La rivoluzione 4.0 inizia dalle persone

Il mercato dei progetti di Industria 4.0 – tra soluzioni IT, componenti tecnologiche abilitanti su asset produttivi tradizionali e servizi collegati – ha raggiunto nel 2018 un valore di 3,2 miliardi di euro, di cui l’82% realizzato verso imprese italiane e il resto in export di progetti, prodotti e servizi.

Bruno Villani

Presidente ALDAI-Federmanager
Secondo i risultati della ricerca dell'Osservatorio Industria 4.0 della School of Management del Politecnico di Milano, stiamo parlando di un valore in crescita del 35% rispetto all’anno precedente, trainato dai frutti degli investimenti effettuati nel 2017 (e fatturati nel 2018) sulla spinta del Piano Nazionale Industria 4.0.

Il mercato italiano dell’Industria 4.0 dunque, nonostante si stimi un rallentamento della crescita per il 2019 intorno al +20-25% in base ai risultati del primo trimestre, corre sempre più veloce. Ma per continuare a crescere e a consolidarsi è necessario coinvolgere nella rivoluzione 4.0 le persone: dai manager in primis che sono i veri attuatori e promotori di sviluppo e innovazione – solitamente il promotore delle iniziative 4.0 è un top manager (43,8% del campione) o direttore di produzione o stabilimento (35,4%) – ai dipartimenti HR e lavoratori coinvolti nella progettazione e nello sviluppo delle soluzioni fino agli operai, fornendo a tutti gli attori coinvolti una formazione continua e mirata in grado di far fronte alla sfida e con essa anche alle opportunità, di questa nuova e rivoluzionaria ondata tecnologica. 

Abbiamo più volte sottolineato e ribadito in molteplici occasioni, dagli eventi alle iniziative Federmanager e con gli Enti bilaterali, come l’investimento nel capitale umano debba essere una priorità del nostro sistema, del nostro modo di fare impresa, ma anche delle Istituzioni e di tutti gli Stakeholder del territorio. Si tratta di uno skill divide che va colmato e al più presto: le persone sono i veri utilizzatori finali delle tecnologie e la formazione, attraverso l’acquisizione di know-how in maniera rapida e continuativa, rappresenta oggi il fattore competitivo in grado di determinare il successo di un business.

Ma servono ancora le conoscenze umanistiche e umane in un’epoca di informatica onnipresente? Quanto è strategico lavorare sulle competenze di ciascuno di noi per innovare nel digitale? La risposta è che non solo servono (le competenze umane), ma sono diventate indispensabili. Questo perché un processo di innovazione basato sulle competenze umanistiche oltre che scientifiche si è rivelato essere la chiave per offrire agli economisti competenze in grado di produrre previsioni migliori, modelli di analisi realistici e politiche strutturate. Gli stessi dati di cui oggi siamo inondati necessitano di una profonda conoscenza della cultura piuttosto che dei numeri. Ecco perché è più che mai fondamentale oggi parlare anche di informatica umanistica, per sottolineare il ruolo strategico e l’alta valenza formativa e culturale che ne deriva.

Non è un caso dunque che Dirigenti Industria di Agosto e Settembre abbia identificato il suo focus in “storie di manager”: in questo numero abbiamo raccolto interviste, racconti e testimonianze di donne e uomini che costruiscono, che guardano oltre e più lontano, che coltivano una prospettiva di futuro per la quale sono, e siamo tutti noi manager, chiamati all’opera costantemente.

È infatti attraverso la condivisione delle esperienze, insieme ad una visione sistemica e ad un’unità di intenti, che si cela la capacità, e con essa l’ambizione e il dovere, di immaginare, creare e costruire un Paese migliore.

Ricordiamoci chi siamo dunque come prima cosa e che la vera “rivoluzione”, la prima e la più importante, parte sempre da noi stessi.  Solo così infatti possiamo essere finalmente protagonisti del cambiamento che vogliamo vedere.