Sicuro che quello che scrivi viene letto?
Mandare mail, compilare report o redigere testi comporta tempo, fatica e costi. Soprattutto se lo facciamo per lavoro. Ecco perché è bene che i nostri interlocutori recepiscano e poi capiscano bene il nostro messaggio.
Alessandra Colonna
Managing Partner - Bridge Partners®Nietzsche l’aveva capito già quasi un secolo e mezzo fa: “Si impara prima a scrivere in modo grandioso che a scrivere in modo lieve e semplice”. Per riconoscere chi maneggia davvero bene una penna “basta” verificare se il risultato finale è fluido e lineare. Alla faccia di chi crede ancora che scrivere in modo altisonante sia sinonimo di cultura e grande preparazione alle spalle! O di chi confonde la semplicità con la banalità e con la sciatteria. Un conto infatti è l’italiano corretto; un conto quello che Francesco Sabatini ha definito “l’e-taliano”, ovvero l’italiano neo-popolare, che ne è la sua involuzione. Ogni giorno tutti noi ne siamo testimoni, attivi o passivi a seconda, sul Web o sui social, WhatsApp, in primis. Ma l’importanza della semplicità nella scrittura non è funzionale solo a “testare” l’erudizione di qualcuno. È fondamentale per farsi leggere.
Già Albert Camus aveva teorizzato qualcosa di simile: “Quelli che scrivono con chiarezza hanno dei lettori, quelli che scrivono in modo ambiguo hanno dei commentatori”. O paradossalmente, dei non lettori. Ciò è tanto più vero se consideriamo che rispetto anche solo a una decina d’anni fa tutti scriviamo di più: mail, report, executive summary, presentazioni, brochure, siti, blog, messaggi... Per la prima volta, insomma, l’italiano si ritrova a essere non solo parlato, ma anche scritto quotidianamente dalla maggioranza delle persone. Che però non per forza sono anche lettori così assidui. Questo significa che ciò che viene scritto spesso non viene letto. O viene letto solo in parte. Un serio problema, soprattutto se a inchiodarci davanti a una tastiera sono ragioni di lavoro. Pensiamo infatti a quante informazioni, magari utili e interessanti, vengono ogni giorno perse nel mare magnum di notizie che ogni giorni inonda un normale ufficio. Sia in entrata che in uscita.
Spesso, per esempio, anneghiamo il concetto fondamentale di una mail in un brodo allungato da presentazioni, incipit o chiarimenti inutili o confusi. Lo stesso vale per i mille report a capi, colleghi, fornitori: invece che riassumere, tendiamo ad allungare. Col risultato che abbiamo perso tempo. E l’abbiamo fatto perdere anche agli altri. Lo stesso vale quando i destinatari di un messaggio siamo noi: pensiamo a quante volte ci siamo annoiati a morte davanti a un sito web che non ricorderemo mai, quando invece sarebbero bastate anche solo un paio di pagine per sapere quanto ci serviva. Molto spesso capita poi che leggiamo “solo qua è là”, saltando qualche riga e sperando che quelle “miracolate” facciano proprio al caso nostro. Jakob Nielsen, guru della scrittura sul web, parla a proposito di scrematura rapida: siamo diventati cioè “skim reader”, lettori veloci che difficilmente si fanno attrarre, ma che facilmente si lasciano distrarre.
Il caso più emblematico sono le mail: ogni volta che apriamo la nostra casella, sappiamo già che non potremo leggerle tutte; a quel punto siamo costretti a una doppia cernita: prima selezioniamo le email da leggere, poi quanto testo leggere veramente. Ciò significa che è stato sprecato tempo e risorse per scrivere un qualcosa che molto probabilmente non verrà letto. O verrà letto solo in parte. E perdere tempo significa generare costi: un lusso che difficilmente ci si può permettere, soprattutto se si tratta di lavoro.
Ecco perché ogni volta che ci sediamo davanti a una scrivania, dobbiamo pensare che il nostro primo obiettivo è farci leggere. E per riuscirci dobbiamo catturare l’attenzione dei nostri lettori, tenendoli incollati allo schermo. È più facile a dirsi che a farsi, lo sappiamo, soprattutto quando di fronte si ha uno schermo e non piuttosto un libro o un foglio di carta. Ma non scoraggiamoci: per far fruttare la fatica e l’impegno investiti davanti a una tastiera, “basta” ricordare 3 principi base: semplicità, brevità e selezione.
1. Semplicità
Essere semplici, senza banalizzare i contenuti, è un’arte. E nello stesso tempo uno strumento irrinunciabile se si vuole arrivare a tutti, o quasi.
Basta con tecnicismi e burocratese! Usiamo la “lingua comune”, quella che tutti conoscono e capiscono. L’importante è non rinunciare all’uso corretto della grammatica e della sintassi.
2. Brevità
Tullio De Mauro suggeriva che “non c’è limite alla brevità” e allo stesso tempo ammoniva che “chi sa molto vuol dire molto senza rendersi conto che molti dettagli per lui importanti possono non essere interessanti per chi ascolta o legge. La brevità non ha mai fatto male a nessuno”.
Se stiamo scrivendo per lavoro teniamo conto che gli altri probabilmente hanno il nostro stesso tempo a disposizione: cioè pochissimo. Non sprechiamolo!
3. Selezione
Il terzo punto si basa su un principio simile al secondo: se non selezioniamo noi cosa scrivere, lo faranno gli altri al posto nostro. Tanto vale allora prendere in mano noi la situazione e fare in modo che almeno il concetto chiave che abbiamo in mente venga comunicato e recepito in maniera corretta.
Un trucco?
Fare capire al vostro destinatario che quel che avete scritto può essergli utile. Se infatti, magari già dal titolo, penserà che potrà trarre qualche beneficio dal vostro messaggio, sicuramente avrete quantomeno attirato la sua attenzione. E il primo ostacolo, forse il più difficile, l’avrete così già superato!
01 ottobre 2017