La Corte dei Conti dà ragione ai pensionati

Ci auguriamo che la Corte Costituzionale, recependo le motivazione delle Ordinanze di rimessione, voglia cogliere l’occasione per porre fine, una volta per tutte, a provvedimenti continuativi e vessatori contro i pensionati.

Antonio Dentato 

Componente Sezione Pensionati Assidifer-Federmanager
Non possiamo che esprimere soddisfazione nel leggere il Comunicato Stampa CIDA che riporta, in sintesi, i contenuti dell’Ordinanza del 17 ottobre 2019, n. 6, della Corte dei Conti, Sez. giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia (in seguito Corte dei Conti). Questa ha sollevato, dinanzi alla Consulta, la questione di legittimità costituzionale dei provvedimenti legislativi che hanno determinato l’ennesimo blocco della perequazione e il prelievo sulle pensioni di importo medio-alto [legge n. 145/2018: nuovo meccanismo penalizzante di perequazione (comma 260); riduzione della pensione (comma 261)].

L’Ordinanza rileva che i provvedimenti legislativi in questione non rispettano i tre fondamentali principi posti dalla Corte Costituzionale in tema di previdenza: ragionevolezza, adeguatezza, affidamento.

La riduzione della pensione

In particolare, sull’intervento di riduzione delle pensioni di importo elevato, la Corte dei Conti osserva che la durata quinquennale della riduzione determina una “decurtazione patrimoniale arbitrariamente duratura del trattamento pensionistico, con acquisizione al bilancio statale del relativo gettito”. Anche noi, per parte nostra, nell’articolo “Questa volta non si tratta di contributo di solidarietà” su questa Rivista del 1 settembre. 2019, avevamo rilevato che la durata di “cinque anni invece dei tradizionali tre” faceva la differenza rispetto ai contributi di solidarietà disposti con provvedimenti precedenti. Evidenziavamo, inoltre, che il provvedimento colpiva “una minoranza di pensionati i cui trattamenti sono a carico dell’INPS. Con esclusione di tutti gli altri”. La discriminazione era evidente. E ci conforta la motivazione usata dai giudici della Corte dei Conti quando affermano: che il prelievo grava soltanto “su specifiche categorie di pensionati e non su tutti i cittadini, con ciò risultando ingiustificatamente discriminatorio e non rispettoso dei canoni fondamentali di uguaglianza a parità di reddito e di universalità dell’imposizione”. Continuando affermano i giudici: “il sacrifico imposto ad una ristretta cerchia di soggetti, si palesa del tutto ingiustificato e discriminatorio, impropriamente sostitutivo di un intervento di fiscalità generale nei confronti di tutti i cittadini”.

La modifica del sistema di perequazione

Anche per agli interventi continuativi sulla perequazione non possiamo che esprimere soddisfazione per le motivazioni adottate dalla Corte dei Conti. Quando dice che siamo in presenza di “una sequenza ininterrotta di provvedimenti che, secondo modalità diverse ma rispondenti ad una omologa ratio ispiratrice, hanno sistematicamente compresso (e talora del tutto escluso) la perequazione dei trattamenti pensionistici di maggior importo a partire dall’anno 2012. La situazione determinata con la legge di bilancio 2019 porta a considerare detta contrazione per un decennio 2012-2021”. 

È un osservazione di assoluto rilievo. Molto più modestamente, e ovviamente con minore dottrina, avevamo sollevato la questione. Non contestavamo il singolo provvedimento penalizzante o di sospensione, bensì la frequente reiterazione della misura in grado di paralizzare il sistema perequativo stesso. Perché, riprendendo anche la giurisprudenza costituzionale (Corte Cost. Sent. n. 316/2010) dicevamo: “i provvedimenti sospensivi o riduttivi della perequazione sono devastanti. Moltiplicano gli effetti di trascinamento anno su anno, vita natural durante del pensionato e si ripercuotono sugli aventi diritto alla reversibilità. Tanto per memoria, e senza contare quelli precedenti, vale la pena ricordare che i provvedimenti che incidono negativamente sulla perequazione, in continuità, anno su anno, prendono inizio nel 2012. E ora, con la legge n.145 (comma 260), proseguiranno fino al 2021. Dieci anni” (V. in questa Rivista 1 ottobre 2019 l’articolo “In difesa dei diritti e della dignità dei pensionati).

L’Ordinanza della Corte dei Conti ci dà speranza. “Auspichiamo - come dice CIDA nel comunicato riportato - che anche gli altri ricorsi avviati possano produrre analoghi risultati, in particolare quelli sui quali saranno chiamati a pronunciarsi i Tribunali ordinari, in quanto riferiti a dirigenti del settore privato. Una pluralità di rinvii provenienti da sedi diverse, specialmente se corredati da motivazioni tra loro coerenti, potrà significativamente testimoniare la fondatezza delle tesi da noi sostenute”. 

Più particolarmente ci auguriamo che la Corte Costituzionale, recependo le motivazione delle Ordinanze di rimessione, voglia cogliere l’occasione per porre fine, una volta per tutte, a provvedimenti continuativi e vessatori contro i pensionati. 
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