L’assistenza agli anziani nell’Italia che cambia

Le principali criticità dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria del nostro Paese restano, per molti aspetti, ancora irrisolte. Sul tema ho già scritto in precedenti articoli (vedi riferimenti in calce all’articolo*) dove segnalavo la frammentazione delle competenze, la carenza di personale sanitario e socioassistenziale, e la debole integrazione tra sanità e servizi sociali che rendeva difficile una presa in carico unitaria delle persone non autosufficienti. La riforma della non autosufficienza, varata dal governo nel marzo 2023 aspetta di essere attuata nei suoi contenuti più corposi. È da quelle analisi, ancora attuali, e dalla nuova consapevolezza che prende le mosse il presente articolo. Intende riproporre l’urgenza di un sistema finalmente capace di rispondere, in modo organico e continuativo, ai bisogni crescenti della popolazione anziana

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Mino Schianchi

Presidente Comitato Nazionale di Coordinamento Gruppi Seniores Federmanager e Presidente Comitato Pensionati ALDAI-Federmanager








Il contesto demografico italiano 

L'Italia è tra i Paesi più longevi al mondo, con una quota crescente di anziani:
  • La popolazione over 65 ha superato il 24% del totale, un dato destinato a crescere, con proiezioni che indicano un raggiungimento del 35,9% entro il 2050.
  • L'aspettativa media di vita è tra le più alte a livello globale (circa 83,4 anni).
Questo prolungamento della vita, se da un lato è un successo, dall'altro aumenta il rischio di malattie croniche e di perdita di autosufficienza nelle età più avanzate.
Questo fenomeno pone una sfida cruciale per il sistema di welfare, la sanità e le famiglie.
Costruire una società longeva in buona salute è, quindi, indispensabile per non avere squilibri nel tempo per l’intero sistema economico-sociale del Paese.

L'emergenza della non autosufficienza

Rapporti recenti sulla Long Term Care evidenziano che i servizi esistenti stanno faticando a tenere il passo con la domanda e che sono necessari nuovi modelli organizzativi e investimenti per adeguare l'offerta assistenziale.
Pesano le carenze di personale, soprattutto infermieri e operatori sociosanitari: la fragilità delle persone cresce con l’età e con condizioni socioeconomiche svantaggiate, incidendo fortemente sulla capacità di cura e sul quadro attuale dei servizi. La carenza di operatori professionali limita significativamente l’efficacia dell’assistenza domiciliare.
I rischi connessi alla non autosufficienza sono acuiti dai mutamenti nelle strutture familiari, il 36,2% delle quali è composta da persone sole.

L'aumento della popolazione anziana si traduce direttamente in una crescita del numero di persone non autosufficienti che necessitano di assistenza quotidiana per il resto della loro vita (Long Term Care - LTC). Oltre la metà dei cittadini tra i 75 e gli 84 anni presenta una malattia cronica, percentuale che sale al 64% tra gli ultra 85enni. Il 40% degli over 65 dichiara limitazioni nelle attività quotidiane. Attualmente, si stimano circa 4 milioni di italiani non autosufficienti (quasi un terzo degli over 65), un numero che si prevede aumenterà a 4,4 milioni entro il 2030 e a 5,4 milioni entro il 2050.
L'aumento del carico assistenziale contribuisce all'incremento della spesa pubblica per l'assistenza e la cura, mettendo a rischio la sostenibilità del sistema di welfare e previdenziale.
È indispensabile una nuova programmazione della sanità che sappia adattarsi ai mutati scenari economici, sociali, epidemiologici cercando sinergie con il privato e il mondo assicurativo.
Il nostro Paese ha un’urgente necessità di investimenti nel settore delle strutture sociosanitarie e socioassistenziali, che inevitabilmente richiederà un’importante e sinergica collaborazione tra pubblico e privato.
Il privato deve avere una funzione sussidiaria rispetto al pubblico e non godere di una comoda nicchia al riparo della concorrenza, scegliendo le cure più redditizie. Il mondo assicurativo deve fornire coperture sociali, regolate dallo Stato, con premi proporzionati al reddito soprattutto per la tutela della non autosufficienza e dell’assistenza a lungo termine.

