Comitato Pensionati ALDAI-Federmanager 13 novembre 2025
Il 13 novembre 2025 si è riunito il Comitato Pensionati ALDAI-Federmanager per discutere temi di rilevante interesse per i dirigenti pensionati. La sessione, introdotta da Mino Schianchi, Presidente del Comitato Pensionati ALDAI-Federmanager, ha evidenziato diverse questioni cruciali. Di seguito la Relazione la relazione introduttiva e il dibattito che ne è seguito.
Relazione introduttiva del Presidente Schianchi
La Legge di Bilancio 2026 è stata approvata dal Consiglio dei Ministri il 17 ottobre e successivamente trasmessa al Senato per l’avvio dell’iter parlamentare, che dovrà concludersi entro fine anno. In un flash si può dire che l’attuale quadro economico è segnato da una crescita debole e da una pressione fiscale ancora molto elevata sui redditi da lavoro e da pensione.
Si riporta la valutazione complessiva del Ministro dell’Economia Giorgetti.
Il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha definito la manovra «coerente con un contesto economico incerto», sottolineando la necessità di mantenere una politica di bilancio responsabile, in linea con le regole europee, per garantire la sostenibilità del debito e la stabilità finanziaria del Paese. Ha aggiunto che la manovra «bilancia il sostegno ai settori produttivi con l’esigenza di tenere in ordine i conti pubblici». Al riguardo ha ricordato che la gestione prudente delle finanze ha favorito il miglioramento del rating del debito italiano.
Possiamo dire che le misure previste dalla Legge di Bilancio 2026 offrono spunti interessanti, ma lasciano aperti numerosi interrogativi.
Ecco, allora, una panoramica dei punti principali della manovra relativi a pensioni, sanità e fisco.
Pensioni
Sono previste misure per adeguare i requisiti di accesso alla pensione in base alla speranza di vita e per incentivare il posticipo del pensionamento.
Si prevede che, a partire dal 1° gennaio 2027, l’aumento dei requisiti necessari per andare in pensione venga applicato in misura ridotta, pari a un solo mese, limitatamente a quell’anno. Dal 1° gennaio 2028 l’incremento sarà applicato nella misura ordinaria prevista dalla normativa: tre mesi.
L’incremento non si applicherà ai lavoratori che svolgono attività gravose o usuranti, purché tali mansioni siano state esercitate in modo continuativo per almeno sette anni negli ultimi dieci (o sei negli ultimi sette), con almeno trent’anni di contributi.
Dal 1° gennaio scatterà l’aumento della perequazione, collegata all’inflazione 2025. L’incremento stimato per il 2026 è compreso tra l’1,4% e l’1,5%, inferiore rispetto all’1,7% previsto in precedenza. L’aumento sarà applicato in base alla fascia di reddito, secondo il meccanismo a scaglioni: 100% per gli assegni fino a quattro volte il minimo INPS (603,40 euro), 90% tra quattro e cinque volte il minimo e 75% per gli importi superiori.
Incremento delle pensioni in favore dei soggetti in condizioni disagiate
Previsto un aumento di 20 euro mensili delle pensioni minime per i pensionati di almeno 70 anni in condizioni economiche difficili.
Ape sociale
La manovra proroga per il 2026 l’Ape sociale per chi ha almeno 63 anni e 5 mesi. L’Ape sociale è un’indennità, interamente a carico dello Stato, di accompagnamento alla pensione per alcune categorie di lavoratori come disoccupati, invalidi, caregiver, mansioni gravose con 30 o 36 anni di contributi. Il beneficio non è cumulabile con redditi da lavoro dipendente o autonomo, salvo quelli occasionali entro 5.000 euro annui.
Niente proroga per Opzione Donna e Quota 103
Taglio della perequazione 2023-2024
Sul tavolo della Corte Costituzionale c’ è ancora il tema del taglio della perequazione per gli anni 2023-2024:
- Il 21 ottobre 2025 si è tenuta l’udienza della Corte Costituzionale sulla questione di legittimità sollevata dalla Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna (Ordinanza n. 23/2025), a seguito di un ricorso collettivo contro il blocco perequativo delle pensioni medio-alte introdotto dalla legge di bilancio 2023. Il 13 novembre la Consulta ha dichiarato non fondata la questione di legittimità sollevata dalla Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna.
