Competenze per l'eccellenza

Non ci sono dubbi, le "competenze" rappresentano la chiave per lo sviluppo dell’economia della conoscenza e le dinamiche collaborative di una società moderna. Ma il termine “competenze” si presta a diverse interpretazioni che possono generare equivoci e congelare il dialogo

Franco Del Vecchio

Segretario CIDA Lombardia - lombardia@cida.it
Nel linguaggio manageriale le "competenze" evocano l’insieme delle conoscenze e delle esperienze che si acquisiscono nel percorso lavorativo e che assumono crescente importanza nell’economia della conoscenza per le imprese private, così come per le organizzazioni pubbliche.

Lo stesso termine “competenze” identifica in diritto la sfera di poteri e facoltà attribuita a un soggetto, una persona fisica oppure un'organizzazione. Mentre le "competenze" manageriali aprono la mente a nuove visioni e soluzioni, in diritto, hanno una funzione di limite, in quanto definendo facoltà e poteri pongono dei limiti all'agire degli organi. 

La riflessione sui diversi significati delle “competenze” risulta evidente ascoltando il dibattito sull’Autonomia Armonizzata promosso da CIDA lo scorso 9 giugno e moderato dalla giornalista Rita Querzé richiamando la necessità di concretezza attesa dal Paese.
 

Un convegno sull’Autonomia adesso?

Si, perché l’uscita dal tunnel della pandemia e la fase di ripresa rappresentano un momento determinante per il futuro del Paese. Per la ripresa e resilienza non bastano slogan e risorse finanziare (a debito), ma bisogna creare solide basi e principi di collaborazione Stato–Regioni per la competitività del sistema e la rinascita. Ci vogliono le competenze, cioè buone conoscenze ed esperienze, e un elevato senso di responsabilità per far funzionare in modo efficace i servizi pubblici. La tavola rotonda CIDA è stata l’occasione per riflettere sulla necessità di miglioramento in molteplici settori.

Sanità

Come nell'orchestra spetta al direttore dirigere l’eccellenza dei maestri agli strumenti, così per i servizi sanitari è necessario definire a livello nazionale i livelli delle prestazioni ospedaliere e territoriali, mettendo le organizzazioni regionali in grado di eccellere. Serve un'Autonomia Armonizzata nella sanità per garantire: livelli minimi di assistenza e un efficace coordinamento nazionale, che non deve essere però un livellamento verso il basso, prendendo invece a riferimento le eccellenze che vanno riconosciute e sostenute per applicarle, adattate, alle esigenze dei diversi territori. 

La pandemia ha messo in evidenza l'importanza della sanità territoriale, degli interventi domiciliari e del ruolo del medico di base che devono essere parte integrante del servizio sanitario. Importante è anche la capacità di pianificazione per sostenere il potenziamento e l’innovazione dei servizi sanitari territoriali utili a garantire un’assistenza domiciliare più efficace e rispondente alle reali necessità dei cittadini. Se l’emergenza pandemica era imprevedibile non lo è, ad esempio, il pensionamento dei medici di base che hanno lasciato i pazienti alla guardia medica, in assenza di medici disponibili nel territorio.

Per Giuseppe Nielfi, Presidente SUMAI-Assoprof (medici ambulatoriali), il vero problema riguarda l’organizzazione territoriale. Se ne parla da oltre un anno, ma non c’è un progetto nazionale o regionale perché mancano gli stanziamenti: per le attrezzature, il personale e la formazione. Potenziare l’assistenza domiciliare implica creare strutture per le attività infermieristiche, aumentare i medici di base e organizzare l’assistenza specialistica a domicilio. Il tema è nazionale. Il convegno sull’Autonomia Armonizzata ha stimolato riflessioni sulle attribuzioni degli indirizzi e le attività operative, evitando scelte al ribasso, potenziando l’assistenza nel territorio con un serio piano di finanziamento e il potenziamento dei servizi sanitari nel territorio, perché non si risolvere il problema con uno stanziamento una tantum, bensì con un serio impegno politico con progetti concreti di lungo termine.

