Storia economica della felicità

Fin dall’inizio l’autore si chiede se il progresso economico, scientifico e tecnologico, abbia portato a un aumento della felicità. Mentre è facile immedesimarsi nell’uomo degli ultimi secoli, conoscere il suo sviluppo, per i tempi antichissimi è necessario fare ipotesi. Come ipotesi possono esser fatte sul cambiamento che tutto ciò ha determinato per il concetto di felicità

Di Emanuele Felice
Edizioni Il Mulino - ottobre 2017
Pagine 356 - Prezzo 16 € 

Recensione a cura di Mario Garassino
Si afferma che la felicità non possa essere scissa da altri tre elementi: libertà (emancipazione dalle costrizioni materiali e da ostacoli dovuti ad altri, cioè libertà negativa), relazioni sociali e “senso della vita”.  Riferendosi alla riflessione illuministica sui diritti umani, la felicità è un diritto, o, meglio, tale è la ricerca della felicità. “The pursuit of happiness” della Dichiarazione di Indipendenza americana.
Si è spesso portati a pensare al progresso scientifico e tecnologico dal solo punto di vista economico (produttività, PIL), trascurando in parte il benessere umano, ma ora ciò è più difficile per la presenza di una società globalizzata. Il percorso dello sviluppo umano e il suo rapporto con la felicità occupano buona parte del libro. Qui se ne daranno solamente alcuni cenni.

Tre sono le rivoluzioni della storia umana. La prima è quella cognitiva dei cacciatori/raccoglitori, che viene denominata “Il giardino dell’Eden”; la seconda è la rivoluzione agricola “Valle di lacrime”, nella quale sono elaborate due concezioni opposte di felicità, una individuale e terrena, l’altra ultraterrena; la terza rivoluzione, “Città dell’uomo”, è quella industriale, che nasce dall’Illuminismo, in cui la felicità terrena e quella ultraterrena coesistono. In quest’ultimo periodo si sviluppano la civiltà del benessere materiale, le relazioni sociali e una nuova etica che fa riferimento all’uomo sia come essere singolo che come membro dalle società.
Ci si può chiedere se, nella storia umana e con le condizioni economiche che sono variate per lo sviluppo scientifico/tecnologico, la felicità sia aumentata o diminuita. Se “Il giardino dell’Eden” fosse meglio della “Valle di lacrime”. Sicuramente tutto è meglio durante e dopo la “Rivoluzione Industriale”. Ogni felicità è come una terra promessa. La felicità non si conquista, ma va coltivata.

Anche la vita di relazione va, dunque, coltivata, trovando un comune denominatore tra gli uomini.
Ciò porta anche a trovare una nuova “dimensione etica” che permetta la vita in comune di tutti e che non sia espressione di una religione. Il punto rimane calare questa dimensione nel contingente, e ciò dipende dall’uomo e dalla capacità di concepire un’etica non per forza permanente nel tempo, ma capace di adeguarsi ai suoi cambiamenti.
E la felicità? Anch’essa varia nel tempo, soddisfacendo i bisogni materiali e contemporaneamente ricercando nella relazione con gli altri una reciprocità d’intenti che nasca dalla volontà razionale. 
Quale pericolo può subentrare? La sfiducia nella capacità umana di saper creare questa felicità. Serve fiducia nei valori umani. Serve capire che esistono “diritti umani inviolabili” presenti in persone di differente cultura, diritti ai quali ancorare la felicità. Si tratta, in definitiva, del “riconoscimento universale del diritto alla felicità per ogni persona”. 

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