- Il Tribunale di Trento, con Ordinanza del 30 giugno 2025, in un procedimento civile promosso da un pensionato e sostenuto dalla CGIL, ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme che prevedono la perequazione automatica dei trattamenti pensionistici calcolata «sull’importo complessivo» (cosiddetto sistema “a blocchi”) anziché per «fasce di importo» (cosiddetto sistema “a scaglioni”), come stabilito dalla normativa generale sulla rivalutazione. Il Tribunale ha disposto la trasmissione degli atti del ricorso alla Corte Costituzionale. L’udienza, inizialmente fissata per il 13 gennaio 2026 con relatore Massimo Luciani, è stata rinviata al 25 febbraio 2026. E, contemporaneamente è stato cambiato il relatore che sarà il giudice Maria Rosaria San Giorgio.
- Altre questioni relative alla perequazione pendono dinanzi alle magistrature di merito (tribunali e Sezioni della Corte di Conti). E molto probabilmente che anche queste saranno portate al vaglio della Corte Costituzionale.
Lavoratrici madri
La Manovra 2026 introduce misure per favorire la genitorialità e l’occupazione femminile, con interventi su assunzioni, redditi, congedi e contratti.
- Occupazione delle madri lavoratrici. Esonero contributivo totale fino a 8.000 euro per le Imprese che assumono donne con almeno tre figli minorenni, disoccupate da sei mesi. La durata dell’esonero è di 12 mesi per contratti a termine, 18 in caso di trasformazione a tempo indeterminato, 24 per assunzioni dirette a tempo indeterminato. Esclusi i rapporti di lavoro domestico e di apprendistato; l’incentivo non è cumulabile con altri sgravi.
- Integrazione del reddito. Per il 2026 è previsto un bonus mensile di 60 euro per madri lavoratrici dipendenti o autonome con due figli e reddito annuo fino a 40.000 euro. L’importo, non imponibile, spetta per i mesi di attività. La stessa somma è riconosciuta anche a madri con più di due figli fino al compimento del diciottesimo anno del più giovane. Questi importi non rilevano ai fini della determinazione dell’indicatore della situazione economica equivalente (Isee).
- Congedi parentali. Rafforzate le tutele di maternità e paternità. La retribuzione per tre mesi sale dal 30% all’80% e l’età del figlio per usufruire del congedo passa da 12 a 14 anni.
- Malattie dei figli e sostituzioni per maternità. Il congedo per malattia del figlio passa da 5 a 10 giorni annui, con aumento del limite di età da 8 a 14 anni. In caso di sostituzione di lavoratori in congedo, il contratto può essere prorogato per un affiancamento fino al primo anno di età del bambino.
- Trasformazione dei contratti. Dal 1° gennaio 2026, i lavoratori con almeno tre figli conviventi potranno chiedere la trasformazione del contratto da tempo pieno a part-time, fino a una riduzione del 40%. Ai datori di lavoro che accolgono la richiesta è riconosciuto per 24 mesi l’esonero totale dei contributi previdenziali, fino a 3.000 euro annui, senza effetti sul calcolo pensionistico.
Sostegno alle famiglie, cambia l’Isee.
La manovra riforma l’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (Isee) per rendere il sistema di sostegno più equo. La soglia legata all’abitazione principale sale da 65.000 a 91.500 euro, con un incremento di 2.500 euro per ogni figlio convivente oltre il primo.
Sono ridefinite le maggiorazioni delle scale di equivalenza: 0,1 per due figli, 0,25 per tre, 0,40 per quattro e 0,55 per almeno cinque figli.
Il nuovo Isee influirà su diversi strumenti di sostegno alle famiglie, tra cui l’assegno di inclusione, il supporto formazione e lavoro, l’assegno unico e universale per i figli, il bonus asilo nido e il bonus bebè.
Fiscalità su retribuzioni, rinnovi contrattuali e produttività
- Premi di produttività. Ridotto dal 5% all’1% il prelievo sostitutivo su premi di produttività 2026-2027, con soglia massima agevolabile da 3.000 a 5.000 euro. Il reddito massimo per poter usufruire della fiscalità ridotta resta fissato a 80.000 euro annui.
