Dopo il virus, alla ricerca del virus

Se c’è una cosa che questa pandemia ha messo in perfetta evidenza è l’impreparazione. Non solo dell’Italia, neppure della sola Europa: un’impreparazione generale, di tutto il mondo.

Antonio Dentato 

Componente Sezione Pensionati Assidifer-Federmanager
Prevenire la diffusione di nuove infezioni è un dovere ineludibile della politica; ora, mentre non è ancora stato sconfitto questo nemico subdolo che mentre scompare riemerge all’improvviso. In questa consapevolezza i Paesi UE, tutti, dovrebbero valorizzare il principio della comune solidarietà, superando l’egoismo del “confinamento nazionale”. Solidarietà nel quadro di un’azione condivisa di un maggior sostegno finanziario alla ricerca scientifica, nel quadro del rilancio dell’economia e dell’integrazione comunitaria.

Intanto ricerchiamo insegnamenti che ci orientino nelle incertezze che stiamo vivendo e ci facciano comprendere il senso delle sfide cui siamo confrontati.

Abbiamo dovuto cliccare sul tasto “pausa” in molte attività della nostra vita. Una pausa lunga che non è del tutto finita. Intanto abbiamo svolto riflessioni sui grandi cambiamenti intervenuti nel passato in conseguenza di eventi simili, e sperimentiamo soluzioni eccezionali nella vita economica, sociale, culturale, individuale, ecc. che pongono l’interrogativo: se e come queste esperienze potrebbero diventare permanenti, via via che si riduce il sistema di “confinamento”. Altre riflessioni potrebbero aggiungersi. Qui ne proponiamo qualcuna. 

La protezione dell’ambiente 

Non illudiamoci: da più parti ci dicono che questa pandemia potrebbe non esser l’ultima. Nel corso di quest’ultimo secolo, il genere umano è diventato più vulnerabile, più sensibile alla loro diffusione. Sette miliardi e mezzo di persone che si muovono nel mondo costituiscono potenziali veicoli di contagio, vista la disponibilità di mezzi di trasporto veloci, per cielo, per terra e per mare. E il riscaldamento globale potrebbe portare altre pandemie, come da sempre segnala il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico [Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)]. A sua volta, e da anni, la Banca mondiale sollecita i Paesi, anche i meglio preparati, a tenere disponibili risorse rilevanti per rispondere all’insorgenza di epidemie. Ha detto che “la questione non è di conoscere “se” ma piuttosto “quando” essi saranno colpiti da una pandemia”. (Facile profezia se si legge la storia delle improvvise insorgenze e diffusioni epidemiche nel corso dei secoli). La pandemia la stiamo vivendo, ora. E, d’altra parte, parecchi studi diffusi in questi mesi esplorano il rapporto tra livello di inquinamento e letalità determinata dal Covid-19. Altri segnalano i rischi derivanti dallo scioglimento dei ghiacciai e dallo scongelamento del permafrost: potrebbero riemergere pericolosi virus sconosciuti, da tempo sepolti. La politica non può esimersi dal tenerne conto: deve fare scelte chiare e definitive in difesa dell’ambiente. A livello UE questo significa assumere impegni forti a sostegno del programma europeo (European Green Deal) volto a promuovere l'uso efficiente delle risorse, passando a un'economia pulita e circolare, ripristinare la biodiversità e ridurre l'inquinamento. 

La ricerca scientifica

L’argomento è strettamente legato al precedente. Piero Angela, nella prefazione al libro di Barbara Gallavotti “Le grandi epidemie come difendersi” - Donzelli ed. 2019 -, richiama le “tragedie avvenute ovunque nel mondo quando l’umanità era inerme di fronte a questi flagelli” …e segnala “come la ricerca scientifica sia finalmente riuscita a trovare le armi efficaci per combattere questa guerra: in particolare i vaccini e gli antibiotici”. 

E l’autrice del libro (nota come biologa di Superquark e di altre trasmissioni televisive), per parte sua, conclude che potremo difenderci dagli agenti infettivi “solo se non abbasseremo mai la guardia, se sapremo essere uniti, se non lasceremo nessuno in balìa delle malattie, e se useremo bene le armi a nostra disposizione, dai farmaci alle capacità di ricerca avanzata. Altrimenti, «loro» vinceranno ancora molte battaglie, se non la guerra”.
Sono concetti e valutazioni che si collegano del tutto alla politica dell’UE che da anni punta all’obiettivo di spesa nazionale per la ricerca del 3% del PIL, purtroppo, finora, raggiunto solo da pochi Paesi dell’Unione (V. grafico). La Commissione europea già da gennaio scorso, nell’ambito del Programma UE del sistema di finanziamento integrato destinato alle attività di ricerca (Horizon 2020), ha lanciato una richiesta di manifestazioni di interesse per progetti di ricerca finalizzati a migliorare la comprensione dell’epidemia di coronavirus in corso, a contribuire a una gestione clinica più efficiente dei pazienti infetti e a migliorare la preparazione e la risposta alle emergenze di sanità pubblica. Obiettivo che richiede un’azione corale, europea, cui deve corrispondere un tour de force di singoli Stati, per recuperare, con adeguati finanziamenti, ritardi accumulati in ricerca. Spiegano gli esperti che la ricerca è un campo dove ogni progresso non è mai un risultato definitivo, ma solo l’ultimo traguardo conquistato, dal quale riprendere per andare oltre, per continuare verso nuove ricerche. 