Scuola

Quattro rivoluzioni industriali hanno profondamente cambiato la società e non possiamo essere ancorati a riferimenti didattici e organizzativi che non rispondono alle richieste di istruzione, formazione e preparazione per il mondo del lavoro dominato dall’economia della conoscenza. Dobbiamo offrire alle nuove generazioni un’istruzione articolata al passo con i tempi con l’obiettivo di creare capitale umano realmente richiesto e pienamente impiegabile nel territorio. Un piano di sviluppo economico e di preparazione dei giovani che riduca la nostra disoccupazione giovanile, la più alta in Europa.

L’autonomia scolastica costituisce un passaggio obbligato per preparare e allenare i giovani alle eccellenze per l’economia della conoscenza, a creare le basi per sviluppare le “competenze” con l’apprendimento continuo per i lavori del futuro, piuttosto che prepararli a svolgere ruoli e “competenze” specifiche per l’intera vita lavorativa, come nel secolo scorso. 

Nel riquadro una sintesi dell’articolo “Autonomia scolastica 20 anni dopo” di Giorgio Rembado, Presidente FP CIDA, già Presidente dell’Associazione Nazione Presidi ANP, e di Massimo Spinelli - Presidente Regionale ANP Lombardia pubblicato nel maggio 2019 dalla rivista PAIS con l’obiettivo di esaminare il tema dell'autonomia scolastica in un'ottica di miglioramento e innovazione didattica.

Le politiche attive del lavoro sono un tema provinciale o nazionale?

Le liste di collocamento esclusivamente territoriali limitano l’incontro della domanda sempre più specialistica dell’economia della conoscenza. La mobilità non è la stessa di 50 anni fa, un numero crescente di giovani trova lavoro all'estero, e bisogna innovare in armonia ascoltando prima di tutto le imprese. 
Quante assunzioni hanno realizzato i navigator e quanto è costato alla collettività?
Ci vuole lungimiranza ed intelligenza collettiva per innescare la ripresa.

Infrastrutture per una Mobilità Sostenibile

La tangenziale per collegare le 7 autostrade che convergono su Milano, costruita per assicurare il collegamento nazionale e con i Paesi confinanti è diventata l’unica circonvallazione della città metropolitana con intasamenti e blocchi frequenti per incidenti che possono facilmente accadere in oltre 80 km di intenso traffico. Analoga situazione nei principali svincoli autostradali di: Bologna, Genova, Venezia, … e poi il collegamento nord-sud è affidato a due autostrade e bisognerebbe completare la terza autostrada del Tirreno per collegare Genova a Roma.
Il trasporto merci in Italia è del 54,5% su strada (circa 100 miliardi di tonnellate-km) e per circa l’11 % su rotaia (rispetto al 18,7% circa in Europa) e non abbiamo previsto nel PNRR alcun intervento per le infrastrutture di comunicazione maggiormente utilizzate.
Fra trent’anni sarà sostenibile il traffico merci con l’infrastruttura stradale disponibile oggi?
Le grandi infrastrutture di comunicazione sono un tema regionale, interregionale, oppure nazionale ?

L’efficacia e la meritocrazia nella gestione del territorio è una scelta Regionale o un obiettivo condiviso Nazionale ?

Come in una orchestra il direttore ha il compito di sviluppare l’eccellenza di ogni strumento, così nel Paese è necessario condividere e monitorare gli indicatori di efficienza e qualità dei servizi in funzione delle risorse pubbliche. Un principio fondamentale per la ripresa e resilienza del Paese che bisogna declinare con “competenza”, responsabilità e trasparenza.

In conclusione

La Tavola Rotonda sull’Autonomia Armonizzata organizzata da CIDA ha evidenziato le aree di miglioramento dei servizi pubblici: sanità, scuola, lavoro, infrastrutture, e altri necessari per conseguire i risultati del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ponendo domande che richiedono precise risposte.

