Il sonno della ragione genera mostri
Piccola antologia di questioni che, abbandonate a sé stesse, esplodono creando sconquassi
Giuseppe Colombi
Consigliere ALDAI-Federmanager e componente del Comitato di redazione Dirigenti Industria
L’acquaforte Capriccio n. 43 del grande pittore Francisco Goya, datata 1797, che porta lo stesso titolo di questo scritto, costituisce forse la rappresentazione grafica più potente dei momenti storici di difficoltà, di crisi, di mancanza di riferimenti solidi.
Così sembra essere anche l’oggi: guerra, fenomeni climatici, pandemia, crisi economica e produttiva stanno stravolgendo il nostro vivere, e ci allontanano da quella “fine della storia” ipotizzata pochi anni fa da un giapponese bizzarro.
A questo pensava lo scrivente nel considerare due questioni, storicamente ben più modeste, che affliggono la vita dei dirigenti italiani, ovvero la mancata perequazione delle pensioni e il rinnovo del contratto di categoria.
Di recente in ALDAI, che ricordiamo essere il sindacato milanese dei dirigenti industriali, è stato dedicato uno specifico Consiglio Direttivo a dibattere della prima questione, ma poi indirettamente anche della seconda, e ne è venuta fuori un'analisi, unanime, sulla necessità d’intervenire con tempestività su questi due temi. In generale, non si ha la sensazione che questa urgenza venga percepita anche a Roma, dove le ritualità federali finiscono per mettere in secondo piano quelle che per l’iscritto medio costituiscono invece delle urgenze.
Nelle settimane a venire c’è bisogno di un segnale forte sul fatto che occorre reagire al continuato esproprio dei nostri trattamenti pensionistici da parte di un Parlamento che, come ha scritto il nostro Vicepresidente, opera con due pesi e due misure, se proprio non vogliamo fare riferimento al Marchese del Grillo.
Considerare le pensioni come una gentile concessione sulla quale intervenire in riduzione a ogni stormir di foglia, come ripetutamente avvenuto da molti anni a questa parte, è offensivo per tutti coloro che, dopo aver lavorato una vita, si aspetterebbero ora di non veder falcidiato il proprio reddito e il potere d'acquisto.
Sempre a proposito di sonno, siamo a pochi mesi dalla scadenza del CCNL Dirigenti Industria ma, con l’eccezione virtuosa di quel che scrivono “i milanesi” nell'articolo "Prossimi al rinnovo", si direbbe che si stenti a muovere un’iniziativa forte nei confronti di Confindustria sul necessario recupero salariale, a fronte di un’inflazione a due cifre.
Negli ultimi vent’anni i rinnovi contrattuali dei dirigenti si sono celebrati in modo piuttosto liturgico, girando attorno al mito fondante del “salario variabile” e sulla “protezione” garantita dal TMCG, il trattamento minimo contrattuale di garanzia che la controparte ha adeguato di inezie, dopo trattative defatiganti. Quello che nessuno ci ha detto, nemmeno da parte federale e malgrado continue sollecitazioni a “fornire i numeri”, è che il TMCG non toccava che un numero irrisorio di dirigenti giovani, lasciando tutto il resto della categoria privo di un minimo di protezione economica contrattuale. Quanto al salario variabile, o per dirla in termini contrattuali MBO, solo buone intenzioni.
In questo modo il rischio è che un sindacato cessi di esercitare la propria funzione prioritaria di rappresentanza delle legittime aspettative degli iscritti. Diciamolo in modo forte: questa volta non è immaginabile che la nostra delegazione negoziale giochi un puro ruolo di facciata nel difendere la dignità, le tutele, il potere d'acquisto e il riconoscimento del merito della dirigenza industriale.
Altri colleghi dirigenti nel rinnovo non hanno avuto difficoltà a ottenere aumenti salariali, magari inadeguati, ma innegabili. Rendiamocene conto anche noi, che siamo così convinti di aver costruito chissà quale relazione di partenariato con Confindustria. Qui davvero le chiacchiere stanno a zero.