A nessuno sfugge quanto sia importante poter avanzare con test diagnostici, individuali e di massa; mettere a punto modelli matematici previsionali, in rapporto ai diversi scenari che possono presentarsi e con riferimento alle condizioni sociali, economiche e culturali in cui le epidemie si possono presentare. A questo riguardo dobbiamo riconoscere che l’Italia si sta ponendo sulla buona strada. Già con la Legge di Bilancio 2020 è stata potenziata la ricerca svolta da università, enti e istituti di ricerca pubblici e privati; ora, con il decreto “Rilancio” (D.L. 19 maggio 2020, n. 34) sono disposte altre misure a favore di innovazioni e ricerche, di sostegno al trasferimento tecnologico tra il mondo della ricerca e quello produttivo. Basterà tutto questo? Lo diranno i fatti. Intanto la scienza ci orienta. Dice: “Se riteniamo che la salute umana sia un bene primario, universale, non possiamo più permetterci di considerarla avulsa da quella del pianeta […]". (Cfr. Ilaria Capua, Il dopo: Il virus che ci ha costretto a cambiare mappa mentale - Italian Ed. Kindle, Mondadori,2020).    

Il rilancio dell’economia

Oltre alle politiche di finanziamento di vigorosi piani d’investimenti pubblici per lo sviluppo delle infrastrutture strategiche; di protezione della capacità di spesa delle famiglie; di misure volte ad assicurare il lavoro e la sopravvivenza delle aziende, come spiega l’Ocse, non secondaria al rilancio dell’economia, sarà anche la spinta che può venire dalla domanda dei privati cittadini. 
Ci pare adeguata alla situazione attuale una frase dello scienziato e filosofo francese Blaise Pascal (Pensées): “Tutta l'infelicità degli uomini proviene da una cosa sola: dal non saper restare tranquilli in una camera”. È come dire che la natura dell’uomo volge verso l’azione, ad andare verso l’esterno, non a rinchiudersi in una stanza, autosegregarsi, a isolarsi. Perché l’uomo è portato a stare in compagnia, a socializzare. E, pertanto, passato il tempo della paura, è facile immaginare che la gente, giorno dopo giorno, vorrà recuperare il tempo perduto. Magari prendersi qualche svago, ricominciare a fare acquisti, frequentare luoghi di cultura, ecc. Ovviamente con il dovuto “distanziamento sociale”. Tutto dipenderà, è comprensibile, dal potere d’acquisto di ciascuno; perché in primo piano va messo anche il fatto che, nel frattempo, molti hanno visto ridursi notevolmente i loro redditi. Le fragilità sono emerse con maggiore evidenza, le disuguaglianze si sono aggravate, anche fra le economie degli Stati, dove solo la solidarietà condivisa può costituire la leva per un nuovo sviluppo. (Per il periodo 2021-24, la proposta Next Generation Eu dalla Commissione di Bruxelles,  per finanziamenti pari a 750 miliardi  mediante il Recovery fund, se approvata, va in questa direzione).   L’economia, comunque, non sarà più quella di prima. L’economia non sarà più quella di prima. La ripresa della vita ordinaria risentirà profondamente delle sperimentazioni di massa attuate nel campo della produzione, dell’uso di strumenti digitali. A cominciare, ad esempio, dalle attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza: lavoro (smart working), istruzione a distanza (distance learning). Tutta la filiera del commercio e della logistica non mancherà di valorizzare la diffusa sperimentazione di acquisti online. Tutte modalità di comportamenti che influenzeranno la ripresa economica e modificheranno molti aspetti della nostra organizzazione di vita. Da valutarne l’impatto positivo o negativo che sia, a livello individuale, familiare, sociale. 

Conclusione

Rivolgiamo un reverente saluto alla memoria di medici, personale sanitario e di assistenza, che ci hanno rimesso la vita combattendo la battaglia nelle trincee degli ospedali e negli altri luoghi di cura. Fra qualche tempo, forse, una lapide tramanderà i loro nomi alle future generazioni. Dirà che sono stati eroi. Tali sono stati per le condizioni difficili in cui hanno operato. Eroi sono anche quelli che ce l’hanno fatta e continuano testimoniare con il loro impegno che cosa è la solidarietà umana. In concreto. Ma noi vogliamo che il sacrificio di tanta umanità non resti ricordo percorso dall’abusata ripetuta retorica; e che, invece, sia fermento politico per un nuovo programma di prevenzione; che il nostro Paese, come tutto il mondo, non abbia bisogno di “eroi", e si trovi pronto e attrezzato con piani e strumenti di pronto intervento per futuri eventi gravi e improvvisi. In concreto, non solo sulla carta.

Intanto ricerchiamo un insegnamento che ci indichi entro quale ambito possiamo ricomprendere la vicenda dei nostri giorni, a come possiamo dare un senso ai mutamenti rapidi nelle decisioni politiche, a tecnologie innovative che stanno cambiando le nostre abitudini di vita, a comportamenti sociali in costante evoluzione. Indipendentemente dalla cultura politica cui aderiamo e dalla fede religiosa praticata, proponiamo quello, tra gli insegnamenti, che ci appare più fertile a spiegare questo tempo d’incertezze: “Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca. Le situazioni che viviamo oggi pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere. Questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli”. (Papa Francesco, 10 novembre 2015). 
Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in formato pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013