I manager si sono guadagnati un ruolo centrale per la realizzazione del PNRR
Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza deve rappresentare una doppia occasione
Mario Mantovani
Presidente CIDA
Da un lato la chiusura di un periodo difficile, segnato dalla pandemia, da un profondo cambiamento delle nostre abitudini quotidiane, da una recessione che ha quasi messo in ginocchio la nostra economia; e dall’altro l’inizio di una nuova fase, all'insegna delle riforme attese da anni e di ingenti investimenti resi possibili dai fondi del Recovery Fund. Insomma, un ‘voltar pagina’ non solo metaforico, ma sostanziale, in cui un impegno collettivo possa portare a una rinascita del Paese.
In tutto ciò i manager costituiscono una presenza costante. Ci sono stati nella fase difficile, rivedendo in pochissimo tempo l’organizzazione del lavoro tramite lo Smart Working e la didattica a distanza, sacrificandosi nelle corsie degli ospedali, garantendo la logistica per rifornire mercati e supermercati. Un impegno in cui la pur necessaria abnegazione non sarebbe bastata senza la competenza e la capacità di dare risposte veloci a una crisi inedita. I manager, inoltre, ci saranno anche nell’utilizzo dei fondi del PNRR, per garantire l’uso ottimale delle risorse.
È evidente che al decisore politico sono indispensabili l’esperienza, le competenze e il saper fare dei manager, per progettare e realizzare gli investimenti in sinergia tra pubblico e privato.
Ci sono le premesse politiche e di governance affinché il PNRR possa essere realizzato al meglio, e c’è, nel Paese, un’aria diversa, di speranza e di ottimismo.
Oggi esiste una possibilità, una visione differente, c'è una concreta opportunità per cambiare volto al nostro Paese. Di questa ‘visione’ i manager sono parte integrante, è quella ‘resilienza’ di cui abbiamo dato subito prova, già alla prima riapertura nel maggio del 2020, rappresentata anche dalla bellissima iniziativa chiamata ‘Maratona con i manager’, per dire e testimoniare che i dirigenti c’erano, si erano rimboccati le maniche e avevano reagito alla pandemia e alle sue conseguenze sull’economia.
Abbiamo seguito attentamente le varie fasi di sviluppo del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ci siamo concentrati soprattutto sulla governance, consapevoli di come il successo di qualunque piano dipenda dalle persone, dal modo in cui sono organizzate.
Siamo confidenti che la governance messa a punto da questo Governo sia in grado di far funzionare il processo: dalle cabine di regia, all’unità di missione. I manager sono presenti in questo processo, siamo stati coinvolti, abbiamo un'interlocuzione con il decisore politico. Certo con qualche difficoltà, perché è chiaro che siamo un soggetto diverso dagli altri ‘attori sociali’: meno inquadrato, meno capace di avere un potere di interdizione. Ma, per la verità, è proprio quello che non vogliamo, non vogliamo rivendicare delle posizioni preconcette, vogliamo contribuire a risolvere i problemi.
Un esempio di questo nostro essere disponibili e costruttivi nel confronto con la politica, è rappresentato dal ‘Tavolo del partenariato sociale ed economico’ – al quale partecipiamo insieme alle principali organizzazioni e forze sociali – che è destinato a durare per tutto il periodo del Piano, quindi fino al 2026. Una sede istituzionale nella quale i manager di CIDA porteranno idee e progetti concreti. Abbiamo costituito appositi gruppi di lavoro per dare un apporto sostanziale ai progetti del PNRR. Inoltre, i nostri manager partecipano ad altri gruppi di lavoro presso il Cnel, interfacciandosi con i ministeri titolari dei progetti e collaborando alla loro realizzazione. Quindi, con queste nostre presenze, abbiamo la possibilità di manifestare le nostre idee, ma soprattutto possiamo dar vita a una reale collaborazione con le altre organizzazioni presenti al Tavolo: questa sussidiarietà, anche orizzontale, è fondamentale per il nostro Paese, perché ognuno deve fare la sua parte.
Nei confronti del PNRR, abbiamo quindi ottenuto di avere una partecipazione attiva nei tavoli in cui si progetta il futuro del nostro Paese, sia per sfruttare al massimo le risorse del Piano, sia per evitarne i rischi impliciti. Infatti, anche per l'impianto europeo del Next Generation EU, la maggior parte delle risorse vanno a settori come le costruzioni e la manifattura. Certamente dobbiamo rafforzare le infrastrutture fisiche del nostro Paese, ma c’è il rischio che tanto denaro riversato sul settore delle costruzioni, in particolare, non riesca a raggiungere gli obiettivi finali per diverse ragioni. La prima è quella di tipo regolamentare, normativo: progetti anche validi ma difficili da realizzare per concorsi di competenze, sovrapposizioni, ritardi, autorizzazioni. Serve un messaggio forte: o si semplifica il percorso amministrativo oppure quei progetti non si realizzeranno e le risorse, ricordiamolo, non arriveranno o – peggio ancora – dovranno essere restituite. Anche l'incremento straordinario dei volumi del manifatturiero suscita qualche allarme, con ricadute negative sulle filiere logistiche che mostrano già segnali di surriscaldamento. Non vorremmo che si trascurassero quei settori del terziario avanzato dove c’è qualità e innovazione. Penso, per esempio, a quelle ‘autostrade digitali’ che per funzioni, competenze e possibilità di sviluppo, hanno la capacità di trasformare gli investimenti del PNRR in una crescita stabile e sostenibile nel tempo.