- Lavoro notturno e festivo. Per il 2026 è introdotta un’imposta agevolata del 15% su somme fino a 1.500 euro per lavoratori con reddito entro 40.000 euro, riferite a turni, maggiorazioni e prestazioni notturne o festive. La misura ricalca il regime già previsto per il settore turistico.
- Rinnovi contrattuali. Previsto un prelievo sostitutivo IRPEF del 5% sugli incrementi retributivi derivanti dai rinnovi dei contratti collettivi firmati nel 2025 e 2026, applicabile ai lavoratori privati con reddito fino a 28.000 euro. L’obiettivo è favorire l’adeguamento salariale al costo della vita e rafforzare il legame tra produttività e retribuzione.
- Buoni pasto. Aumenta da 8 a 10 euro il limite di esenzione fiscale per i buoni pasto elettronici.
- Modifica aliquote Irpef. Si applicherà a tutti, lavoratori dipendenti e pensionati, il taglio dal 35% al 33% dell’aliquota Irpef per i redditi tra 28mila e 50mila euro, che vede sterilizzati i suoi effetti solo oltre 200mila euro di reddito.
Quest’ultimo punto è l’aspetto sul quale si sta scatenando un dibattito politico e sindacale che ci coinvolge. I modesti miglioramenti fiscali che riguardano una parte limitata di lavoratori e pensionati della classe media vengono utilizzati come argomenti per dire che sono stati favoriti i ricchi. Sono argomenti che hanno fatto eco perché esposti in particolari audizioni.
- Audizione Upb: La presidente dell’Upb, (Ufficio parlamentare di bilancio) Lilia Cavallari, in audizione sulla manovra in Parlamento ha dichiarato: "la riduzione di due punti dell’aliquota Irpef riguarderà poco più del 30% dei contribuenti, circa 13 milioni di persone con redditi superiori a 28.000 euro, comportando una minore entrata di circa 2,7 miliardi. Circa il 50% del beneficio fiscale andrà ai contribuenti con redditi oltre 48.000 euro. Il vantaggio medio stimato è di 408 euro per i dirigenti, 123 per gli impiegati e 23 euro per gli operai".
- Audizione Istat: Secondo le stime Istat, la riduzione di due punti percentuali dell’aliquota Irpef sullo scaglione tra 28.000 e 50.000 euro (dal 35% al 33%) favorisce in misura prevalente le fasce di reddito medio-alte. L’85% delle risorse del taglio Irpef va alle fasce alte. Per i redditi superiori a 200.000 euro è inoltre prevista una riduzione di 440 euro nella detrazione per spese soggette ad aliquota del 19%, escluse quelle sanitarie.
Osservazione sui rilievi relativi alla modifica dell’aliquota Irpef
Il Presidente di CIDA, Stefano Cuzzilla. Valutando le voci critiche relativa a alla modifica dell’aliquota Irpef tra 28.000 e 50.000 euro ha detto: “È curioso che la critica più forte, come ricordato anche dall’Istat, sia che il taglio dell’IRPEF favorisca chi... paga l’IRPEF. Una polemica che si commenta da sola. Ma qui non stiamo parlando di privilegi: si tratta semplicemente di ristabilire un principio di equità.” Per capirlo basta un confronto semplice: un dirigente con 105mila euro di reddito paga in IRPEF e addizionali 13,5 volte più di un lavoratore che guadagna 30mila euro, pur avendo un reddito solo 3,5 volte più alto. È evidente chi sostiene davvero il sistema. Oggi, a far notizia è una manovra che sembra andare in favore proprio di chi l’IRPEF la paga”. I dati – elaborati da Cida e Itinerari Previdenziali – hanno evidenziato come il 27% dei contribuenti versi quasi l’80% dell’IRPEF, mentre il 43% della popolazione non versi un solo euro di imposta diretta. Numeri che avevano messo in evidenza il peso sproporzionato che grava su una platea ristretta di cittadini e lavoratori, “quelli che reggono il sistema”.
