrancare ciò dal pubblico servono, però, nuovi incentivi per la trasformazione digitale delle imprese, specie piccole e medie, che possono (leggasi debbono) aggregarsi per puntare all’internazionalizzazione, unica alternativa alla delocalizzazione.
La PA deve investire, ma soprattutto dev’essere posta nelle condizioni di sburocratizzare con nuovi Testi unici legislativi nazionali e regionali. Vanno eliminati i tempi morti e decisamente alleggeriti gli oneri inflitti dalla burocrazia che colpisce tutti i settori ed è una vera e propria zavorra per la crescita. Si rende indispensabile dare certezze di metodi, tempi ed efficacia. Il cumulo di regole non garantisce la linearità dei processi, anzi.
Meglio sarebbe svolgere controlli mirati post autorizzazioni togliendo lacci e lacciuoli preventivi che sono sfiancanti anche per i più motivati funzionari pubblici.
Coniugando tutto ciò si concretizza la cultura del fare in grado di contrastare anche la terribile e paralizzante invidia sociale, imperante in molti settori, e si favorisce il rispetto del lavoro ai vari e differenti livelli. Andando in questa direzione si potrà, pertanto, attuare un cambio di passo culturale di cui si sente immenso bisogno.
Per ottenere nuova occupazione vanno proposti, inoltre, interventi a copertura degli oneri assicurativi e fiscali, anche parziali, per ridurre il costo del lavoro. Alla politica si chiede anche una forte incentivazione economica e la riduzione dell’impressionante pressione fiscale.
Il Nordest italiano è, ahinoi, ai primi posti in Italia per la fuga di giovani neolaureati rispetto alla popolazione residente. Occorre invertire questo trend. La classe dirigente va creata valorizzando le più belle competenze che emergono dal territorio. Agli imprenditori va chiesto di sforzarsi nel programmare secondo una visione di medio e lungo termine superando misure di corto raggio.
In questo splendido pezzo di terra nazionale sussiste da sempre un punto di forza inestimabile del sistema produttivo: il capitale umano che è di altissimo livello. Qui ci sono i valori dell’impegno e dell’attaccamento al lavoro.
Mi si permetta affermare che più che di redditi di cittadinanza c’è bisogno semmai di misure di sostegno efficaci a natalità e famiglia e al cosiddetto micro-credito per imprese e libere professioni vincolato a nuova occupazione e reinserimento nel modo del lavoro di chi ne ha, purtroppo, subito un allontanamento durante la crisi.
Chi lavora ha l’opportunità di sentirsi realizzato. Stiamo vivendo la Quarta rivoluzione industriale che può permetterci di ricostruire un progetto Paese la cui prima risorsa sono le persone che devono tornare al centro dell’attenzione generale con buona pace della finanza che ha piedi d’argilla ed è incapace di fare a meno dell’economia reale (lo ricordi...), ovvero delle persone.
01 giugno 2019