Deindicizzazione delle pensioni: da strumento eccezionale a misura permanente

Dal diritto alla perequazione alla logica del risparmio della spesa pensionistica. In 25 anni, norme “temporanee” sono diventate strutturali. E la falcidia delle pensioni continua….

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Antonio Dentato   

Componente Sezione Pensionati Assidifer - Federmanager
In questo primo quarto di secolo, i pensionati del ceto medio sono stati impegnati nella difesa continua del valore reale delle loro pensioni. Non per rivendicare privilegi, ma per contrastare una linea politica che li vede come un costo piuttosto che come soggetti che hanno maturato diritti sulla base di norme fondamentali del nostro ordinamento e di intese intervenute da anni, e più volte riconfermate, tra Governo e parti sociali. In particolare, l’intesa sul meccanismo di rivalutazione automatica delle pensioni regolato dall’artt. 34, c.1 della Legge 448/1998: un meccanismo costruito sul criterio della “rivalutazione automatica" - in anni di successivi confronti tra Governi e parti sociali - con "l'obiettivo del mantenimento del valore reale delle retribuzioni e dei trattamenti pensionistici" (vedi Protocollo del 1992).
Un meccanismo per una “rivalutazione automatica”, pertanto, senza bisogno di ulteriori interventi discrezionali da parte del legislatore: a carattere differenziato (100%, 90%, 75%), ma accettato e condiviso dalle parti sociali al fine di assicurare un contributo di costante sostegno alle pensioni più basse. Meccanismo solidaristico, c.d.  “endoprevidenziale”.
Ma quel patto, nel tempo, è andato via via in frantumi.  È stato snaturato. I Governi succedutisi nel tempo, quasi in una simbolica staffetta 4x100, si sono passati il testimone e hanno fatto delle pensioni la cassa continua di prelievo per fronteggiare le esigenze dei conti pubblici, colpendo, a volte, anche trattamenti che sembravano tutelati.  

Un nuovo ricorso alla Corte Costituzionale

Attualmente, quel meccanismo di rivalutazione delle pensioni — come ridefinito dal’ art 1, comma 309 della Legge 197/2022 e dall’ articolo 1, comma 135 della Legge 213/2023 - che ha sostituito il sistema a scaglioni con il metodo a blocchi (o fasce) è al vaglio della Corte Costituzionale che dovrà stabilire se le disposizioni introdotte dal Governo, seppure con carattere temporaneo, siano compatibili con i principi costituzionali di ragionevolezza, equità e proporzionalità.

Oltre la contabilità pubblica 

Intanto pare utile ricordare che esigenze economiche e finanziarie di particolare urgenza hanno imposto, a volte, la sospensione temporanea dell’adeguamento: 
  • Legge n. 449/ 1997: “per la stabilizzazione della finanza pubblica” (blocco totale, 1 anno, su   pensioni superiori a 5 volte il minimo Inps);  
  • Legge n. 247/ 2007 per l’“attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 (…) per favorire l’equità e la crescita sostenibili” (blocco totale, 1 anno, su pensioni superiori a 8 volte minimo Inps);
  • Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in L. 22 dicembre 2011, n. 214: “Disposizioni urgenti per… il consolidamento dei conti pubblici” (blocco totale, 2 anni, su pensioni superiori a 6 volte minimo Inps).
Tutti interventi emergenziali  imposti da esigenze che hanno domandato  un ulteriore sacrificio anche ai pensionati.1 
Il seguito è storia nota: misure temporanee di emergenza hanno assunto la forma di un meccanismo strutturale di prelievo sulle pensioni, con effetti distorsivi non solo sul potere d’acquisto, ma anche sulla coerenza dell’intero patto previdenziale. Ne è derivata una lesione della fiducia dei cittadini e un indebolimento dell’effettiva funzione di tutela affidata alla rivalutazione automatica delle pensioni.
Fine del meccanismo standard
Per economia di spazio, focalizzeremo l’attenzione sulle Leggi di Bilancio annuali dal 2014 al 2025 per dire che il meccanismo standard costruito dalla Legge n. 448/1998 ormai non ha più niente a che fare con lo spirito e il principio solidaristico con cui fu definito.  Nelle manovre finanziarie di questo periodo, solo i trattamenti più modesti appaiono meritevoli di tutela. Gli altri rientrano nella sfera dell’incertezza: affidati alla discrezionalità dei Governi di turno, più o meno disponibili (più meno che più) a tenere conto anche degli altri: quelli che hanno versato, loro sì, i contributi previdenziali e hanno pagato le imposte sui redditi; e continuano a pagarle sulle pensioni fino all’ultimo centesimo, con il sistema del prelievo alla fonte.

