Magnificat per solisti e coro
Parlare di una generazione tutta milanese che ha condiviso impegno, speranze, illusioni per un cambiamento epocale, con il privilegio di aver vissuto in prima persona la trama multiforme di un tappeto che immaginava straordinario, vuol dire anche interrogarsi più in generale sull’incanto del nuovo culturale, politico, sociale dell’immediato dopoguerra e le riflessioni, soprattutto critiche, che ne sono seguite.
Patrizia Consolo
1950-1980 Diario critico di noi e di loro
Edizioni Clichy
pagine 137 - euro 12,00
Qualche anno fa, nella pagina della cultura del Corriere della Sera, Alberto Bevilacqua ricordava come “ci sono libri che valgono per un titolo che definisce il loro contenuto con un’esattezza implacabile”: quello di Patrizia Consolo è molto di più, una sorta di “heri dicebamus” che riprende il grande paradigma di storia, politica, arte, cultura e ambiente. Un esercizio non solo di stile, perché questi argomenti frantumati ma presenti alla memoria possono suscitare un po’ di invidia per aver avuto a portata di mano tanto mondo che non stava alla finestra, parlava chiaro, si confrontava anche con asprezza e ricercava un futuro marcato da solidarietà ed etica civile.
Un periodo in cui la “politica pop” non era ancora un’espressione utilizzata nel linguaggio comune per definire il fenomeno della popolarizzazione dell’informazione e della comunicazione politica attraverso forme di spettacolarizzazione e personalizzazione di cui i media sono i motori, ma di cui i politici sono entusiasti attori, spesse volte con il ruolo di mere comparse.
Forse per questo l’autrice richiama la memoria di un redattore del Corriere della Sera, Luciano Magrini che uscì da via Solferino nel novembre del 1925 in seguito alla estromissione dei fratelli Albertini insieme ad Einaudi, Emanuel e Parri. Magrini, repubblicano, dopo la Liberazione fu deputato alla Costituente, redattore della Voce Repubblicana, sottosegretario al Ministero del Lavoro.
Nella sua introduzione, lo storico e politologo Giorgio Galli sottolinea il valore aneddotico del volume dell’autrice ma anche quello di una storia dal basso, della quasi quotidianità, ricca di eventi e di riflessioni; quella di un periodo cruciale per il quale l’economista Jean Fourastié ha coniato la definizione di “ Trenta Gloriosi” prendendo spunto dalle “Tre Gloriose”, le ultime tre giornate del luglio 1830 nelle quali fu rovesciata la monarchia borbonica e il ramo Orléans chiuse la restaurazione e risvegliò la Francia.
Un libro che non vuole indurre a nostalgia e accompagna l’autrice in una sorta di caleidoscopio fotografico che ricostruisce puntualmente, senza protagonismi, la realtà di un movimento collettivo di sinistra nato in quegli anni. Un trentennio di crescita del turbo-capitalismo, sino alla globalizzazione, e della sua massima convergenza con la democrazia rappresentativa, con l’affermarsi del welfare e la diffusione di un relativo benessere del quale la Consolo coglie acutamente le conseguenze sul piano politico, culturale e degli stili di vita.
Questa nuova opera si caratterizza anche per la nitidezza dei ricordi che nulla concede all’improvvisazione, con accostamenti intriganti alla vita familiare e ai compagni di viaggio. Balza evidente l’interesse per la storia politica del nostro Paese e della nostra città che cattura l’attenzione del lettore sin dalle prime battute e ci introduce subito in un mondo tanto lontano ma ancora ricco di richiami storici. Un modello di testimonianza, un saggio che si segnala per l’estrema cura della ricostruzione. Un libro che si fa leggere come un romanzo, ma che ha la solidità di una rigorosa indagine prospettica che potrà indurre a spingere il pensiero oltre l’evidenza nel ricomporsi di una complicata navigazione. E varrà ancora la pena di leggere queste pagine che così riccamente attestano impegno e passione nutrita di cultura.
