Parliamo di pensioni

Nel mese di settembre si sono tenuti diversi incontri della Ministra del Lavoro, on. Nunzia Catalfo, con le Parti Sociali in vista della stesura della prossima Legge di Bilancio 2021. L'argomento interessa sia i senior pensionati sia chi progetta il proprio futuro.

Mino Schianchi

Presidente Comitato Nazionale di Coordinamento dei Gruppi Pensionati e Vicepresidente ALDAI-Federmanager
La tempesta pandemica aveva messo la sordina all’argomento, eppure è sempre più urgente e necessario parlarne, discutere, decidere. Molte pendenze devono trovare rapida soluzione.

Già nelle prime riunioni sono state prefigurate dalla Ministra Catalfo, oltre alla conferma di "Quota 100" per il prossimo anno, un mix di proroghe ed interventi per il 2021, (Ape Sociale, Opzione Donna, Uscita Anticipata con 41 anni per i lavoratori precoci, ecc.) volte a garantire un percorso di flessibilità sostenibile in attesa delle decisioni sulla  Riforma complessiva della Previdenza che si prenderanno più avanti.

Le risposte di lungo termine alla perdurante situazione di instabilità della previdenza nel nostro Paese si legano tutte a tre esigenze fondamentali da armonizzare fra loro: la sostenibilità finanziaria del sistema; un recupero di flessibilità a beneficio dei lavoratori; il perseguimento dell’obiettivo dell’equità sociale e generazionale.

I numerosi e, a volte, contraddittori interventi degli ultimi 15 anni volti a garantire la sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale hanno creato una forte domanda di flessibilità da parte dei lavoratori che si sono visti allontanare negli anni la possibilità di accedere alla pensione. Forti sono le incertezze circa l’adeguatezza delle pensioni dei lavoratori giovani, con carriere discontinue e redditi bassi.

Ecco le sette principali proposte CIDA riguardanti il sistema previdenziale.

1) Necessità di un meccanismo di flessibilità in uscita non oneroso per la finanza pubblica

L’obiettivo principale della revisione del sistema pensionistico è quello di ridurre la rigidità delle regole per accedere al pensionamento, confliggenti con un mercato del lavoro che invece chiede maggiore flessibilità. ‘Quota 100’ è al termine della sua efficacia triennale; in mancanza di nuova regolamentazione è previsto uno ‘scalone’ che pregiudicherebbe l’accesso alla pensione di intere coorti di lavoratori, creando così nuove diseguaglianze che si aggiungerebbero ai non pochi casi esistenti. Occorre quindi studiare, fin da subito, l'adozione di meccanismi alternativi che siano in grado di scongiurare ulteriori iniquità. La flessibilità in uscita rimane una misura necessaria: alcuni strumenti già esistono, ma vanno migliorati e resi più efficienti con l’obiettivo di consentire una flessibilità stabile, razionale e sostenibile. L’ipotesi di flessibilità auspicabile, anche per coloro che hanno posizioni previdenziali a regime misto retributivo/contributivo, è dare a tutti la possibilità di accedere al pensionamento anticipato con almeno 64 anni di età e 30 anni di anzianità contributiva, adottando per tutti il calcolo dell’intero trattamento pensionistico con il sistema contributivo.
L’introduzione di una flessibilità in uscita con penalizzazione dell’importo pensionistico deve comportare, di contro, la possibilità di cumulare redditi da pensione e da lavoro. Il mantenimento del divieto di cumulo per le pensioni contributive costituirebbe, in un simile contesto, un’ingiusta penalizzazione.

2) Perequazione automatica delle pensioni

La Corte Costituzionale con diverse sentenze ha affermato che l’azzeramento, la sospensione a tempo indeterminato o la frequente reiterazione di norme volte a paralizzare il meccanismo perequativo, intacca i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su parametri costituzionali quali la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso come retribuzione differita.
Oggi, un lavoratore, pensionato dal 2000, per effetto delle successive mancate o parziali indicizzazioni, ha perso in termini reali oltre il 13% del valore della pensione. Un pensionato dal 2008 ha perso oltre l’8% del valore della pensione. 
CIDA dà naturalmente per acquisito che dal 1° gennaio 2022 si torni, come già previsto, al sistema di calcolo della perequazione per scaglioni, in vigore fino al 2013, più equo del sistema per fasce di reddito adottato negli ultimi anni. Chiede anche di neutralizzare i risultati negativi dell’inflazione registrati nel 2019 e di sterilizzare gli importi delle pensioni in essere ai fini della perequazione delle pensioni.

