Rieccoci con i tagli alla perequazione

Il governo penalizza, piuttosto che riconoscere il merito di chi ha lavorato una vita versando un capitale per la pensione.

Michele Carugi

Socio ALDAI, Consigliere Federmanager e componente del Comitato di Redazione Dirigenti Industria
Era prevedibile che il governo si accingesse a tagliare per il terzo anno consecutivo la rivalutazione delle pensioni più alte, utilizzandola come fosse un provento fiscale egualmente alimentato da tutti i redditi di pari entità, anche se non previdenziali.

Giorgia Meloni non ha avuto vergogna di tagliare la rivalutazione a fronte di inflazione in doppia cifra nel 2022, figuriamoci se avrà un rigurgito di onestà intellettuale, previdenziale e costituzionale in un anno di inflazione più ridotta.

Se alla totale assenza di pudore da parte del governo nell'usare i contributi previdenziali come bancomat e trasformare il sistema che dovrebbe essere previdenziale, in un calderone dove l'assistenza sociale viene messa a carico solo di un po' di pensionati, si somma l'inerzia dei disillusi tartassati a dar luogo a proteste eclatanti, il gioco è fatto: si può taglieggiare ogni anno senza resistenze e questo si ripeterà puntualmente anche con questa finanziaria. I tartassati non vanno mai oltre convegni per pochi, ripetizioni di analisi arcinote e lamenti. Non solo il governo è un lupo, ma anche i pensionati sono pecore.

Detto ciò, quello che invece stupisce è che si perseveri nel citare l'orrido termine "pensioni d'oro", termine falso creato ad arte anni fa con lo scopo di attirare livore nei confronti dei pensionati più abbienti e organizzarlo per avere maggior consenso pubblico ai tagli che li hanno colpiti per 25 anni senza interruzioni.

Un'operazione fake su larga scala orchestrata da politici e media di tutte le estrazioni, nella quale l'importo della pensione, avulso da qualsiasi considerazione su come si sia generato, quanti contributi lo sostengano, se possa fungere da bancomat discrezionale per la sola ragione di essere pensione e non reddito altro, è diventato un marchio quasi d'infamia. L'intento del termine è quello di additare i percettori di pensioni più alte come ladri, approfittatori, vampiri che succhiano la linfa vitale degli altri.

Nulla contano i contributi versati, il riconoscimento dei meriti da parte delle imprese, l'impegno negli studi e nel lavoro per costruire valore economico e sociale. Il governo ribalta le logiche meritocratiche, disconosce i diritti acquisiti e taglieggia i meritevoli per acquisire consenso numerico, perdendo quello qualitativo, che alla lunga peserà sul bilancio del Paese, perché chi vorrà realizzare le proprie aspirazioni e assicurarsi un futuro lo farà altrove.

Nell'era della comunicazione senza controllo, nella quale le affermazioni sparate sui media non necessitano di essere supportate da dati perché sono credute comunque, nella quale le analisi logiche sono sostituite dai like e dalla viralità, appioppare un termine malevolo a una categoria è un'operazione facile e di sicuro successo, dato che gli odiatori sono sempre in vigile attesa.

E il limite delle "pensioni d'oro" nel frattempo è sceso a 4 volte il minimo. meditate, gente, meditate.

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