La situazione delle pensioni dopo i risultati elettorali del 4 marzo 2018

Quando in cassa si riducono le risorse aumenta il rischio di prelievi sulle pensioni. Per questo è necessario un concreto impegno per lo sviluppo, smentendo le notizie false e unendo le forze per affermare la certezza del diritto.

Mino Schianchi

Presidente Comitato Nazionale di Coordinamento dei Gruppi Pensionati e Consigliere ALDAI-Federmanager

Pensioni e promesse elettorali
La manovra economica di fine 2011, chiamata «Salva Italia», ha sottratto alle pensioni una quota rilevante di risorse per trasferirle al Bilancio dello Stato, scaricando gran parte del peso di questa operazione sui lavoratori che hanno visto allontanarsi il traguardo della pensione e sui pensionati con il blocco della perequazione per le pensioni superiori a 1.405 euro lordi mensili. Si sono così prodotte ingiustizie e si è reso il sistema pensionistico più rigido ed iniquo. 
Durante la recente campagna elettorale sono state fatte molte promesse di modifica del sistema previdenziale in atto, promesse che hanno creato un clima di attesa dei provvedimenti attuativi conseguenti.

Aspettative dopo il 4 marzo 2018
Le prossime misure riguardanti le pensioni saranno condizionate dal clima sociale post elezioni, in particolare da:
  • le attese suscitate dalle offerte politiche pre-elettorali; 
  • l’interpretazione e relativa comunicazione che del clima sociale e delle attese ne hanno dato i media; 
  • l’atteggiamento che nei confronti dei pensionati hanno assunto le forze politiche;
  • l’orientamento ormai consolidato della magistratura, in merito a contributi di solidarietà e perequazione;
  • il grado di delusione o anche di sfiducia degli associati, viste le continue sconfitte subite.
Oggi in tanta parte della società civile, che fa riferimento alle ideologie ormai maggioritarie nel Paese, è buona pratica domandare misure di solidarietà. 
Nell’incapacità di contrastare l’evasione e la corruzione, le misure solidaristiche che si vogliono adottare sembra si stiano polarizzando contro le pensioni medio-alte del sistema retributivo. 
I continui attacchi alle pensioni, con provvedimenti sottrattivi, hanno finito per innescare il sospetto che i pensionati più vecchi stiano intascando assegni a cui, in tutto o in parte, non avrebbero diritto.

Il ruolo dei media
Nonostante le chiarificazioni e le puntualizzazioni dei dati pensionistici effettuate tra gli altri da “Itinerari Previdenziali”, guidata dal prof. Brambilla, l’ostilità contro di noi è alimentata da tanta parte dei media che ormai liscia il pelo alle attese che sono state prodotte e guadagna sul malcontento popolare.
Ad arte le disuguaglianze vengono esagerate. Gran parte dei media non si fa scrupolo di mettere a confronto pensioni basse e pensioni più alte, ma quelle più basse sono al netto, perché non pagano imposte o ricadono nella “non tax area” e quelle più alte sono esposte al lordo e sono escluse da molteplici deduzioni fiscali. E questo fomenta invidia e conflitto sociale. 
All'uscita del Rapporto Economico del marzo 2018 della BCE, alcuni media italiani hanno lanciato l’allarme sulla futura tenuta dei conti pubblici e sulla necessità di una nuova riforma pensionistica. Ma è davvero così a rischio il nostro sistema previdenziale? 
Dai dati illustrati dalla BCE si rileva che l’Italia, proprio per effetto delle riforme già attuate in passato, subirà un aumento della spesa pensionistica più contenuto rispetto a quello di altri Paesi. Sarebbe bene quindi che i media non lanciassero continuamente falsi allarmi sulla sostenibilità del sistema pensionistico! 
Purtroppo i dati relativi alla spesa pensionistica che l’Italia, comunica ad Eurostat fanno risultare l’Italia uno dei Paesi con la spesa per pensioni più elevata a livello europeo, in quanto comprendono una quota di spese assistenziali: integrazioni al minimo, prepensionamenti, spese GIAS - Gestione Interventi Assistenziali, spese che non dovrebbero rientrare nella spesa per pensioni di invalidità, vecchiaia e superstiti.
Stando ai dati elaborati da Itinerari Previdenziali nel "Quinto rapporto sul bilancio del sistema previdenziale italiano", depurata di queste voci, la spesa per pensioni si ridurrebbe dal 18,5% al 13,5% del Pil, valore al di sotto delle medie UE (15,2% media EU 18, 14,6% media EU 27).
Non abbiamo bisogno di una nuova riforma del sistema pensionistico, ma piuttosto di rivedere il metodo con il quale comunichiamo i dati alle istituzioni europee e internazionali. Separare la spesa previdenziale da quella assistenziale è necessario perché consente di fare chiarezza su spese molto diverse tra loro per finalità e modalità di finanziamento.
Secondo le proiezioni BCE, entro il 2060, in Europa la spesa per sanità e per lungodegenza crescerà in maniera più sostenuta rispetto a quella per le pensioni. Il vero tallone d’Achille nel nostro Paese non sono le pensioni ma piuttosto l’assistenza, la cui spesa è fuori controllo e cresce al ritmo del 6% l’anno. 