3) Separazione tra previdenza e assistenza

Il tema della spesa per il welfare nazionale ricorre da tempo nei dibattiti dell’opinione pubblica. Una comunicazione non puntuale dei numeri sulla spesa per la protezione sociale restituisce una percezione spesso distorta sul tema, perfino nelle statistiche europee: si trasferisce infatti il messaggio secondo cui sarebbe la spesa previdenziale a gravare eccessivamente sul bilancio del welfare e, di riflesso, sul bilancio pubblico. A ben guardare però, i numeri dicono altro. Come evidenziato da più parti e come riconosciuto dallo stesso Presidente dell’INPS.
Occorre fare chiarezza sui numeri, giungendo finalmente a una netta separazione contabile della previdenza dall’assistenza, anche con l’introduzione di un’anagrafe nazionale dell’assistenza e prevedere un adeguato intervento sul contrasto all’evasione che non è solo fiscale ma anche contributiva.  CIDA auspica l’avvio dei lavori di una commissione all’uopo istituita, che veda fra i suoi componenti rappresentanti e tecnici delle istituzioni e delle forze sociali.
Per ricreare condizioni di equità occorre tener presente che: a) le pensioni alte, già nel calcolo originario, sono state fortemente penalizzate con coefficienti di calcolo decrescenti, fino allo 0,90 %, coefficienti che hanno spesso portato l’indice di sostituzione sotto il 60%; b) tra chi percepisce pensioni basse, vi sono lavoratori indigenti ma anche tanti che hanno trovato il modo di versare contribuzioni limitate. Non va dimenticato, peraltro, che i percettori di pensioni alte hanno pagato imposte dirette altissime nel corso di tutta la vita lavorativa.
In tale contesto CIDA confida nel definitivo abbandono della pratica dei cosiddetti contributi di solidarietà, imposti alle pensioni di importo medio-alto, con presunte finalità solidaristiche. In pratica si tratta di doppia tassazione sui redditi da pensione, quale che sia l’etichetta che al contributo venga attribuito

4) Previdenza complementare

CIDA auspica azioni utili ad estendere l’ambito d’applicazione della Previdenza complementare nonché un aumento delle deduzioni fiscali per versamenti ai fondi previdenziali e un passo indietro sulla tassazione dei rendimenti di tali fondi.
Sono sempre più evidenti i benefici della previdenza complementare in termini d’integrazione del reddito da pensione, ma anche di ammortizzatore sociale nelle fasi di discontinuità occupazionale. Nata con il compito di garantire in prospettiva una pensione integrativa ai “contributivi puri”, detentori, in linea di principio, di una pensione più bassa, col tempo la previdenza complementare è diventata anche uno strumento di flessibilità in uscita che occorre, sempre più, incentivarla.

5) Perfezionamento di medio-lungo periodo dei meccanismi di tutela delle pensioni dei giovani

Occorre intervenire, fin da subito, con un apposito fondo per risolvere il problema delle carriere discontinue dei giovani e dei periodi di loro partecipazione a progetti di formazione o di riqualificazione professionale non coperti da contributi.
Inoltre, per rendere il sistema pensionistico pubblico sostenibile nel tempo per i giovani occorre in prospettiva renderlo più leggero, introducendo adeguate progressive riduzioni delle aliquote contributive del sistema pubblico, trasferendo quanto ridotto alla previdenza complementare basata sul sistema a capitalizzazione.

6) Rivalutazione del montante contributivo legata all’andamento del PIL

Nel 2009 venne adottato un provvedimento legislativo teso ad attenuare gli effetti prodotti da un crollo del PIL sulla spesa pensionistica; oggi alla luce delle gravi ripercussioni economiche derivanti dalla pandemia occorre ripensare la necessità/opportunità di un simile provvedimento, soprattutto riferito a chi è prossimo al pensionamento che potrebbe subire da tale norma una forte ricaduta in termini di svalutazione pensionistica. Per tale motivo CIDA propone una “sterilizzazione” del montante contributivo per il periodo della pandemia COVID-19.