Il Presidente di Federmanager, Valter Quercioli ha ribadito che: “Oggi solo il 27,41% dei cittadini, circa 11,6 milioni di contribuenti, versa quasi l’80% di tutta l’IRPEF, mentre il 43,15% non dichiara alcun reddito […] La fascia sopra i 55mila euro – che comprende professionisti qualificati, quadri e dirigenti – rappresenta appena il 5,8% dei dichiaranti, ma contribuisce per oltre il 42% del gettito IRPEF.” E ha concluso dicendo: che “La sfida non è tra chi ha di più e chi ha di meno, ma tra chi vuole costruire un’Italia più equa e giusta e chi preferisce avvantaggiarsi delle pieghe del sistema Paese. Serve una fiscalità che premi chi produce valore, crea occupazione e contribuisce al bene comune, perché solo insieme potremo garantire dignità e futuro al lavoro di tutti".
Rottamazione cartelle esattoriali
Permangono criticità sulle nuove rottamazioni e ipotesi di sanatoria fiscale. CIDA ha ribadito la propria contrarietà, rilevando che tali misure premiano chi non ha rispettato le regole a discapito dei contribuenti onesti.
Anche la Corte dei Conti, nelle audizioni parlamentari, ha espresso riserve: la riduzione delle sanzioni e l’allungamento dei tempi di pagamento comportano una perdita di gettito certo per lo Stato e creano disparità tra chi adempie e chi elude.
Imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero
Le persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia possono optare per un’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’ esteri, calcolata in via forfetaria a prescindere dall’importo percepito.
Dal 2026 l’imposta è stata aumentata a 300.000 euro per ciascun periodo d’imposta e ad ulteriori 50.000 euro per ogni familiare incluso nel regime.
Le disposizioni si applicano ai soggetti che hanno trasferito nello Stato italiano la residenza, a condizione che non siano state fiscalmente residenti in Italia per almeno 9 periodi d'imposta nel corso dei 10 anni precedenti.
Problemi non affrontati dalla legge di bilancio 2026
Pensione complementare
L’adesione alla previdenza complementare, pur agevolata fiscalmente, resta bassa rispetto alla media europea (36% in Italia contro l’84% della Germania e l’88% del Regno Unito). Secondo la classifica OCSE, l’Italia è al 25° posto per patrimonio dei fondi pensione in rapporto al PIL.
Negli ultimi mesi si era discusso di iscrizione automatica dei nuovi assunti ai fondi pensione, con conferimento del TFR per rafforzare il secondo pilastro previdenziale. Si erano inoltre ipotizzati incentivi, semplificazioni dell’offerta, maggiore educazione finanziaria, revisione dei limiti di deducibilità e della fiscalità contributiva, nonché nuove regole sulla prestazione finale e sulla scelta dei comparti d’investimento. Nessuna di queste misure è stata inserita nella Legge di Bilancio 2026.
Assistenza sanitaria
Nonostante l’aumento delle risorse previste a bilancio 2026 per il Servizio Sanitario Nazionale, 2,4 miliardi, che si sommano ai 4,2 miliardi già previsti nella manovra precedente, manca ancora un piano organico per il suo rilancio. Il disegno di legge di bilancio 2026 prevede interventi frammentati e non risolve le principali criticità del sistema sanitario e sociosanitario.
La riforma della non autosufficienza, approvata nel marzo 2023, resta in gran parte inattuata. Oggi circa 4 milioni di italiani — quasi un terzo degli over 65 — sono non autosufficienti. La crescente domanda di assistenza incontra una risposta pubblica insufficiente, che trasferisce sulle famiglie un peso economico e di cura sempre più gravoso. Le misure previste nella manovra appaiono inadeguate a colmare questo divario.
Evasione fiscale
Ogni anno i dati Irpef confermano una distorsione strutturale: l’Italia è divisa tra chi paga e chi beneficia senza contribuire. Secondo l’ultimo Report di CIDA, il 14% dei contribuenti versa quasi il 60% del gettito, mentre il 43% non paga imposte. Un disequilibrio che mina la tenuta del sistema fiscale e frena lo sviluppo.
Dalla Relazione sull'economia non osservata e sull'evasione fiscale e contributiva del MEF, pubblicata alcuni giorni fa, si rileva che nel 2022 l'evasione contributiva si attesta a 8,4-11,6 miliardi, mentre le mancate entrate tributarie si attestano a 89,7-90,9 miliardi. Sono in crescita l'evasione dell'Irpef da impresa e lavoro autonomo, dell'Irap, dell'Iva, dell'Ires.
