L’altro nome della TAV: infrastruttura transeuropea, non baruffa chiozzotta
Dopo la firma, lo scorso 23 marzo, del “Memorandum” Italia-Cina che proietta i rapporti commerciali dell’Italia a livello globale, vi sono elementi per superare la condizione di stallo in cui si trova ora il progetto di collegamento ferroviario internazionale Torino-Lione.. Il Mediterraneo costituisce, ormai, il bacino privilegiato dei corridoi commerciali (via terra, via mare e uno anche aereo) che il nuovo progetto di rete transcontinentale Europa, Asia e Africa intende sviluppare attraverso reti ferroviarie, autostrade, rotte navali e facilitazioni doganali. Nel Mediterraneo svolge un ruolo centrale l’Italia. La politica è chiamata a decidere in coerenza con gli impegni assunti.
Antonio Dentato
Si discute da anni di un opera il cui acronimo non la identifica. Perché la TAV o il TAV non è un appendice del famoso progetto per l’Alta Velocità (AV), concepito già negli anni settanta in Italia, per la circolazione di treni a 180-200 km/h, né TAV può essere l’acronimo attribuito alla Nuova Linea Torino–Lione che è, appunto: NL-TL. Parlare di TAV, dunque, significa parlare di una cosa che non esiste. Ma più di tutto - e questo non è molto confortante - sembra che non esista l’esatta conoscenza dell’argomento. A sentirli, quelli che ne discutono, danno l’impressione che ne sappiano poco o niente. Attenzione: stiamo parlando d’impressione. Ma la sensazione è questa: nel dibattito mancano riferimenti alle caratteristiche di un progetto di collegamento ferroviario cui l’Unione europea, da anni, ha assegnato una funzione che non è nazionale, ma europea.
Una infrastruttura che si voleva fare a nord delle Alpi
Cominciamo dall’inizio. Con la caduta del muro di Berlino (1989), mentre nell’Est Europa cominciava la “transizione” (trasformazione da economia pianificata a economia di mercato), il più gettonato era il progetto di un corridoio che passasse al nord delle Alpi. Si partiva da una considerazione opportunistica: in quelle aree geografiche, gli operatori stradali sarebbero stati in grado di reagire più rapidamente alle esigenze di rilancio dei nuovi mercati. A sostegno, nei convegni di economia dei trasporti, molti studiosi elencavano anche le difficoltà di reperire finanziamenti per adeguare alla rete dei Paesi occidentali le infrastrutture ferroviarie di quelli appartenenti ai Paesi dell’Europa Centrale e Orientale (PECO) (differente “scartamento” dei binari, differente alimentazione della trazione, ecc.). (Cfr. Quelles politiques de transport pour accompagner la transition? Europe centrale et orientale, Séminaire de Barbizon, 1991). Meglio un nuovo collegamento a nord, meglio la strada !
Fortemente contrastato era, pertanto, il compito di quelle parti della politica e di studiosi che, nel contempo, si opponevano allo sviluppo delle attività di trasporto affidato alla sola regola del profitto, perché – sostenevano - questo avrebbe avvantaggiato solo le regioni più ricche e dotate di maggiori risorse finanziarie.
Il progetto NL-TL diventa una delle 9 priorità del Consiglio Europeo di Essen, 9-10 dicembre 1994
Dal 1985 al 1995, per 10 anni, la Commissione europea fu presieduta ininterrottamente dal francese Jacques Delors. Erano gli anni in cui si andava costruendo l'Unione europea. Mercato Unico Europeo e integrazione erano progetti che guardavano ad una nuova dimensione spaziale. Dopo la caduta del muro, il riassetto del territorio europeo assunse un importanza cruciale per gli insediamenti urbani, i siti produttivi e, soprattutto, per una più equa distribuzione delle ricchezze.
Fra le decisioni del Consiglio di Essen: un elenco di 14 progetti prioritari nel settore dei trasporti e dell'energia. Al n. 6 dell’elenco: il Treno ad alta velocità/trasporto combinato Francia - Italia (F/I): Lione – Torino - Milano - Venezia – Trieste. Poi ridefinito, per importanza strategica, fra i 9 progetti prioritari. Obiettivo della grande Rete trans europea dei trasporti (TEN-T): consolidare gli assi forti Nord-Sud dei territori non integrati del Sud e quelli dell’Est, entrati nella nuova dimensione europea. Gli Stati furono incaricati, tutti, in comunione d’intenti, di rendere equa la redistribuzione delle opportunità tra i popoli dell’Unione. I governi italiani, che in quegli anni ebbero una successione rapida, convennero, comunque, sulla necessità che l’Italia non fosse esclusa dal progetto della grande Rete europea. L’alternativa sarebbe stata il corridoio a nord delle Alpi: Svizzera– Germania – Austria, per innestarsi sul corridoio che porta a Budapest. Un’ ipotesi cui guardavano con attenzione non pochi nel nord Europa. Ipotesi mai accantonata del tutto, nel caso l’Italia decidesse di non proseguire nel progetto.