7) Adeguamento automatico dei requisiti per l’accesso alla pensione in base all’aspettativa di vita

il Dl 78/2010 convertito con legge 122/2010 ha previsto dal 1° gennaio 2013, il progressivo innalzamento dei requisiti per l'accesso alla pensione (di vecchiaia ed anticipata) per consentire di neutralizzare gli effetti economici dell'allungamento della vita media della popolazione sulla spesa pensionistica. Occorre superare, almeno per la pensione anticipata, l’attuale automatismo che prevede una revisione biennale dei requisiti, sostituendolo con verifiche quinquennali della sostenibilità del sistema.

Gli argomenti sono lì, nell’agenda politica, da molto tempo. Occorre trovare il coraggio di decidere e dare risposta alle tante attese.

2 commenti

S. G. :
Buongiorno, ho apprezzato l'articolo di Mino Schianchi e lo schema generale delle proposte CIDA, scrivo per chiedere un chiarimento sulla proposta CIDA 1. Leggo "dare a tutti la possibilità di accedere al pensionamento anticipato con almeno 64 anni di età e 30 anni di anzianità contributiva, adottando per tutti il calcolo dell'intero trattamento pensionistico con il sistema contributivo". Preso atto dei 64 anni di età, mi domando se veramente si intende 30 (diconsi trenta) anni di anzianità contributiva. Se non è un refuso pongo le seguenti domande: · È economicamente sostenibile ? A fronte della "svalutazione" dell'intera a pensione con il metodo contributivo, resta il fatto che la speranza di vita comunque eccede severamente i 64 anni di età, nell'ordine dei 20 anni di durata · E' rispettoso delle coorti di pensionati, dirigenti e non, che proprio per contribuire ad un riequilibrio gestionale dell'INPS sono andati in pensione, rigettando l'indecorosa Quota 101, a oltre 64 anni, con 42 anni e 10 mesi di contributi sociali versati? · E' infine politicamente sostenibile, nel momento in cui a livello di Ministero del Lavoro e OOSS si sta faticosamente elaborando una ipotesi di cd. Quota 102, intesa come almeno 64 anni di età e 38 anni di contributi? Grato sin d'ora per un chiarimento, colgo l'occasione per esprimere apprezzamento per la qualità di Dirigenti Industria e per i qualificati contributi di Itinerari Previdenziali. Cordialità S. G.
lunedì 23 novembre 2020 12:00
Mino Schianchi :
Rispondo con piacere al Collega S. G. Il dato del mio articolo “64 anni con 30 di anzianità contributiva” è corretto. Adottando il calcolo contributivo per determinare la pensione, l'INPS paga al pensionato, nell'intera sua vita lo stesso importo complessivo di pensioni sia che vada in pensione a 64 anni sia che ci vada, sempre con 30 anni di contributi, quando matura la pensione di vecchiaia, (oggi 67 anni). Questo perché, con il sistema contributivo, il coefficiente di trasformazione del montante contributivo in pensione tiene conto della speranza di vita del pensionando alla data del pensionamento: a parità di contributi versati la rata di pensione a 64 anni è di conseguenza inferiore alla rata di pensione a 67 anni. Nel sistema retributivo invece non si tiene conto della speranza di vita: a parità di anni di contribuzione si percepisce la stessa rata di pensione sia che si vada in pensione a 67 anni sia che ci si vada ad una età inferiore. Quindi con il sistema retributivo l'INPS paga al pensionato tante rate di pensione in più quanti sono i mesi per i quali viene anticipato il pensionamento rispetto alla data di maturazione della pensione di vecchiaia. Occorre anche tenere presente che con il sistema contributivo la pensione viene calcolata prendendo in considerazione tutti i contributi versati nella vita lavorativa di una persona, mentre con il sistema retributivo la pensione viene calcolata: in parte sulla media delle retribuzioni degli ultimi 10 anni ed in parte sulla media delle retribuzioni degli ultimi 5 anni. Il calcolo retributivo normalmente è quindi più conveniente per il pensionato rispetto al calcolo contributivo. Per chi andrà in pensione nei prossimi anni una quota importante della pensione sarà ancora calcolata con il sistema retributivo e nelle ipotesi di pensione anticipata da lei citate non si prevede un ricalcolo con il sistema contributivo; pertanto, per non aggravare ulteriormente il Bilancio INPS, il governo non ha, fino ad ora accolto, le proposte presentate. La normativa pensionistica è molto complessa e spero aver dissolto alcuni dubbi e risposto alle gradite domande. Cordiali saluti. Mino Schianchi
lunedì 23 novembre 2020 12:00
Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in formato pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013

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