Le criticità del sistema di assistenza 

La crescente domanda di assistenza si scontra con una risposta pubblica spesso insufficiente, che costringe le famiglie a un onere economico e di cura insostenibile:
  • L'Assistenza Domiciliare Integrata (ADI), servizio più diffuso, copre solo circa il 30,6% degli anziani non autosufficienti che ne avrebbero bisogno, spesso con una riduzione delle ore medie per utente.
  • Le Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) coprono appena il 7,6% del bisogno degli over 65 non autosufficienti.
  • I Centri Diurni sono marginali, coprendo solo lo 0,6% del bisogno.
  • Di fronte alle carenze del sistema pubblico, la soluzione prevalente è il ricorso all'assistenza privata, in particolare le badanti, che tra regolari e irregolari superano il milione di unità.
  • La famiglia (storicamente pilastro del welfare in Italia) e in particolare le donne sopportano la maggior parte del carico di cura, sebbene l'aumento dell'occupazione femminile stia rendendo questa soluzione sempre meno sostenibile.

La presenza di una persona non autosufficiente è la maggior causa di impoverimento di una famiglia. Nella Legge di Bilancio 2026 in discussione non vi è alcun cenno a questa categoria di cittadini italiani. La Legge 33 del 2023, varata dal governo Meloni, ci allinea formalmente - seppur con ritardo - alle scelte dei principali Paesi europei. Peccato però che l’attuazione della legge, soprattutto per l’assistenza domiciliare integrata (ADI), favorita dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), sia in ritardo. 

La riforma era nata per superare la frammentazione delle misure pubbliche, dislocate tra servizi sanitari, servizi sociali e trasferimenti monetari nazionali, misure non coordinate tra loro. Tuttavia, il sistema di governance integrata previsto per programmare insieme gli interventi è stato cancellato. Quanto alle procedure, l’obiettivo iniziale era rendere più facile la vita di anziani e famiglie, oggi ancora costretti a peregrinare tra una miriade di sportelli, luoghi e sedi. 

Tra le finalità della Legge 33 del 2023 vi era poi anche la definizione di nuove modalità d’intervento del welfare. Nell’assistenza a casa si puntava a introdurre un servizio domiciliare pubblico pensato per gli anziani non autosufficienti, che oggi non esiste. L’assistenza domiciliare integrata (ADI) fornita dalle Asl offre infatti solo singole prestazioni di tipo medico e infermieristico, inadeguate a gestire la complessità dei bisogni di questa popolazione. La riforma della domiciliarità di fatto è stata cancellata e qualcosa si muove solo sul fronte della telemedicina: dopo il via libera in Conferenza Stato-Regioni, è in arrivo un decreto che però limita le prestazioni ai grandi anziani e solo in modalità teleassistenza e telemonitoraggio.

Sulla revisione dell’indennità di accompagnamento, l’impianto della riforma era basato sul mantenimento del diritto per chiunque fosse in condizione di bisogno, sul passaggio da un importo fisso a uno differenziato in base all’effettiva necessità di assistenza e su una maggiorazione degli importi in caso di assunzione regolare di badanti. Quella “rivoluzione” è stata però accantonata a favore della sperimentazione di un bonus 2025-2026, limitato a una mini-platea di 25mila anziani ultra-fragili e per il quale non è previsto alcun monitoraggio.

Prospettive e necessità di intervento

Per affrontare l'emergenza è necessario un rafforzamento urgente delle politiche di Long Term Care che miri a:
  • Incentivare e finanziare l'assistenza domiciliare (sociale e sanitaria integrata) per favorire la permanenza a casa, che è spesso la soluzione preferita. 
  • Rivedere le politiche e le tariffe per garantire la sostenibilità economica delle RSA e di altre strutture residenziali e semiresidenziali, in linea con l'aumento della domanda.
  • Affrontare la carenza di personale sanitario e assistenziale (medici, infermieri, OSS) con interventi sulla formazione, sulle condizioni di lavoro e sul turnover.
  • Migliorare l'interconnessione tra servizi sanitari ospedalieri, territoriali e residenze per una presa in carico dell'anziano più efficace ed efficiente.

L'invecchiamento della popolazione richiede un ripensamento sistemico delle politiche di cura: potenziare l'assistenza domiciliare, sostenere i caregiver, innovare i modelli di LTC e adeguare risorse e governance rappresentano passaggi indispensabili per rispondere alla crescita dei bisogni di non autosufficienza.  Per questo serve un cambio di approccio al sistema che metta salute, economia e demografia al centro dell’agenda pubblica aumentando investimenti in prevenzione e innovazione. Investire sulle politiche per il cosiddetto long term care non è solo assistenza, sul livello della quale si misura il grado di civiltà di una nazione, ma è anche un investimento per la sostenibilità del sistema di welfare.


*Articoli precedenti sull’argomento pubblicati su questa Rivista:
  

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