Ma, allora, la politica internazionale vi si oppose. Con il sostegno dei Paesi circonvicini, il collegamento ferroviario Lione–Torino, in quanto asse fondamentale dell’intera Rete trans-europea dei trasporti, fu scelto perché svolgesse il suo ruolo di cerniera dagli interscambi Est-Ovest. Per l’Italia i traffici di transito avrebbero assicurato nuovi introiti e, soprattutto, avrebbero catalizzato investimenti a sostegno della mobilità sostenibile. L’opera fu concepita, infatti, in funzione delle politiche di governance del territorio: programmare insediamenti urbani, localizzazioni di poli industriali, commerciali, interporti, piattaforme logistiche, interconnessioni locali e intermodali. A ripercorrere l’iter formativo del progetto, si scopre che è questa la matrice cui va riferito il progetto NL-TL (impropriamente “TAV”) di cui si dibatte.
La complessità delle analisi
Sette analisi costi/benefici (ma forse ne sono otto, e anche nove, con giudizi positivi sull’opera) hanno preceduto la legge di ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra Italia e Francia “per l'avvio dei lavori definitivi della sezione transfrontaliera della nuova linea ferroviaria Torino-Lione” (L. 5 gennaio 2017, n. 1); la cassa dell’Unione europea è coinvolta nel finanziamento (Art. 170 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea).
Un giudizio opposto però viene dalla nuova “Analisi costi-benefici” consegnata al governo l’11 Febbraio 2019. Negativo. Opera troppo costosa. Con qualche dubbio. Perché nella “Relazione tecnico-giuridica” allegata all’analisi si legge: «I molteplici profili evidenziati non consentono di determinare in maniera netta i costi in caso di scioglimento». Non fare l’opera comporterebbe da 1,7 miliardi a 3,9 euro. Una forchetta che non consente decisioni incontestabili. E non consentono decisioni certe neppure le previsioni di traffico. Previsioni difficili, visto che le proiezioni guardano a un orizzonte temporale lungo e a movimenti di persone e merci su un corridoio (n.5) di centinaia di chilometri, che percorre territori di diversi Paesi. Non per questo vanno sottovalutate. Come non vanno trascurate, tuttavia, neppure altre valutazioni. A livello internazionale, altri studi segnalano, ad es. che la maggior parte dei paesi europei ritengono strategico il “Freight Rail Great Axis Scandinavia-Rhine-Rhone-Western Mediterranean” che passa per Lione. Centro di confluenza con la linea ferroviaria Torino-Lione: senza questo collegamento l’Italia verrebbe esclusa dai futuri commerci che interesseranno il corridoio che va dal Nord-Africa all’Asia attraversando tutta l’Europa. (Cfr. Concept of the Freight Rail Great Axis Scandinavia-Rhine-Rhone-Western Mediterranean). In effetti - aspetto di primaria importanza - è l’incrocio dei corridoi di traffico sull’intero territorio europeo che fa la differenza, sempre che le infrastrutture abbiano le medesime caratteristiche tecniche d’interoperabilità.
La rete transcontinentale
Si può condividere o non l’analisi che propone di non fare la Torino-Lione, in ragione del suo costo. Ma non è più su questo, a nostro avviso, che ora bisogna ragionare: vi sono fatti nuovi che impongono nuove valutazioni. Riguardano l’Europa, l’economia globale, e quindi l’Italia.
L’Europa. Nuovi rapporti si stanno intrecciando tra l’Europa e Paesi orientali. Il riferimento è al maxi-progetto per la connessione infrastrutturale di tre continenti, detto “la Via della seta”. Il nostro continente si collegherà in maniera più efficiente con la Cina e con 152 paesi aderenti, compresi quelli orientali, in forte espansione economica.
La politica globale. In funzione di questo progetto, fra i Paesi più forti d’ Europa si stanno saldando velocemente nuove intese commerciali. Germania e Francia puntano alla realizzazione di un sistema produttivo, trainante a livello intercontinentale, che investa tutta la politica economica europea.
L’Italia può restare a guardare? Già il governo precedente a quello attualmente in carica aveva manifestato interesse alla nuova strategia di politiche economiche intercontinentali (V. partecipazione dell’Italia al primo Forum della Belt and road iniziative, maggio 2017). E, ora, giustamente, anche il nuovo governo focalizza l’attenzione sull’ampliamento dei rapporti commerciali Asia-Europa.