La documentazione di riferimento

Ma non è tutto. Il blocco o le modifiche in senso peggiorativo del meccanismo di perequazione comportano ulteriori implicazioni, che solo chi è deciso a non vederle continua a ignorarle. Emergono con chiarezza dall’analisi dei dati contenuti nella documentazione tecnica allegata ai singoli provvedimenti di cui parliamo. È a questa base informativa che facciamo riferimento nel citare le leggi di bilancio annuali e pluriennali.   
  • La Legge 27 dicembre 2013, n. 147 (art. 1, comma 483) non fa riferimento a esigenze contingenti. È la normale Legge per la formazione del bilancio annuale e pluriennale. Le modificazioni peggiorative sono disposte solo per il triennio 2014-2016, e la previsione di risparmio è calcolata per gli anni 2014-2017: 4,106 miliardi.2
  • La Legge 28 dicembre 2015, n. 208 (art.1, comma 286) per la formazione del bilancio annuale e pluriennale proroga, per il biennio 2017-2018, la disposizione relativa al triennio 2014-2016 fino al 2022. Previsione di risparmio: 4,040 miliardi.3
  • La Legge 30 dicembre 2018, n. 145 (art. 1, comma 260) per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale illustra come la nuova modulazione introdotta sul meccanismo perequativo porti, in un decennio (2019 -2028) un risparmio di 10,545 miliardi.4
  • La Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (art. 1, comma 309) relativa al bilancio di previsione per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale introduce, per il biennio 2023-2024, un meccanismo particolarmente penalizzante, mai visto prima: 6 blocchi (o fasce) con il 32% (anziché 75%) di rivalutazione per i trattamenti pensionistici superiori a dieci volte il trattamento minimo INPS.5  Non basta. Perché, con la Legge di Bilancio dell’anno successivo (Legge 30 dicembre 2023, n. 213 art.  1, c. 134-135) quel meccanismo viene applicato limitatamente al 2023. Per il 2024, alle pensioni superiori a 10 volte, si applica un’aliquota di valorizzazione ulteriormente penalizzante: il 22% (rispetto a 75%). Come detto sopra, quel dispositivo è ora alla valutazione della Corte Costituzionale. Risparmio in termini di minore spesa pensionistica (c.s.) a 10 anni (2023-2032): 36,805 miliardi.
  • La Legge 30 dicembre 2024, n. 207 (art. 1, comma 180), che definisce la previsione finanziaria per il 2025 e il bilancio pluriennale, merita un'attenta riflessione. Ma per comprendere appieno la portata di questa legge, occorre fare un passo indietro. Il 15 novembre 2024, dopo anni di pressioni politiche e ricorsi giudiziari, il Governo dispone  il ripristino del meccanismo standard di perequazione automatica delle pensioni, come previsto dall’art. 34, comma 1, della Legge n. 448 del 23 dicembre 1998. Una svolta, finalmente? Un ritorno alla normalità? No. Niente di tutto questo. La realtà è un’altra: quel ritorno alla normalità non vale per tutti. Mentre da una parte viene disposto il ripristino del meccanismo perequativo secondo il modello originario, dall’altra — su proposta Governo — il Parlamento approva una norma “in via eccezionale, per l’anno 2025”, che esclude i pensionati residenti all’estero dalla rivalutazione automatica, se titolari di trattamenti superiori al minimo INPS (567,94 euro mensili, attualmente 603,40€).  Si tratta di una misura che colpisce 60.740 trattamenti pensionistici. La documentazione tecnica spiega: l’obiettivo è limitare l’effetto della perequazione per i pensionati all’estero con redditi superiori al minimo. Il risparmio stimato per lo Stato, nel periodo 2025–2034, è pari a 83,6 milioni di euro (attenzione: milioni, non miliardi).6  Un intervento che è  un’operazione mirata  per  colpire una minoranza di una  minoranza. Pensionati italiani residenti in 160 Paesi del mondo: quelli che continuano a pagare integralmente le imposte in Italia, comprese le addizionali comunali e regionali. Molti, probabilmente, neppure informati di questa discriminazione. Il dato più inquietante è che tutto questo si svolge in un muto silenzio, fatto di pregiudizi e indifferenza. Comprensibile la difficoltà di trattazione di una materia abbastanza complessa sul piano normativo, tuttavia, a parte qualche lodevole eccezione a livello locale, nessun dibattito pubblico, diffuso, sul nodo centrale: una discriminazione che si realizza mediante la negazione di un diritto. Eppure dovrebbe essere evidente a tutti: quando un diritto viene negato — anche a pochi, anche a uno solo — è l’intero sistema a incrinarsi. Non va dimenticato che ciò che oggi colpisce una piccola parte di cittadini, domani potrebbe estendersi a molti. Doveva essere un cambio di rotta, invece, il legislatore ha lasciato aperto un gancio, pronto all’uso per eventuali nuovi interventi depressivi.7

