C’é un “next normal” che ci aspetta, ma sarà diverso per ciascuno di noi

Quando si discute del dopo Covid si sente parlare (anche troppo) spesso di nuova normalità o "next normal", termini che si riferiscono ad alcune macrotendenze future che avranno importanti conseguenze sia sui processi lavorativi che sulle persone. Come per la pandemia è meglio prepararsi.

Roberto Ceccarelli

Socio ALDAI-Federmanager, temporary manager e formatore, componente e fondatore del team blisszone 
Oggi, in piena pandemia, sono già visibili alcuni effetti sul mondo del lavoro. Tassi di disoccupazione in risalita, ore di Cassa Integrazione ai massimi storici, ad esempio, che inevitabilmente toccano la sfera
psicologica delle persone. 

Secondo una ricerca di maggio 2020 della London School of Economics, gli aumentati tassi di disoccupazione del periodo Covid hanno comportato un forte aumento di ansia non solo tra chi ha perso il lavoro ma anche tra chi lo ha conservato. Per McKinsey, poi, il Covid ha velocizzato la digitalizzazione che sovrapponendosi all’automazione, mette a rischio molti posti di lavoro; alcune stime sempre di McKinsey parlano di poco meno di 60 milioni solo in Europa. Sono ricerche fatte da prestigiose organizzazioni che confermano un consistente aumento del senso di incertezza professionale.

Confindustria, nei commenti ai dati del terzo trimestre 2020, scrive che famiglie e imprese sono costrette a navigare a vista.

Siamo in un periodo dai confini temporali indefiniti, che aumenta un senso di indeterminatezza con cui siamo chiamati tutti a fare i conti (per il sondaggio Legacoop/Swg di ottobre 2020, il 78% degli intervistati si sente oggi economicamente più debole ed esposto rispetto ad un anno fa). Ci sentiamo più fragili, a mio avviso, non solo perché al navigare a vista si aggiungono anche preoccupazioni sul piano personale, legate alla salute di parenti, amici e colleghi, ma anche per il fatto di sperimentare, in prima persona, il senso del limite, stando al cospetto di fenomeni più grandi di noi, che non possiamo controllare.

Tuttavia, ogni situazione di crisi genera anche soluzioni innovative, reazioni, coraggio di osare. Molte organizzazioni stanno infatti ricalibrando i propri prodotti e servizi, ripensandone la loro fruizione, mettendo a fattor comune esperienze trasversali, creando reti di competenze e attenzione ai bisogni, materiali e psicologici, delle persone.

Ma se le aziende trovano le forze per superare questi momenti, cosa possiamo invece fare noi individualmente?

Quali risorse possiamo mettere in campo per rimanere lucidi e fare scelte adeguate, in un momento nel quale la velocità del cambiamento può superare la nostra capacità di adattamento?

Ci meritiamo una boccata d’aria, di staccare la spina un momento, di alzarci in volo e guardare dall’alto noi stessi, la nostra professione per prendere le distanze dalle attività giornaliere, dai web-meeting, dalle call che come una tela di un ragno ci costringono a rimanere focalizzati sul qui ed ora. Abbiamo bisogno di capire dove siamo e dove stiamo andando. E poiché come esseri umani siamo delle combinazioni uniche di razionalità ed emotività, potremmo iniziare dal nutrire la nostra parte razionale con qualche dato oggettivo sul quale riflettere asetticamente.  Potrebbe essere utile, ad esempio, fare un’autovalutazione dei rischi e opportunità della nostra posizione lavorativa.

I futuri effetti del Covid sulla nostra professione dipendono, fra l’altro, dal settore economico, dal momento strategico-organizzativo della nostra azienda e dalla famiglia professionale cui apparteniamo.
Per quanto riguarda il settore economico sappiamo che la diminuzione di ore lavorate è maggiore in alcuni settori rispetto ad altri (si vedano gli allegati al Comunicato Stampa dell’ISTAT del 11 settembre 2020), così come la percentuale di posti a rischio è alquanto differente tra diversi comparti economici (rimando al sito e alle pubblicazioni McKinsey – maggio 2020 e successivi). Già questi numeri possono venirci in aiuto per valutare la nostra reale situazione. Ma non basta.

Un altro importante elemento da considerare è il posizionamento strategico-organizzativo dell’azienda in cui lavoriamo. Ci potremmo domandare con quale velocità la nostra impresa adotti novità organizzative, nuovi strumenti di gestione, innovative modalità di comunicazione, di lavoro. Ed ancora, rispetto alle altre aziende
del settore, quale sia la sua specifica catena del valore, come e dove si generano risultati e quali siano le future azioni per stare sul mercato.

Dopo la lettura di dati macro e micro-economici potremmo anche valutare la nostra traiettoria professionale, partendo dal nostro attuale ruolo analizzando, in particolare, la nostra capacità di impatto sul business, la qualità delle nostre competenze e la discrezionalità decisionale. Quanto il nostro ruolo è all’interno del ciclo di creazione di valore per la nostra azienda? Quanto le nostre competenze sono appetibili per altre aziende del medesimo settore o di altri comparti? Se ed in quale direzione le stiamo aggiornando?

Qual è l’area funzionale cui apparteniamo? E quali fenomeni di cambiamento la interessano?
L’insieme delle risposte che possiamo darci ci può restituire un’indicazione di massima circa il grado di rischio e anche di opportunità della nostra situazione lavorativa. Se da queste riflessioni cogliamo l’esistenza di un rischio professionale, sappiamo anche che gestire un rischio significa decidere se accettarlo, mitigarlo o
evitarlo. Qualsiasi sia la nostra scelta l’importante è che sia consapevole, per non farci trovare impreparati.

Per farlo dobbiamo occuparci anche del nostro universo emozionale. In tempi di cambiamento abbiamo bisogno di una carica di coraggioluciditàpazienza e perseveranza per progettare il nostro futuro
professionale, per compiere scelte ed agire con tempestività. Ma la psicologia non è una funzione lineare e ben sappiamo che verranno a bussare alla nostra porta anche paura, fatalismo, istinto e stanchezza. Vale la pena di prendere i nostri spazi per riflettere su noi stessi, osservarci con sincerità.

Ecco perché suggerisco di ricercare il nostro "next normalcome equilibrio tra la nostra parte razionale, attraverso la valutazione della nostra situazione lavorativa (attuale e prospettica), e la nostra sfera emotiva, conoscendo quali energie personali siamo in grado di mobilitare.

Unendo consapevolezza e sostenibilità emotiva conquistiamo la possibilità di scegliere.
Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in formato pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013

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