Concerto di Primavera sulle note del Jazz

27 maggio 2025 ore 20:45 – Auditorium San Fedele, Milano
Per partecipare è necessaria la prenotazione sul sito www.aldai.it.
Le prenotazioni apriranno il 15 aprile 2025

Giuliano Ceradelli

Componente del Gruppo Cultura - Sezione Musica
Anche quest’anno, nell’ambito del Gruppo Cultura di ALDAI – Sezione Musica (Jazz), che mi onoro di coordinare per il terzo anno consecutivo in veste di “Event Planner” o “Programming Consultant” (in italiano direttore artistico), abbiamo fissato la serata di martedì 27 maggio 2025 per il consueto Concerto di Primavera, come sempre presso l’Auditorium San Fedele, che - progettato nel 1964 e successivamente riqualificato acusticamente - con una capienza di circa 450 posti ospita il nostro Concerto jazz da tredici anni ormai. 
La struttura già storicamente inserita nel dibattito culturale milanese per la programmazione del più antico cineforum in città, è da tempo diventato anche un centro di ricerca e sperimentazione musicale capace di dialogare, nel segno di una piena testimonianza di vita spirituale, con le più prestigiose realtà culturali internazionali, producendo eventi e spettacoli che mirano a incidere nei processi di crescita della società civile come il nostro Concerto di Primavera.

Credo che l’unica ragione per la quale ho piacere di organizzare questo Concerto è che, ora che ormai da qualche anno sono in pensione, non sono capace di scrivere romanzi, di dipingere, di recitare, ma coltivo un’antica passione nata quando ancora ero ragazzo  - e mai abbandonata - per cui mi diletto a fare musica con il mio sax e il mio gruppo musicale (in particolare musica jazz e R&B) sia pure in forma amatoriale e non professionistica. 

Musica. Fenomeno e attività, disciplina scientifica e diletto dei sensi, linguaggio simbolico e codice cultura: da qualsiasi punto di vista la si guardi,  offre sempre una prospettiva ulteriore. Come la vita, il mito, la filosofia e la religione, essa non si presta a una definizione univoca e assoluta. Ciò che noi occidentali chiamiamo “musica” si è trasformato e continua a trasformarsi con il mutamento delle civiltà, assumendo funzioni diverse nelle diverse società e presso i singoli individui che le compongono. 
La musica quindi mi ha dato molti momenti di piacere, mi ha aiutato tanto……La musica riempie, è l’arredamento della nostra vita poiché riesce a comunicare quasi tutto: malinconia, esaltazione, allegria, tristezza. È la più astratta di tutte le arti, ma ci tocca il cuore con armi indefinibili e irriducibili. E poi, il jazz è quella musica totalmente aperta all’improvvisazione, nella quale tanto coloro che la fanno quanto quelli che l’ascoltano sono sempre “in attesa del miracolo”. Il rischio, l’eccitazione, l’avventura di ascoltare musica e di essere lì quando questo miracolo accade. 

Sono trascorsi poco più di cento anni dalla registrazione del primo disco di jazz. Era il 1917 e il cornettista bianco Dominic James “Nick” La Rocca, italoamericano di seconda generazione, lo incise per la Victor di New York cambiando la parola jass in jazz e datando così la nascita di un nuovo stile musicale.

Da allora le cose del jazz sono cambiate. Se i cicli di evoluzione della musica classica sono stati di decine di anni, quelli del jazz, ma anche del pop e del rock, si sviluppano con l'impressionante velocità del presente, captando i più minuscoli assestamenti del tempo moderno e legandosi ai molteplici movimenti culturali e politici che hanno mosso e scosso il secolo scorso. Per fortuna ci sono i dischi (la biblioteca del jazz) che costituiscono la memoria stratificata che raccoglie il passato per consegnarlo al futuro e sono certo che Gillespie, Monk e Mingus sarebbero felici di sapere che il loro seme è stato ben innaffiato e oggi innestato in una nuova rigogliosa pianta.

I nuovi linguaggi del jazz guardano lontano ammiccando all’elettronica e al rap, all’acustico raffinato e di ricerca e alla canzone, ma soprattutto, creando ponti con altri mondi sonori e tessendo innovative relazioni con altrettanti idiomi artistici. Certo in Italia il jazz non è così popolare come in altri Paesi (quelli dell’Est europeo, per esempio) forse per il "bombardamento" mediatico della televisione generalista (che passa il jazz di rado e in orari improbabili) e la presenza di una saturazione dell’offerta musicale (ad esempio lo streaming con la disponibilità immediata di milioni di brani e accesso all’ascolto illimitato di generi diversi dal jazz). Di certo, comunque, il jazz continua ad essere un suono vivo che, più di altri, fotografa il presente. Le correnti sono quelle dell’Hip Hop, Neosoul, Chillout, Dancehall, Jungle, Triphop, Amb, R&B, Lounge che contengono al loro interno tutto ciò che il jazz ha respirato e trasmesso anche alle giovani generazioni. Una transumanza generazionale simile a quella del Sud degli Stati Uniti quando le falde culturali africana ed europea si toccarono per dare vita ad un nuovo stile che nella musica cambiò il corso del Novecento.

Per il Concerto di quest’anno abbiamo reclutato un quartetto di validissimi musicisti come lo scorso anno. Il quartetto ha il nome evocativo di Impronte Progressive (in Inglese Progressive Footprints), nome che fa scaturire emozioni e associazioni emblematiche poichè sintetizza influenze da vari domini culturali.
Il quartetto Impronte Progressive è composto da: 
  • Alberto Minetti Pianoforte/Synth, 
  • Paolo D’Aloisio: Sax Tenore
  • Dario Spezia: Cbasso/BassoEl 
  • Luca Colombo: Batteria.
Anche per il Concerto di quest’anno pensiamo di programmare una videoproiezione tra un “numero” e il successivo allo scopo di illustrare brevemente al pubblico l’origine dei brani (copertina del disco di provenienza del brano), l’architettura armonica con eventualmente la visualizzazione dello spartito con la progressione degli accordi, che non è altro se non l’espressione del pensiero musicale del brano stesso.