Conclusioni

Prima 
  • Le norme che bloccano o modificano in peggio il meccanismo di rivalutazione delle pensioni, per gli effetti prodotti a lungo termine, sembrano sottratte al perimetro dell’art. 21 della Legge di Contabilità e Finanza pubblica del 31 dicembre 2009, n. 196, che regola le modalità di formazione del disegno di Legge del Bilancio di previsione con rifermento “ad un periodo triennale”.
  • La documentazione tecnica che accompagna le norme sopra elencate segnala, limitatamente alle 5 Leggi di Bilancio sopra indicate, una minore spesa pensionistica, complessiva, di circa 56 miliardi nell’arco degli anni dal 2013 al 2034. Con incidenze variabili di anno in anno. 
Ma questa è solo la proiezione contabile dei risparmi previsti. La realtà risulta dagli effetti concreti che si producono sui redditi dei pensionati: 
  1. Una volta terminato il periodo di applicazione delle norme restrittive della perequazione, il meccanismo di adeguamento delle pensioni all’inflazione riprende a funzionare. Ma la pensione non viene ricalcolata partendo dall’importo originario, bensì da quello ridotto, in conseguenza del minore o mancato adeguamento intervenuto nel frattempo. Questo significa che la perdita subita non viene mai più recuperata: l’erosione prosegue nel tempo. Per quanto tempo?8
  2. Prosegue vita natural durante di ogni pensionato. 
  3. L’effetto di riduzione permanente diventa ancora più rilevante se le misure vengono ripetute a breve distanza l’una dall’altra. La falcidia del potere d’acquisto procede con progressione geometrica, moltiplicando di volta in volta gli effetti delle perdite precedenti.9
Seconda
È il tempo di un impegno collettivo: alle Rappresentanze dei pensionati spetta il compito di promuovere analisi tecniche puntuali, campagne d’opinione e un’azione partecipata e trasparente nei confronti delle Istituzioni. A questo fine, serve un’alleanza ampia e determinata, capace di far “pesare con forza” le ragioni dei pensionati. L’obiettivo, chiaro e trasparente, è porre fine a tagli permanenti che mortificano i pensionati del ceto medio e ottenere, infine, Riforme rispettose dei diritti e della dignità di milioni di pensionati.

Note
6) Relazione tecnica - pag.76  
7) Per approfondimenti, vedi in questa Rivista: Perequazione delle pensioni: gli esclusi 
8) Cfr. Maurizio Cinelli "I prelievi sulle pensioni d’oro: alla Corte costituzionale. La narrazione, alla Corte dei conti
l’epilogo? I nodi non sciolti dalla sentenza n.234/2020”, p.156. Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale, Il Mulino, Fascicolo 1, marzo 2021.
9) Cfr. Sent. Corte Cost. 316/2010. E, per un’ampia trattazione sull’argomento, V. M. Cinelli, "Dalla sentenza n. 70/2015 alla sentenza n. 7/2017: le pensioni e la Corte costituzionale", Rivista del Diritto della Sicurezza Sociale, Fascicolo 2, 2017. P.349.
Vedi anche in questa Rivista: “Effetto trascinamento: la continua erosione delle pensioni”, maggio 2023. 



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