Gli interventi dei governi passati 
Per inglobare nella loro propaganda politica tutte queste sollecitazioni e tutto l’astio contro le pensioni medio-alte i governi che si sono succeduti negli ultimi 15/20 anni, hanno attuato una serie di provvedimenti riduttivi di tali prestazioni, innestati su: 
  • cosiddetti “contributi di solidarietà”, che sono vere e proprie imposte aggiuntive e discriminatore; 
  • sospensioni della perequazione; 
  • modifiche peggiorative del sistema stesso. 
Sino ad oggi nessuno dei governi che hanno guidato il nostro Paese ha seriamente e concretamente affrontato il vero problema dell’Italia, cioè l’evasione fiscale e contributiva: circa la metà degli italiani non presenta la dichiarazione dei redditi e solo il 12% dei contribuenti (prevalentemente quadri e dirigenti in servizio o pensionati) sostiene oltre il 55% del gettito Irpef complessivo; su 16 milioni di pensionati, 4 milioni sono assistiti totalmente dalla fiscalità generale e altri 4 milioni in gran parte. 
Non esiste un altro Paese occidentale in cui la metà dei pensionati sono assistiti perché non hanno versato abbastanza contributi.
Per garantire la sostenibilità del nostro welfare e l’adeguatezza delle prestazioni, la ricetta non può che chiamarsi occupazione: più posti di lavoro stabili. Le pensioni sono pagate da chi lavora, è bene quindi che chi si candida a governare si prenda in carico seriamente il problema dei bassi tassi di occupazione.

La Corte Costituzionale 
La Corte Costituzionale, che speravamo mettesse argine all’onda crescente di misure riduttive delle pensioni, ha finito per sostenere le misure restrittive a nostro danno. 
Anche i moniti al governo di non esagerare nella continuità di tali provvedimenti, ora sono finiti. L’ultima espressione contenuta nella Sentenza n. 250 del 25 ottobre 2017 sintetizza le ragioni per le quali noi pensionati possiamo essere assoggettati ad altri blocchi o prelievi. Dice la sentenza che "i trattamenti medio-alti, per la loro maggiore entità, presentano margini di resistenza all'erosione del potere d’acquisto causata dall'inflazione. E pertanto il blocco della perequazione di questi trattamenti non ne pregiudica l’adeguatezza".

La nostra strategia di attacco
Se questo è il quadro realistico con cui ci dobbiamo confrontare, dobbiamo dare maggiore impulso alla strategia di attacco. Come il Presidente Cuzzilla ha proposto appena pubblicata la sentenza della Corte Costituzionale n. 250/2017. Una strategia che abbia un segno preciso. Che non faccia più leva sulle promesse più o meno benevoli della politica; promesse assolutamente aleatorie che denotano l’inaffidabilità del nostro personale politico. Dobbiamo smettere di pensare che vi siano forze ed istituzioni che tutelano i nostri diritti ed interessi e dobbiamo far valere fatti concreti, verità documentate e diffonderle, come già sta facendo la nostra Federazione. Basta con le fake-news sulle pensioni e basta con dati errati, i dirigenti pensionati vogliono dalle forze politiche che si apprestano a governare questo Paese risposte su quattro punti che ritengono imprescindibili: 
  • mancata perequazione automatica delle pensioni;
  • separazione assistenza e previdenza;
  • pensione di reversibilità;
  • politiche pensionistiche innovative a favore dei giovani. 
Servono regole certe per le pensioni, che tutelino tanto chi in pensione si trova già, tanto chi attende di andarci un domani.

Azioni da perseguire 
  • Contrastare le false informazioni che vengono diffuse sulle pensioni: i dati fasulli sulla spesa pensionistica, a livello interno e anche a livello internazionale; le pensioni medio-alte esposte con importi al lordo anziché al netto; le prestazioni assistenziali confuse nella spesa previdenziale.
  • Impegnare le risorse necessarie per rafforzare le nostre strutture interne in modo da rispondere colpo su colpo alle strumentalizzazioni sulle pensioni.
  • Ridare fiducia ai nostri associati, delusi dalle troppe decisioni della magistratura e delle leggi sottrattive che da sempre sono adottate contro i pensionati.
Penso sarebbe utile prendere l’iniziativa per una grande assemblea di tutte le organizzazioni che si occupano della tutela dei diritti dei pensionati e definire almeno alcuni temi di impegno comune: 
  • contrastare la deriva demagogica contro di noi; 
  • elaborare studi e analisi che smascherino le false informazioni sulle pensioni;
  • mettere in evidenza le insidie che, nell'apparente disegno di volere sostenere i giovani e il loro futuro, nella realtà intendono produrre modifiche peggiorative di tutto il nostro sistema previdenziale.



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