Alleanze e lungimiranza

La Confederazione CIDA ha allargato il dialogo con tutte le rappresentanze manageriali per sviluppare il consenso e l’attenzione dell’opinione pubblica sulla necessità di politiche e comportamenti responsabili nell'interesse del Paese.

Giorgio Ambrogioni

Presidente CIDA

Presentare un bilancio del lavoro associativo di una confederazione come la CIDA, può tradursi nell’elencare le cose fatte, molte per la verità, gli obiettivi raggiunti, non pochi, ed esporre gli impegni per l’anno nuovo, e ve ne sono, anche molto ambiziosi. Ma si tratterebbe di un esercizio utile per gli archivi, perché lascerebbe sullo sfondo il principio ispiratore della nostra azione, che mai come in questi dodici mesi è stato messo alla prova, fornendoci comunque l’energia e le idee per andare avanti. 
Mi riferisco al ruolo del dirigente, inteso come “classe dirigente”, come rappresentante di quel “ceto produttivo” che ha fatto l’Italia che conosciamo, spingendola dal sottosviluppo del dopoguerra, al livello di potenza industriale mondiale. Questo “ruolo sociale” della dirigenza è stato messo in discussione da almeno due eventi: un nuovo rallentamento del ciclo produttivo, con effetti sistemici sulle aziende e sui livelli occupazionali, anche quelli qualificati, effetti amplificati dalla crescente vocazione finanziaria dell’economia, che CIDA ha evidenziato nel documento “Valutazioni e proposte della dirigenza sulla politica economica e sociale del Paese”; una nuova classe politica e di Governo con cui confrontarsi, la cui matrice di formazione e di esperienza rende oggettivamente difficile il dialogo, nonostante – e lo sottolineo – i nostri reiterati sforzi. Un problema, va detto subito, che ha interessato praticamente tutti i “corpi intermedi”, improvvisamente rimasti senza l’interlocutore politico.
Molte nostre iniziative, infatti, sono naufragate di fronte a un inatteso e inaudito “muro di gomma” della politica: continue richieste di incontri, lettere aperte, messaggi affidati ai mass media. Tutto, o quasi, rimasto senza risposta, nonostante i riscontri sulla stampa siano stati numerosi e lusinghieri per l’autorevolezza delle testate. Una sensazione di frustrazione grave per un corpo intermedio che vive di relazioni, che estrinseca la sua attività statutaria nel raccogliere ed elaborare le istanze della base per trasferirle nelle sedi istituzionali e contribuire a tradurle in iniziative concrete, in atti di legge, in indirizzo politico e amministrativo. Insomma una diffusa, trasversale sensazione di avere le “armi spuntate”, che ha indotto altre associazioni rappresentative – come quelle degli imprenditori – a promuovere manifestazioni pubbliche molto “spinte”, a usare toni dialettici spesso sopra le righe, a paventare “discese in piazza” insolite per tali categorie professionali. Solo al termine di un percorso di “lotta” le associazioni degli imprenditori, unitesi per la prima volta in una coalizione di comuni interessi, hanno visto accolte le loro istanze. O, meglio, sono state “ascoltate” per poter spiegare le loro ragioni e motivare le loro richieste alla luce di più generali interessi economici. 
Ecco perché, per tornare sul terreno delle iniziative concrete che CIDA ha realizzato, abbiamo deciso di dar vita ad una “Alleanza” con altre Associazioni rappresentative delle alte professionalità, per presentare un fronte compatto – forte di oltre un milione di federati – sul tema delle pensioni. Un nervo scoperto per la nostra categoria, da sempre usata come un bancomat per le esigenze di finanza pubblica e vessata periodicamente con blocchi della perequazione e contributi di solidarietà. Ora, però, il livello dello scontro si è elevato, con assurde pretese di nuovi prelievi forzosi (dalla proposta di legge D’Uva-Molinari, a un nuovo contributo fino al 40% delle pensioni più alte) per giustificare i quali si è volutamente scelta la strada della calunnia, della denigrazione di un’intera categoria di professionisti, definiti come dei “parassiti”, dei privilegiati, che percepirebbero ingiustamente quanto, invece, hanno diritto ad avere per capacità personali e storia contributiva. 
Di fronte a questa campagna, sapientemente orchestrata, di “fake news” ci siamo opposti con decisione, smontando con dati di fatto e testimonianze dirette, la falsa ricostruzione delle nostre pensioni basata sul posticcio slogan delle “pensioni d’oro”. Mentre scriviamo l’esito di tale “scontro” non è definito, ma certamente la nostra risposta a questo sopruso sarà proporzionale all’ingiustizia che si vorrebbe perpetrare. 
Oltre alle pensioni, altri campi di azione ci hanno visto protagonisti in questi mesi: dall’alternanza scuola-lavoro, con casi di manager-tutor che hanno rappresentato vere e proprie “best practice” nei percorsi di formazione dalla scuola al lavoro; all’impegno per i territori del Centro-Italia colpiti dal terremoto, in cui l’innesto di manager esterni ha saputo risollevare e rilanciare micro-imprese che il sisma aveva messo fuori dal mercato; alla salvaguardia e al riconoscimento del ruolo dei dirigenti pubblici, vessati dagli interessi della politica e finiti nel cono d’ombra di una pubblica opinione indifferente o malevola. Così come abbiamo sempre mantenuto ottimi rapporti con l’Unione Europea, sia con le Istituzioni in senso lato, sia con le associazioni di dirigenti d’oltralpe, che hanno fatto proprio il “manifesto dei valori” promosso da CIDA. Nella consapevolezza che il mercato di riferimento per il manager di oggi e di domani è necessariamente globale, refrattario a confini geografici e a ideologie populiste.
I dirigenti privati e pubblici, i “manager” come a molti piace chiamarci, sono dei combattenti e le sfide li esaltano. Quindi, visti i profondi cambiamenti economici, sociali e politici che stiamo vivendo, abbiamo deciso di tornare ai “fondamentali” mettendo di nuovo al centro della nostra azione quotidiana e soprattutto futura, il dirigente, come individuo, come persona con le sue aspettative, esigenze, capacità. Una riflessione pragmatica, non psicologica, né sociologica che lasciamo a chi ha le competenze giuste. Dopo una ricerca sulla rappresentanza, svolta al nostro interno, abbiamo deciso di costituire un “Osservatorio” permanente, uno strumento inedito e innovativo capace di raccogliere idee ed elaborare proposte. Insomma, un laboratorio permanente grazie al quale vorremmo dar vita alla “CIDA 4.0”, per unire all’attività sindacale e di rappresentanza, una capacità propositiva formidabile, in grado di dare risposte puntuali alle esigenze della base e tradurle in iniziative concrete e in divenire. 
Il progetto – nato grazie alla collaborazione con il centro studi Adapt guidato da Michele Tiraboschi – ha superato la fase embrionale e ci auguriamo che attecchisca in profondità e dia risultati utili alla categoria. 
Stiamo lavorando al dirigente di domani, facendo tesoro delle esperienze passate, traendo il meglio dall’attualità, guardando il futuro con ottimismo e una buona dose di “grinta”.
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