La proposta del Concerto è From Weather Report to Steps Ahead (1971-1994) shaping jazz evolution (1 Grammy Award +5 Nominations).


Weather Report (anno di fondazione 1971)
Come altre storie del jazz, anche questa parrebbe trovare il proprio incipit in una formula consueta e pigra: «In principio era Miles»; ma la questione è più complessa, legando Davis e Zawinul in un clinch tra vecchi pugili (i due erano fanatici appassionati e praticanti della nobile arte) ove si fa difficile distinguere le reciproche influenze. L’ammirazione di Miles per l’austriaco era genuina – non solo frutto dell’infatuazione per il suono del piano elettrico Wurlitzer – e fondata sulla capacità del pianista di stare all’essenziale, come esecutore, mantenendo raffinate capacità compositive.
L’esordio è sfolgorante: Weather Report (Columbia, 1971) ottiene le cinque stelle di DownBeat, che lo considera un album di «musica oltre le categorie»; è votato come disco dell’anno nel referendum dei lettori e largamente considerato, da allora in poi, come una delle migliori opere prime nella storia del jazz. Nella musica prevalgono l’uso del colore e un'estrema varietà ritmica e timbrica (diverranno elementi distintivi della band anche per il futuro). I brani sono spesso narrazione per immagini musicali.
La struttura del gruppo, almeno per quanto riguarda i tre leader, Joe Zawinul, Wayne Shorter e Jaco Pastorius è del tutto paritaria, ma il clima del disco è complessivamente corale e gli stessi autori ne parlano come di una «conversazione a più voci». Comune è anche lo sfruttamento dei diritti, con la società denominata Shoviza Production Inc (dalle iniziali dei tre fondatori). Alphonse Mouzon è alla batteria e ai cori, mentre Airto Moreira è alle percussioni. Non accreditati, partecipano all’incisione anche due altri percussionisti: Barbara Burton e Don Alias.
Ma l’apogeo della creatività e della fama – in una progressiva salita verso l’empireo, apparentemente inarrestabile – è Heavy Weather, l’album perfetto sotto ogni profilo e senza ombra di dubbio. Pastorius garantisce un mirabile punto di equilibrio tra Zawinul (cui lo legano le scelte melodiche) e Shorter (cui si raccorda per la sonorità tondeggiante) e tiene fede alla sua epifania, dimostrandosi non soltanto strumentista spettacolare ma anche eccellente compositore e scopritore di alchimie all’interno del gruppo (sua l’idea di spostare Acuña alla batteria, determinando l’ingresso di Manolo Badrena alle percussioni). 
La musica dei Weather Report si presenta tutt’oggi attuale – molto più di espressioni artistiche successive – anche se la band ha vissuto, istante per istante, un forte radicamento nei propri tempi. 

Steps Ahead  (anno di fondazione 1979) 
Quando nel 1983 uscì Steps Ahead, dal nome dell’omonimo gruppo, molti gridarono al miracolo: «Finalmente un album jazz di alto livello, distillato in purezza!» Gli Steps Ahead, gruppo attivo dal 1979, fondato dal vibrafonista Mike Mainieri, con vari rimaneggiamenti nel line-up e svariate collaborazioni, hanno all’attivo dodici pubblicazioni, tra studio e live; l’ultima risale al 2016. Questo album però costituisce una sorta di unicum ed è annoverato dai massimi esperti del settore tra i dischi più importanti della storia del jazz moderno, seguendo una linea evolutiva, che dal bebop di fine anni ‘40 arriva al contemporary jazz, che passa per l’hard bop ed il cool jazz, che spazia fra diatonismo e modale spinto, divenendo una sorta di via acustica d’accesso al post-bop.
L’unicità è rappresentata, in primis, dal semplice fatto che gli Steps Ahead, per il resto della loro carriera, si siano dedicati ad una fusion a vari livelli, praticando la contaminazione di stili molteplici e sperimentando sonorità che travalicano i ristretti confini del jazz classico; sono soprattutto, però, i contenuti dell’album a decretarne la validità, facendone un vero disco jazz di ampio respiro, di eccelsa creatività e di forte impatto emotivo. Alcuni dei nomi, che fecero parte di questo specifico progetto, erano abbastanza noti al grosso pubblico del jazz e della fusion. Il disco fu registrato ai Power Studios di New York ed il titolo prende la denominazione del gruppo, forse a volerne marcare l’importanza, anche se spesso viene indicato come l’album di Pools, che è la traccia più conosciuta.

PROGRAMMA DEL CONCERTO  (80 – 90 min)

  • Black Market (Weather Report, 1971) Integrated version (Studio-liveI) 
  • Birdland (Weather Report, 1971)
  • Young & Fine (Mr. Gone, 1971) patch version Weather Report/Steps Ahead
  • Nothing Personal (Michael Brecker, 1987) Michael Brecker 11 Grammy
  • Pools (Steps Ahead, 1983)
  • Uncle Bob (Step By Step, 1980)
  • Oops (Modern Times, 1984) pruned version
  • Sidewalks Maneuvres (Yin-Yang, 1992) – Guest: Giuliano Ceradelli – Sax Contralto
Encore 
  • Brano post Steps

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