Investire non è spendere

Più managerialità per compiere le scelte giuste e per far crescere le competenze di un Paese agile, pronto di nuovo a correre

Direttore Generale Federmanager
Nella storia più recente, mai abbiamo avuto un’Europa così ragionevole e una disponibilità di risorse economiche così ingente. È necessario utilizzarle al meglio, dovremo essere bravi ad investire, e bene, non solo a spendere. È tempo di scelte serie, efficaci, guardando all’interesse del Paese e tenendo ben presenti due priorità: semplificare e investire.

Semplificare la vita di cittadini e imprese con meno leggi ma più chiare, con meno adempimenti e riducendo i tempi di attesa. Corruzione, malaffare e spesa improduttiva si annidano proprio nella “farraginosità”.
E poi saper investire. Dobbiamo riaccendere il motore dell’economia per migliorare il Paese, per modernizzare le realtà produttive e lavorare in sicurezza.

Investiamo nelle infrastrutture fisiche e virtuali, per far correre le merci e le persone, ma anche per generare occupazione.
Nella sanità, per evitare di rivivere le tragedie appena patite. Investire non significa solo offrire più risorse al personale medico e paramedico, davvero encomiabile, significa migliorare l’organizzazione garantendo eguale livello di assistenza ovunque ed evitando protagonismi locali.
Prepariamo le future generazioni alle sfide del domani investendo nella scuola, adeguiamo i percorsi didattici per ridurre lo skill gap esistente, prepariamo la nuova classe dirigente del Paese.

Investiamo nelle competenze, tema a noi molto caro. Se la complessità cresce, nell’impresa come nella società, la sfida si può vincere solo con le competenze adeguate. Le nostre aziende hanno bisogno di managerialità e la Pa deve diventare più moderna ed efficiente anche con il coinvolgimento dei manager del settore privato.
In questo scenario di cambiamento, tre sono i fenomeni di forte impatto da considerare.

La smaterializzazione del lavoro innanzitutto. Molte imprese sono ricorse per necessità al lavoro da remoto, reso possibile da una normativa speciale a tempo. Ma attenzione, lo smart working, o più correttamente il lavoro agile, è cosa diversa. Significa lavorare fuori dall’ufficio ma non necessariamente da casa, significa puntare al risultato e non alla presenza fisica, vuol dire uscire dalla logica del controllo per passare a quella della fiducia e della responsabilità.

Il secondo fenomeno da tener presente è il tema della business continuity. Non potremo più dire, se dovesse di nuovo accadere, che saremo in emergenza, dobbiamo prepararci a gestire e non a subire le situazioni. Servono tecnologia, reti efficaci, ma soprattutto un cambiamento culturale e idonee figure manageriali.

Altro tema fondamentale per gli impatti sugli operatori economici, sui consumatori, sulla logistica e sui trasporti è l’accelerazione avuta dall’e-commerce, che ha spazi di crescita enormi.

Come ricordava Peter Drucker, il pericolo maggiore in tempi di turbolenza non è la turbolenza in sé, ma affrontarla con la logica del passato.
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