Quali sono le materie che dovrebbero essere competenza esclusiva dello Stato, quali esclusive delle Regioni e delle Autonomie locali, e su quali serve un’autonomia armonizzata possibile solo in presenza di una fattiva ed efficace collaborazione? 

Non limitiamoci però ad una attribuzione di “competenze” fra Stato e Regioni, ma cerchiamo di collaborare responsabilmente e in armonia per l’eccellenza delle “competenze” da mettere in campo per il futuro del Paese.

Autonomia scolastica 20 anni dopo

Sintesi dell’articolo di Giorgio Rembado, Presidente FP CIDA, già Presidente dell’Associazione Nazione Presidi ANP, e di Massimo Spinelli, Presidente Regionale ANP Lombardia, pubblicato nel maggio 2019 dalla rivista PAIS con l’obiettivo di esaminare il tema dell'autonomia scolastica in un'ottica di miglioramento e innovazione didattica.

“Di pari passo con il dibattito sull'autonomia regionale, si torna a parlare anche dell'autonomia organizzativa del sistema scolastico che, da un lato, provoca una tendenza storica e immobilista, avversa al cambiamento, mentre dall'altro emerge una spinta innovatrice orientata alla semplificazione e alla trasparenza istituzionale. … 
L’autonomia scolastica, prima ancora di soccombere sotto la slavina di incombenze burocratico-amministrative scaricate dai vertici ministeriali sulle scuole e spesso considerate la prima causa della sua crisi, ha patito gli effetti di una serie di concause:
  • un sistema debole, di facciata ed etero-diretto attraverso un centralismo decisionale, che non ha mai smesso di determinare top down le scelte che attengono all’attribuzione alle scuole delle risorse materiali e umane;
  • un sistema autoreferenziale, che non ha mai adottato strumenti di valutazione della qualità del servizio che prescindano da logiche strettamente amministrativo-contabili;
  • un sistema non interessato ad applicare il principio costituzionale della sussidiarietà orizzontale e verticale, in quanto incardinato all’interno di una struttura che è rimasta gerarchica;
  • un sistema condizionato da organi collegiali fossili, non rappresentativi del contesto sociale di riferimento e non espressione diretta dei bisogni e delle aspettative del territorio;
  • un sistema contrattuale integrativo, nazionale regionale e d’istituto, volutamente squilibrato e sostanzialmente ostile alla funzione dirigenziale.
Nelle conclusioni dell’articolo le proposte di miglioramento per conseguire risultati in linea con i più avanzati sistemi scolastici in ambito OCSE.
L’autonomia … non deve riportare, a livello regionale, un modello gestionale governato dalle convenienze e dai facili consensi: serve una forte iniezione di responsabilità nei confronti degli utenti della scuola e dei bisogni più generali del Paese. … Occorre che il dibattito sull’autonomia sappia innalzarsi di livello dallo scontro al confronto serio e diventi l’occasione per riaprire il dibattito anche sull’autonomia delle scuole, tenendo fermi i due principi fondamentali della responsabilità e della rendicontazione sociale. Il sistema attuale non garantisce né parità di diritti, né parità d’opportunità per il successo formativo: dobbiamo fare in modo che si torni a discutere di una governance coerente con la sussidiarietà e con l’autonomia e che si riproponga all’attenzione un’innovazione didattica legata ai contesti territoriali, un reclutamento del personale che esca dagli attuali meccanismi opachi e venga affidato alla responsabilità delle scuole, in modo da poter valorizzare nei fatti le reali competenze del personale quale risposta alla domanda di formazione. Il tema della regionalizzazione … va affrontato pertanto senza pregiudizi, alla ricerca delle soluzioni migliori per la qualità dell’istruzione e come sforzo collettivo per far uscire il sistema dell’istruzione da una situazione di appannamento che può essere superata solo col coraggio di tentare vie nuove e di verificare alla prova dei fatti i risultati che si intendono raggiungere.

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