Un ritratto dei Nuovi Senior
Non sentirsi anziani ma ancora in cammino
In Italia al 1° gennaio 2016 i residenti over55 erano oltre 21 milioni. È un dato che dà immediatamente la percezione dell’invecchiamento della popolazione e in cui sono inclusi sia i circa 19.000 centenari, sia gli oltre 14 milioni di senior tra i 55 e i 74 anni.Enrico Oggioni
Presidente Osservatorio Senior - www.osservatoriosenior.itL’Italia è uno dei Paesi dove appaiono con più forza sia le trasformazioni demografiche collegate all’invecchiamento sia le loro ricadute economiche e sociali. Ad esempio, i dati demografici e sanitari ci dicono che siamo tra i Paesi più longevi al mondo, che la percentuale di over65 sulla popolazione è già oggi al 21%, tre punti percentuali oltre la media europea, e che godiamo di migliori condizioni di salute anche in età avanzata. Ma la rivoluzione a cui stiamo assistendo comporta anche, su un piano più qualitativo, cambiamenti negli stili di vita, nei consumi, nelle aspettative personali e nella rappresentazione sociale delle persone più avanti negli anni. Sicuramente questi cambiamenti qualitativi riguardano le persone che hanno la fortuna di raggiungere il traguardo degli 85, dei 90 o dei 100 anni, ma in misura probabilmente ancora maggiore hanno un impatto su quella nuova fase della vita – l’età senior – in cui non si è più nel pieno della vita adulta, ma non si è ancora “veramente anziani”. Spesso questa nuova fase di vita si presenta con gradualità, attraverso dei segnali sul piano lavorativo o familiare o della salute. Per fare degli esempi, sul lavoro può succedere che non vengano rinnovate le responsabilità che si avevano a 40 o 50 anni, che ci si scopra impreparati di fronte ad un’innovazione o semplicemente che arrivi il momento della pensione. In famiglia può capitare che i figli, ormai grandi, se ne vadano di casa lasciando ai genitori senior la necessità di ritrovare un nuovo equilibrio domestico, oppure che si debba dedicare molto tempo al caring dei genitori over80 o over90. Sul piano fisico, può capitare di accorgersi che serve più attenzione alla prevenzione, che le energie sono da dosare con molta più parsimonia che in passato o che le visite dal medico si fanno più frequenti.
Le differenze da persona a persona nello sperimentare questa evoluzione verso l’età senior sono fortissime, ma nella gran parte dei casi i primi segnali si hanno tra i 55 e i 65 anni e i sessanta-settantenni sono la popolazione che meglio rappresenta l’età senior. Sono a buon diritto definibili, i sessanta-settantenni, degli esploratori di questa nuova fase della vita, che ha a tutt’oggi una identità e una rappresentazione sociale ancora sfuocate.
La recente ricerca “Un ritratto dei Nuovi Senior: generazioni a confronto” (report scaricabile da http://osservatoriosenior.it/) realizzata da Osservatorio Senior e dal Laboratorio Trail dell’Univesità Cattolica, ha inteso contribuire alla messa a fuoco di questa nuova identità, partendo dalla percezione che i 55-75enni hanno di se stessi e confrontandola con la percezione che dei senior hanno i giovani 25-35enni, i giovanissimi 12-13enni e gli over80. La ricerca ha inoltre consentito di identificare aspettative e motivazioni prevalenti nelle persone senior e di metterle a confronto con le richieste e le sfide poste loro in famiglia, sul lavoro e negli ambiti associativi che frequentano. Il ritratto che ne emerge conferma innanzitutto la situazione di profondo cambiamento del modo in cui vengono vissuti i sessanta e i settant’anni oggi rispetto al passato e segnala in modo forte la necessità di trovare strade che consentano di valorizzare le tante potenzialità che le persone di questa età possono ancora mettere in campo a beneficio non solo di se stessi e della propria famiglia, ma anche della collettività. Come si percepisce il senior oggi?
Innanzitutto risulta in modo chiaro in cosa non si riconosce.
In primis, non si sente “anziano“. Non ci si sente anziani tra i 55-64enni, ma neppure tra i 65-74enni: infatti solo il 15,3% degli uomini e il 28,8% delle donne di questa seconda fascia di età dichiara di sentirsi (abbastanza o molto) anziano. La parola “anziano” tradizionalmente non ha inteso solo denominare le persone oltre una certa età, ma ha storicamente e culturalmente portato con sé una serie di significati ormai definitivamente associati al vocabolo: l’anziano è inteso abitualmente come un soggetto non attivo, a riposo, malato o in cattiva salute, dipendente dall’aiuto degli altri. Ebbene, la ricerca ha evidenziato che i senior, pensando a se stessi e alla propria generazione, rifiutano l’immagine tradizionale dell’anziano a riposo, che tira i remi in barca, dipendente dagli altri e dalla società.
Al contrario, si descrivono come impegnati e dinamici, ancora capaci di investire proprie energie ed emozioni. Ed esprimono in modo deciso il desiderio di essere attivi, di essere valorizzati, di poter coltivare interessi e passioni, di essere utili agli altri, di essere ancora ingaggiati socialmente.
In buona sintesi, si può sostenere che se non tutti vivono l’entrata in età senior come un “nuovo inizio”, sicuramente i vissuti prevalenti propongono un’immagine di senior che è ancora in cammino, con molte potenzialità ancora da spendere.
Questa nuova rappresentazione dei senior è per molti versi confermata dalla percezione delle altre generazioni. Che i sessantenni e settantenni di oggi siano un vero e proprio “perno familiare”, capace di dare sostegno emotivo, sostegno economico e caring quotidiano a figli, nipoti e genitori fragili, è riconosciuto tanto dai giovanissimi tredicenni quando pensano ai loro nonni, quanto dai giovani “figli” trentenni, così come dai loro “genitori” over80.
E sono sempre le altre generazioni che confermano l’immagine di un senior che, anche dopo l’eventuale pensionamento, continua a tenersi “in attività”, vuoi con altri lavori, vuoi con impegni di servizio o autorealizzativi. Il senior auspica per il proprio futuro innanzitutto di poter mantenere uno stato di salute ed economico che gli consenta di rimanere autonomo; contemporaneamente spera di evitare quanto più possibile il vuoto relazionale e di progetti, riappropriandosi dei propri spazi. Ma farebbe un grande errore se pensasse che allo scoccare dei sessanta o dei settant’anni il resto del mondo lo lascerà vivere senza più richieste nei suoi confronti: mariti, mogli, figli, genitori, colleghi di lavoro e di associazioni, insomma i suoi “stakeholders sociali”, hanno grandi attese nei suoi confronti. Da esse il senior trarrà stimolo e con esse si misurerà. Sul lavoro la richiesta di fornire performance fino all’ultimo e di svolgere un ruolo da mentore nei confronti dei più giovani andrà commisurata con le sue energie e con i suoi obiettivi personali. In famiglia la richiesta di dare servizi ed essere un partner vitale di coppia andrà rapportata ai suoi sentimenti, alle sue disponibilità e alle sua capacità progettuali. In ambito associativo, la richiesta di contribuire più di prima alle incombenze organizzative andrà collegata ai suoi interessi e alle sue priorità.
Per i senior degli anni Duemila si apre quindi una prospettiva nuova e sfidante, da affrontare senza poter fare riferimento ai modelli del passato e che potrà essere affrontata al meglio, sia dagli individui sia dalla collettività, se si sarà in grado di valorizzare al meglio le tante capacità, potenzialità ed esperienze che i senior possono ancora mettere in campo.
01 novembre 2016