I continui interventi parziali sulla normativa tributaria, spesso dettati da logiche di consenso, non hanno inciso realmente sul fenomeno. Per le imprese che pagano puntualmente le imposte, l’evasione resta una forma di concorrenza sleale che altera il mercato.
Un contrasto efficace richiede strumenti tecnologici avanzati: l’uso coordinato di dati provenienti da fatturazione elettronica, Iva, catasto, anagrafe e INPS consentirebbe di individuare con precisione le anomalie fiscali. Si tratta di dotare l'amministrazione di strumenti che le consentano di scoraggiare i comportamenti poco chiari e di concentrare le preziose risorse umane dei verificatori solo sui casi ad alto rischio.
Pressione fiscale
Il carico fiscale in Italia continua a gravare in misura eccessiva sui redditi da lavoro. I salari rappresentano solo il 38% del PIL ma producono il 49% delle entrate tributarie, mentre i profitti incidono per il 50% del PIL ma contribuiscono solo per il 17%.
Secondo i dati Istat, nel 2024 le entrate fiscali sono aumentate del 5,7%, ma il PIL nominale è cresciuto solo del 2,9%. Questo ha portato a un incremento della pressione fiscale di 1,2 punti percentuali, con il rapporto salito dal 41,4% al 42,6% rispetto all’anno precedente.
Le entrate sono cresciute di 26 miliardi, ma soprattutto a carico dei lavoratori dipendenti, non per effetto dell’occupazione. La fascia di reddito tra 35.000 e 80.000 euro — quadri, tecnici, dirigenti e piccoli imprenditori — sostiene la parte più consistente del gettito.
Questo squilibrio incentiva la fuga di professionalità verso Paesi con regimi più competitivi, indebolendo il capitale umano nazionale.
L’inflazione, unita al mancato aggiornamento degli scaglioni Irpef, alimenta il fiscal drag: gli aumenti nominali dei salari finiscono per tradursi in maggiori imposte. Il sistema resta formalmente progressivo, ma di fatto penalizza il lavoro dipendente rispetto ai redditi da capitale e da impresa, compromettendo equità e crescita.
Produttività stagnante
La Legge di Bilancio 2026 punta a rilanciare la produttività con il prelievo all’1% sui premi di risultato, ma il problema resta irrisolto.
Secondo il Rapporto Cnel 2025, tra il 1995 e il 2024 la produttività italiana è cresciuta in media solo dello 0,2% l’anno, contro l’1,2% dell’Ue (1% in Germania, 0,8% in Francia, 0,6% in Spagna).
Il rallentamento dipende dall’aumento dell’occupazione nei settori a bassa produttività — costruzioni, ristorazione, sanità e assistenza — e dal divario negli investimenti immateriali (software, ricerca, capitale organizzativo).
Decisivo anche il ritardo nelle competenze: solo il 16% dei lavoratori italiani possiede abilità digitali elevate, contro il 30% in Germania e Francia; i laureati in discipline STEM (Scienza, che comprende Biologia, Chimica, Fisica, Scienze ambientali, Neuroscienze, Ricerca scientifica) sono il 15%, contro una media europea del 26%.
Lotta al sommerso e incentivo allo sviluppo non sono più solo due principi auspicabili, ma due obiettivi resi concreti da un uso strategico della tecnologia. Abbracciare questa rivoluzione significa dotare il Paese di un fisco finalmente capace non solo di prelevare, ma di sostenere attivamente chi, ogni giorno, crea valore e occupazione.
Se non si ha il coraggio di mettere mano all'evasione, di premiare chi produce ricchezza e di redistribuire il carico in modo proporzionato la prossima Manovra di Bilancio sarà solo l'ennesima toppa su un sistema che rischia di implodere. E a pagare, ancora una volta saremo noi.
Dibattito
Maggiore partecipazione degli associati
Fin dai primi interventi è emersa con l’esigenza di una partecipazione più ampia degli associati alle attività del Comitato Pensionati e, più in generale, alle iniziative dell’Organizzazione. È stato osservato che, sebbene la presenza degli iscritti sia sempre preziosa, spesso risulta “troppo silenziosa”.
Per rendere più efficace l’azione del Comitato, è necessario che un numero crescente di pensionati partecipi attivamente a riunioni, dibattiti e progetti. Non si tratta solo di aumentare la presenza numerica, ma anche di favorire un coinvolgimento più consapevole e critico: occorre stimolare la base associativa a valutare e contribuire ai processi decisionali.
