Il nuovo Coordinamento del Gruppo Giovani ALDAI (2021-2023) si presenta

L'Associazione è un punto di riferimento importante per lo sviluppo della cultura manageriale

Il nostro programma 2022-2023 si pone l’obiettivo di affrontare le tematiche attuali e future dei giovani manager, e ha come focus la crescita e la valorizzazione professionale. Crediamo che l’Associazione sia un luogo e un punto di riferimento importante per lo sviluppo della cultura manageriale, dove l’impegno del nuovo coordinamento sarà costantemente rivolto agli associati.

Francesco Vallone

Coordinatore 
Francesco, in qualità di Coordinatore, avrà il compito di tradurre in azioni concrete i bisogni e le opportunità di ogni iscritto, in sinergia con il Coordinamento Nazionale, con la sfida di ridare un ruolo centrale al giovane manager nel nuovo scenario post pandemico.

Giovanna Stocco

Vicecoordinatore 
Giovanna supporterà la realizzazione delle diverse attività e avrà come focus specifico l’«execution» degli eventi.

Corrado De Santis 

Vicecoordinatore
Corrado coadiuverà nella realizzazione delle diverse attività e avrà come focus specifico lo «scouting» di nuovi associati.

Pensieri e parole… dove siamo, dove vogliamo andare

Resilience Pill - Corrado De Santis
ll contesto economico e sociale degli ultimi anni sta mettendo alla prova il Sistema Paese e il tessuto produttivo in modo drastico; va da sè che anche il ruolo della dirigenza debba essere interpretato in modo corretto, per garantire continuità nel breve, e successo per le aziende nel medio/lungo periodo. Il risultato passa attraverso un necessario processo pragmatico di consapevolezza del ruolo e delle competenze necessarie, in uno scenario che evolve repentinamente e in modo imprevedibile. Oggi le maggiori sfide riguardano i processi di digitalizzazione – visti come opportunità di efficientamento interno e contestualmente come fattori necessari per competere sui mercati –, e sostenibilità, indispensabile per lavorare su una visione futura del business in cui il contesto socio-economico richiede un altissimo livello di adattabilità. È molto importante gestire tutti questi fattori con la cultura giusta e un approccio smart, detto in una sola parola resilienza.
Ed è proprio su questo fattore che il manager deve focalizzarsi, mettendo l’organizzazione aziendale nelle condizioni di adattarsi rapidamente al contesto, abbinando flessibilità e cultura imprenditoriale diffusa a tutti livelli, senza dimenticare il buon vecchio e collaudato metodo del “learning by doing”.
Da un punto di vista puramente di business, il contesto economico mette di fronte a delle scelte che possono risultare drastiche: costi in lievitazione su tutte le linee di conto economico impongono una forte revisione dei razionali di offerta, e l’unica soluzione non può
essere lo spostamento a valle delle incombenze, alimentando il processo inflattivo tout court. E allora sarà necessario sforzare i processi innovativi, portando a una migliore segmentazione e valorizzazione della proposizione. Infine, tutto quello che riguarda il mondo People&Culture: la pandemia ha forzato il processo di evoluzione organizzativo verso la flessibilità lavorativa; 
il ritorno alla normalità sanitaria deve essere vissuto 
come un’opportunità sociale.
Lo smart working ha dimostrato a più riprese che valori come fiducia e imprenditorialità portano a un maggiore livello di responsabilizzazione sui risultati, accompagnando contestualmente la popolazione aziendale attraverso un processo di miglioramento del work-life balance. Questi sono ormai fattori distintivi e differenzianti delle organizzazioni sui mercati, che riescono a garantire un elevato livello di engagement interno e di retention. Per il manager di oggi è fondamentale partire da questi elementi, per costruire e gestire squadre efficienti ed efficaci nel lungo termine.
Tutti questi fattori, insieme, consentono all’organizzazione di gestire in modo fluido e snello il business nel breve termine e di costruire in modo sostenibile la struttura nel medio-lungo.