Il “Memorandum” Italia-Cina
La prova è nella firma, il 23 marzo 2019, del “Memorandum” Italia-Cina. Il governo italiano ha dichiarato che l’'intesa politica con la Cina costituisce un’opportunità commerciale per il nostro Paese. E’ un’intesa – ha detto - che aiuta le aziende italiane a crescere ed esportare all'estero (Ansa 16 marzo 2019). Una linea politica riconfermata nel secondo forum sulla “Via della seta” svoltosi a Pechino (26-29 aprile 2019), dove è stato ripreso “il fruttuoso dialogo avviato a Roma con il Presidente Xi Jinping sui numerosi temi di comune interesse” (Ansa, 26 aprile 2019). Si tratta del piano infrastrutturale di connessione tra Asia, Africa ed Europa. Di questo fa parte il progetto di corridoi infrastrutturali multimodali terrestri e marittimi in cui le ferrovie ed i porti del Mediterraneo svolgeranno un ruolo essenziale per l’accesso al grande mercato europeo dei Paesi del centro nord e dei Paesi dell’Est.
Coerenza di una linea politica
Non sono affermazioni di circostanza. Siamo portati ad escluderlo. Ci basiamo sui documenti. E portano la firma del governo. Nel “Memorandum” è detto che i due Paesi (Italia e Cina) esprimono il loro “interesse a sviluppare sinergie tra l’iniziativa «Belt and Road» il sistema italiano di trasporti ed infrastrutture, quali, ad esempio, strade, ferrovie, ponti, aviazione civile e porti- e le Reti di Trasporto Trans-europee (TEN-T)”-. E i progetti (TEN-T) sono quelli approvati nel Consiglio europeo di Essen, 9-10 dicembre 1994 (v. sopra). Di cui il progetto indicato al n. 6 è il collegamento Torino–Lione con prosecuzione sul territorio italiano fino a Trieste. La Torino-Lione ritrova, dunque, una nuova collocazione strategica: non spezzone del collegamento ferroviario Italia-Francia (come malamente taluni si sforzano di far apparire), ma come parte integrante di quella Rete transeuropea proiettata, ormai, come Rete al servizio del traffico globale.
Aver firmato il “Memorandum”, con le specificazioni appena evidenziate, ha voluto significare una inequivocabile sterzata rispetto a sospensioni che fin ora hanno frenato i lavori della Torino-Lione. Ha voluto significare, a nostro avviso, impegno serio del Governo italiano per un progetto strategico a valenza mondiale. Specialmente se, come più volte sottolineato, la realizzazione delle opere, richiamate nel “Memorandum”, avviene nell’ambito dei progetti UE.
Una scelta coerente, aggiungiamo ancora, con l’esigenza di tenere l’Italia agganciata all’Europa con la “maglia” della Rete ferroviaria europea passante sul nostro territorio. Esigenza che trova la sua ragion d’essere nella convenienza politica di rinsaldare, con opere certe e resistenti, lo stare insieme con gli altri Paesi che hanno sviluppato e che condividono gli stessi valori di civiltà e anche gli stessi interessi economici e sociali del nostro Paese.
Conclusioni
Da decenni partecipiamo al processo di convergenza tra gli Stati membri dell’Unione europea e tra le regioni degli stessi Stati membri; siamo ora nel mezzo di politiche che guardano a grandi corridoi a livello globale. L’Italia, per la sua posizione geografica, si avvia a diventare lo snodo centrale del corridoio Mediterraneo. “Per un Paese che non vuole mandare in fumo il vantaggio straordinario dovuto alla propria posizione geografica, è ancora possibile diventare il centro delle rotte commerciali che interessano l’Europa” dice il Presidente di Federmanager, Stefano Cuzzilla, (V. “Il nostro sì convinto alle infrastrutture” in questa Rivista 1° Febbraio 2019). Ancora una volta l’Italia è chiamata a fare sistema con i Paesi del Sud Europa.
Con il sostegno degli altri Paesi che si affacciano sul Mediterraneo: Grecia, Spagna, Malta, Cipro, Portogallo, Francia, l’Italia può riaffermare il suo ruolo di piattaforma territoriale strategica. Può recuperare terreno nei nuovi processi economici e restare protagonista nel rilancio dell’Europa: con questa ambizione, e con l’arricchimento di nuove prospettive di economia globale, l’Italia deve guardare ora con attenzione nuova agli obiettivi da cui è nato il progetto originario Torino - Lione (Nuova Linea Torino-Lione, il cui acronimo è NL-TL), erroneamente detto TAV.
Non è più tempo di ambiguità e incertezze. Uscire o restare nella rete del corridoio Mediterraneo; restare o non sulle rotte commerciali che attraversano l’Europa e i grandi corridoi modali, sono scelte che deve fare la politica. Ora. Con rispetto degli impegni assunti a livello internazionale.