Solo attraverso un coinvolgimento ampio e orientato criticamente, l’Organizzazione potrà rafforzare la rappresentatività e la profondità delle istanze dei dirigenti in pensione, valorizzando realmente il patrimonio di esperienze, idee e sensibilità dell’associazione.
Mobilitazione dei pensionati e voce pubblica
È stato ricordato come, nel dibattito pubblico degli ultimi anni, i pensionati – e in particolare i pensionati dirigenti – siano stati spesso rappresentati in modo semplicistico e ingiusto. Negli anni passati, In diversi talk show, i nostri rappresentanti, impegnati a spiegare le ragioni per cui i pensionati devono essere tutelati e non sottoposti a continui contributi o prelievi, sono stati attaccati e accusati di difendere presunti privilegi. L’etichetta denigratoria di “pensionati d’oro” è stata utilizzata più volte per screditarci.
Proprio per contrastare questa narrazione distorta, una parte centrale della discussione ha riguardato le forme di mobilitazione utili a far sentire la voce dei pensionati a livello nazionale. È stata riesaminata l’ipotesi di una manifestazione a Roma, già proposta in passato ma poi accantonata per concomitanza con altre iniziative.
Tutti hanno concordato sulla necessità di dare visibilità pubblica alle rivendicazioni dei pensionati, precisando però che l’obiettivo non è promuovere proteste eclatanti o conflittuali. Si pensa a una presenza dignitosa – ad esempio una manifestazione simbolica nella capitale – che consenta ai pensionati dirigenti di presentare direttamente alle istituzioni le proprie ragioni. L’intento è ottenere attenzione, sensibilizzare l’opinione pubblica e far comprendere il valore delle richieste, con toni misurati ma con la necessaria chiarezza e autorevolezza.
Riflessioni sull’Assemblea dell’80° anniversario Federmanager
Nel corso della riunione sono stati espressi commenti anche sull’Assemblea nazionale del 29 ottobre a Roma per l’80° anniversario di Federmanager. L’intervento del Presidente Valter Quercioli è stato molto apprezzato, ritenuto incisivo e in linea con le aspettative, soprattutto nel richiamo alla difesa delle pensioni e al ruolo dei dirigenti nello sviluppo del Paese.
Al contrario, gli interventi politici hanno suscitato delusione, poiché giudicati scollegati dai temi pensionistici e dirigenziali. È stato manifestato rammarico per il fatto che, in un contesto così significativo, la classe politica presente non abbia colto l’occasione per affrontare con concretezza le problematiche dei dirigenti in servizio e in pensione, limitandosi a contributi ritenuti poco pertinenti.
Oltre la settorialità: pensioni e diritti sociali
Un contributo importante del dibattito ha riguardato la necessità di superare una visione settoriale delle rivendicazioni pensionistiche. È stato sottolineato che le battaglie per i diritti dei pensionati non devono restare confinate all’ambito di categoria, ma inserirsi nel più ampio quadro dei diritti sociali.
Pensioni dignitose e adeguatamente rivalutate non rappresentano un privilegio per pochi, ma un pilastro dello Stato sociale e dell’equità tra generazioni. In quest’ottica, il Comitato dovrà collocare le proprie istanze all’interno di un discorso più generale di giustizia sociale, cercando alleanze anche al di fuori del proprio ambito. La difesa del potere d’acquisto e del ruolo sociale degli anziani deve diventare una causa condivisa, capace di pesare maggiormente nel dibattito pubblico e nelle scelte economiche.
“Nessun ulteriore sacrificio”: priorità alla lotta all’evasione
Il tema dell’evasione fiscale è stato al centro di più interventi, richiamando le parole conclusive dell’intervento di Schianchi: senza il coraggio di affrontare l’evasione, premiare chi produce ricchezza e distribuire il carico fiscale in modo proporzionato, ogni manovra sarà solo un’ennesima toppa su un sistema che rischia di implodere. E a pagare saranno sempre gli stessi.