Navigare nel mare in burrasca - Giovanna Stocco
Questi ultimi anni assomigliano – per chi ama il mare vissuto in barca a vela – a quelle navigazioni, iniziate in una serena e tranquilla giornata di sole, che all’improvviso, senza alcun presagio, ti catapultano in una tempesta facendoti sentire impreparato e meno sicuro. 
Una tempesta, un po’ stile Mago di Oz, in grado di cambiare quasi tutte le regole del gioco. 
Potremmo definirla “perfetta”: ha visto inizialmente lo scoppio di una crisi economico-sanitaria, a cui il mondo non assisteva più dai primi del ’900 e a cui si è aggiunto, successivamente, lo scoppio di una guerra ai confini dell’Europa, evento che si sperava oramai fosse relegato ai tragici fatti del XX secolo.
Lo scenario economico, principalmente in Italia, è ormai deteriorato e l’andamento degli indicatori finanziari ne conferma il netto indebolimento (vedi diminuzione del PIL). Il conflitto bellico a cui stiamo assistendo non fa altro che amplificare gli effetti della già devastante pandemia, costringendo i manager e le imprese a “surfare” l’onda dell’incertezza.
La pandemia con i suoi lockdown aveva già duramente colpito il sistema dell’offerta di beni e servizi, il cui andamento a singhiozzo aveva portato pian piano a un incremento dell’inflazione; ma la guerra e l’instabilità che ne deriva ne stanno esacerbando la crescita. È una guerra “anomala” con un peso enorme e insopportabile in termini umanitari, ma anche economici. Fisicamente combattuta in territori ben definiti, ma capace di ingabbiare le economie nazionali in un’assurda ragnatela dalla quale è difficile svincolarsi.
I prezzi dell’energia e dei prodotti agroalimentari ne sono la cartina di tornasole, e il loro costante rincaro genera una continua pressione sulle aziende e sulle banche centrali. Ritornano in auge vecchi e brutti ricordi, si parla di inflazione o meglio di stagnazione e austerity....
La tanto sospirata ripresa post-Covid appare ora come una bella ed anziana “signora”, cui make up e bei vestiti non bastano a camuffarne le debolezze e le fragilità. Una ripresa difficile da sostenere, con un sempre più evidente allentamento della politica espansiva (si veda aumento tassi FED). Per il momento la BCE sembra essere in una fase diciamo “attendista”, e credo che tutti ci auguriamo che l’arma di aumento dei tassi non venga usata nella nostra cara Europa, in quanto rischierebbe di rallentare gli investimenti e impoverire ancora di più le famiglie.
Come è gestire un’azienda in questo contesto? La parola difficile sembra essere un eufemismo, il management si trova a fronteggiare le tematiche più diverse: da una supply chain da ridisegnare – dove la prossimità territoriale diventa cruciale (un container libero a Shanghai è come il miraggio dell’oasi nel deserto) poiché nella migliore delle ipotesi ti permette di soddisfare la domanda oppure di tamponare i ritardi, a costo ovviamente di una riduzione della marginalità –, all’esigenza di effettuare nuovi investimenti “magari nel green” in modo da rendersi un po’ più autonomi e ridurre l’impatto del caro energia sugli OPEX (OPerating EXpense).
Ma le aziende sono fatte di persone e di famiglie, ed ecco che allora ti ritrovi a dover affrontare il “caro vita” dei tuoi dipendenti, le loro difficoltà giornaliere nell’affrontare un rialzo dei prezzi che non può “purtroppo” essere seguito da una revisione adeguata degli stipendi. E ti si stringe il cuore perché le risposte non le hai, ma sei costretto a navigare a vista sperando di svegliarti un giorno con indosso le “scarpette di Dorothy” che ti riportano indietro... e allora stringi i denti, metti sul tavolo tutte le tue skills, la tua esperienza, e navighi... attendendo che si calmi per poter rientrare in un porto sicuro... finalmente.
Ora più che mai i manager devono prendersi cura dell’azienda anche come “comunità”, rassicurando i propri collaboratori, ponendo il focus sia sullo sviluppo del business sia sul benessere dei propri dipendenti.
È necessario sviluppare e ridefinire le competenze, proprie e dei collaboratori, avere una visione nuova dell’azienda e del business, più dinamica, più reattiva in grado di decidere e stravolgere i piani velocemente, ma senza perdere di vista gli strumenti di mitigazione dei rischi. 
Nei momenti di crisi e di incertezza la condivisione di obiettivi e strategie – insieme alla valorizzazione del capitale umano – diventa un collante potentissimo in grado di dare forza e spronare tutti al raggiungimento di risultati a volte impensabili.

Chiamata alle Ar(t)i - Francesco Vallone
Eh sì, perché proprio di arte si parla! Nel contesto geopolitico attuale le prospettive di una riscoperta della vera arte manageriale rischiano di essere offuscate da una sempre più opaca strategia di change management. Il gap tra domanda e offerta è più ampio che mai, ma i fondi per la formazione offerti dal PNRR potrebbero contribuire a colmarlo. Purché vengano investiti nel modo giusto…
L’innovazione tecnologica, la globalizzazione, il nuovo business digitale e lo smart working – emersi durante la pandemia e ora alla prova dei fatti – hanno profondamente cambiato il mondo del lavoro. Secondo il World Economic Forum, entro il 2025 l’automazione e la ridistribuzione del lavoro tra uomini e macchine nelle medie e grandi imprese faranno perdere 85 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo. E il 50% di chi manterrà l’impiego dovrà concentrarsi sullo sviluppo di nuove competenze, per non restare tagliato fuori. 
Per far fronte a questo scenario complesso e in rapida evoluzione occorre investire in formazione. Lo stiamo facendo? Sebbene In Italia si assista da anni a una graduale e costante riduzione degli investimenti sulla formazione, sia pubblici che privati e a ogni livello, la quantità di risorse destinate alla formazione è esponenzialmente aumentata grazie alle ingenti risorse del PNRR. Ciò che preoccupa maggiormente in vista di un nuovo futuro pertanto non è la quantità delle risorse investite, ma la loro qualità. La formazione dovrà essere sempre meno massiva e sempre più personalizzata, adattando contenuti, modalità e strumenti formativi più efficaci alle diverse esigenze. 
Se in passato il primo budget a essere tagliato era quello della formazione, oggi è al centro della strategia per lo sviluppo del business ed è diventato un asset fondamentale senza il quale la competitività è a rischio. 
In un breve futuro le aziende più competitive saranno quelle che hanno investito molto nel proprio capitale umano, nelle capacità e nelle competenze dei propri dipendenti.
To Train to Live potrebbe essere un curioso payoff per qualche movimento politico o corrente letteraria, ma il mio obiettivo è incuriosire e accompagnare il lettore verso un mondo che cambia dove noi (in qualità di manager) dovremmo sempre più avere un ruolo da piloti e non limitarci (come per troppo tempo accaduto) a essere dei semplici passeggeri. E come in ogni “buonanotte” che si rispetti, mi piacerebbe chiudere con un auspicio che, come citava il celebre Gilbert Keith Chesterton, «le favole non dicono ai bambini che esistono i draghi, i bambini già sanno che esistono, le favole dicono ai bambini che i draghi possono essere uccisi», e quindi il mio più grande augurio è che la favola manageriale abbia un lieto fine.

Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in formato pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013