Un libro colto di agevole lettura che non indulge allo snobismo e alla prosopopea per ritrovare e ritrovarsi magari con un pizzico di rimpianto.
1950-1980 Diario critico di noi e di loro
Edizioni Clichy
pagine 137 - euro 12,00
Qualche anno fa, nella pagina della cultura del Corriere della Sera, Alberto Bevilacqua ricordava come “ci sono libri che valgono per un titolo che definisce il loro contenuto con un’esattezza implacabile”: quello di Patrizia Consolo è molto di più, una sorta di “heri dicebamus” che riprende il grande paradigma di storia, politica, arte, cultura e ambiente. Un esercizio non solo di stile, perché questi argomenti frantumati ma presenti alla memoria possono suscitare un po’ di invidia per aver avuto a portata di mano tanto mondo che non stava alla finestra, parlava chiaro, si confrontava anche con asprezza e ricercava un futuro marcato da solidarietà ed etica civile.
Un periodo in cui la “politica pop” non era ancora un’espressione utilizzata nel linguaggio comune per definire il fenomeno della popolarizzazione dell’informazione e della comunicazione politica attraverso forme di spettacolarizzazione e personalizzazione di cui i media sono i motori, ma di cui i politici sono entusiasti attori, spesse volte con il ruolo di mere comparse.
Forse per questo l’autrice richiama la memoria di un redattore del Corriere della Sera, Luciano Magrini che uscì da via Solferino nel novembre del 1925 in seguito alla estromissione dei fratelli Albertini insieme ad Einaudi, Emanuel e Parri. Magrini, repubblicano, dopo la Liberazione fu deputato alla Costituente, redattore della Voce Repubblicana, sottosegretario al Ministero del Lavoro.
Nella sua introduzione, lo storico e politologo Giorgio Galli sottolinea il valore aneddotico del volume dell’autrice ma anche quello di una storia dal basso, della quasi quotidianità, ricca di eventi e di riflessioni; quella di un periodo cruciale per il quale l’economista Jean Fourastié ha coniato la definizione di “ Trenta Gloriosi” prendendo spunto dalle “Tre Gloriose”, le ultime tre giornate del luglio 1830 nelle quali fu rovesciata la monarchia borbonica e il ramo Orléans chiuse la restaurazione e risvegliò la Francia.
Un libro che non vuole indurre a nostalgia e accompagna l’autrice in una sorta di caleidoscopio fotografico che ricostruisce puntualmente, senza protagonismi, la realtà di un movimento collettivo di sinistra nato in quegli anni. Un trentennio di crescita del turbo-capitalismo, sino alla globalizzazione, e della sua massima convergenza con la democrazia rappresentativa, con l’affermarsi del welfare e la diffusione di un relativo benessere del quale la Consolo coglie acutamente le conseguenze sul piano politico, culturale e degli stili di vita.
Questa nuova opera si caratterizza anche per la nitidezza dei ricordi che nulla concede all’improvvisazione, con accostamenti intriganti alla vita familiare e ai compagni di viaggio. Balza evidente l’interesse per la storia politica del nostro Paese e della nostra città che cattura l’attenzione del lettore sin dalle prime battute e ci introduce subito in un mondo tanto lontano ma ancora ricco di richiami storici. Un modello di testimonianza, un saggio che si segnala per l’estrema cura della ricostruzione. Un libro che si fa leggere come un romanzo, ma che ha la solidità di una rigorosa indagine prospettica che potrà indurre a spingere il pensiero oltre l’evidenza nel ricomporsi di una complicata navigazione. E varrà ancora la pena di leggere queste pagine che così riccamente attestano impegno e passione nutrita di cultura.
Un libro colto di agevole lettura che non indulge allo snobismo e alla prosopopea per ritrovare e ritrovarsi magari con un pizzico di rimpianto.
Gianni Fossati
01 gennaio 2017