È seguito un vivace confronto sui cosiddetti pensionati “benestanti”. A chi ha suggerito provocatoriamente che i più abbienti potrebbero accettare sacrifici aggiuntivi per il bene comune, è stato replicato che i pensionati hanno già dato. E’ stato ricordato che gli attuali dirigenti in quiescenza hanno versato imposte e contributi per una vita intera, costruendo la propria pensione con il lavoro: non si tratta di privilegi, ma del frutto di decenni di attività.
Il vero problema, è stato ribadito, è l’evasione: invece di gravare ancora su chi ha sempre pagato, lo Stato dovrebbe concentrare gli sforzi su chi non paga affatto. Le istituzioni dispongono già di strumenti e l’incrociò di banche dati per individuare situazioni anomale – come cittadini di 30-35 anni che si rendono “invisibili” al fisco. Ciò che indigna è l’abusivismo assistenziale; ciò che serve è una maggiore volontà politica nell’attuare controlli seri ed efficaci.
Solo recuperando risorse dall’evasione si può garantire equità senza penalizzare ulteriormente chi contribuisce regolarmente.
Confronto con altri Paesi
La discussione fiscale ha richiamato anche il confronto internazionale. Il Presidente Schianchi ha citato l’articolo di Franco del Vecchio, La riduzione dell’imposta sui redditi a confronto con la tassazione in Francia, che mette in evidenza come l’analisi comparata aiuti a valutare la realtà con maggiore oggettività e stimoli l’impegno a conseguire risultati economici e sociali all’altezza del ruolo dell’Italia in Europa.
Sentenza costituzionale n. 167/2025: un’amara delusione
La Corte Costituzionale è tornata a valutare la legittimità del “meccanismo di raffreddamento” introdotto con la legge di bilancio 2023, che limita la rivalutazione delle pensioni superiori a quattro volte il minimo INPS. Il dubbio, sollevato dalla Corte dei conti dell’Emilia-Romagna, riguardava la possibile natura tributaria della misura, potenzialmente in contrasto con i principi di eguaglianza e capacità contributiva.
La Corte ha detto che non si tratta di un tributo occulto: non vi è una decurtazione del patrimonio dei pensionati, ma solamente una rivalutazione ridotta. Ha richiamato precedenti pronunce affermando che il legislatore può modulare gli adeguamenti per ragioni finanziarie, purché non venga toccato il valore nominale delle pensioni.
La Corte ha dichiarato la norma conforme alla Costituzione e ha respinto il ricorso. Nel contempo, ha invitato il Parlamento a considerare gli effetti cumulativi delle limitazioni future, evitando modifiche improvvise. In particolare, ha richiamato il legislatore a: “un approccio diversamente calibrato rispetto ai pensionati soggetti al sistema contributivo, quest’ultimo caratterizzato dalla «tendenziale corrispettività tra provvista finanziaria (il cosiddetto montante) e misura del trattamento previdenziale liquidato".
Rischi e richiamo a un’attenta vigilanza
Quest’ultimo passaggio della sentenza deve mettere in guardia da un rischio concreto: l’accentuarsi delle differenze tra pensionati in base al sistema di calcolo dell’assegno (retributivo, contributivo, misto). Una simile evoluzione minerebbe l’unità stessa del corpo sociale dei pensionati.
È stato rilevato che questa pronuncia – in continuità con decisioni precedenti – rischia di accrescere la sfiducia tra gli interessati, già segnati da anni di interventi restrittivi. In un simile contesto, la via giudiziaria rimane uno strumento indispensabile, ma da sola non basta: il contenzioso, pur necessario, può non produrre gli esiti attesi. Proprio per questo diventa altrettanto essenziale rilanciare l’azione politica e rafforzare l’unità dell’associazione, affinché entrambe le vie, quella giudiziaria e quella politica, procedano in modo complementare e con pari importanza.
Da qui l’impegno a costruire iniziative comuni, capaci di superare le divisioni e amplificare le istanze dei pensionati. Servono mobilitazioni e prese di posizione condivise, una voce corale che riunisca tutte le associazioni aderenti a Federmanager e CIDA, così da difendere con forza il potere d’acquisto e la dignità delle pensioni.
Solo unendo gli sforzi e mantenendo un confronto serrato con la politica sarà possibile contrastare ulteriori misure penalizzanti e promuovere interventi strutturali capaci di tutelare i diritti di tutti i pensionati.
01 novembre 2025
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