Inaccettabile disinformazione

La leggerezza dello scrivere è testimoniata dai recenti articoli ideologici di Corriere, Fatto Quotidiano e L’espresso; un’autentica persecuzione mediatica riservata agli onesti che pagano tasse e contributi.

Michele Carugi 

Componente del comitato pensionati ALDAI - Federmanager
L’ordine dei giornalisti, in ottemperanza al Dpr 137/2012, obbliga i suoi aderenti a frequentare ogni anno corsi di formazione professionale.

Della vasta offerta formativa, con ogni evidenza, non fa parte un corso che prepari all’informazione corretta come, per esempio: “leggere e capire i dati prima di usarli” oppure: “i dati non sono di gomma, come evitare l’interpretazione ideologica”.

Se tre indizi fanno una prova, infatti, ci sono evidenze di superficialità preconcetta da parte di testate che dovrebbero essere al di sopra di ogni sospetto.

Indizio n. 1 - Corriere della Sera

Il Corriere della Sera, in data 26 Novembre 2017, nell'articolo "Pensioni, uno squilibrio (italiano) da 88 miliardi" a firma di un vicedirettore del giornale e non di uno sconosciuto free lance, enuncia come il costo delle pensioni in Italia sia insostenibile; per dimostrarlo riporta dati dal bilancio dell’INPS, indicando che c’è un disavanzo annuale di 88 miliardi di euro dovuti a 308 miliardi di pensioni contro 220 miliardi di contributi. Peccato che la stessa INPS identifichi 35 di quei 308 miliardi come spese non pensionistiche. Nello stesso articolo è riportato un grafico nel quale i 308 miliardi vengono usati per dimostrare che nel 2013 lo stato italiano avrebbe speso il 5,2 % del PIL per coprire la differenza tra contributi e pensioni.
Fai notare all’esimio giornalista che i dati sono sbagliati e che non ha senso comparare le pensioni al lordo delle tasse tra le nazioni europee perché i regimi di tassazione sono diversi tra loro. Risponde che non ha tempo di rispondere, ma che lo farà (mai?) e rinvia al noto rapporto EUROSTAT "The 2015 Ageing Report" dove, guarda caso, a pag. 82 un grafico riporta come la spesa pensionistica italiana come percentuale del PIL al netto delle imposte sia allineata con l’Europa e, per esempio, inferiore a quella francese.
Lo fai notare al giornalista, che non risponde più, ma si guarda bene dal rettificare gli errori materiali.

Indizio n. 2 - Il Fatto Quotidiano

Il Fatto Quotidiano ha ospitato il 20 Dicembre un articolo di un professore di economia finanziaria che, nel dare credibilità alla sortita di Di Maio che pensa di risparmiare 12 miliardi di euro/anno tagliando le “pensioni d’oro” (per lo stesso Di Maio, quelle superiori a 5.000 € netti/mese), afferma che i benefici del sistema retributivo davano privilegi più grandi ai redditi più elevati. A suffragio della sua opinione riporta una tabella di dati presi da un articolo del 2014 di Stefano Patriarca (lui si realmente esperto di previdenza), ma omette di guardare bene il grafico contenuto nell’articolo, che evidenzia il già saputo fatto che i privilegi del sistema retributivo (presenti in tutte le pensioni basse e medie e un po’ meno in quelle alte) avevano un massimo per le pensioni intorno a 4.500 € lordi (circa 3.000 € netti) per poi calare vertiginosamente sino ad annullarsi. Il professore ha omesso l’analisi per fascia di reddito sopra ai 3.000 € netti comprendendo tutto in un unico calderone, altrimenti avrebbe dovuto riconoscere come le pensioni più alte ricevano benefici inferiori dal contributivo e anzi, per il 3% dei pensionati (tutti “d’oro”) la pensione sia inferiore ai contributi. Tutto il contrario di quanto postulato nell’articolo.
Spieghi tutto questo al professore, dandogli evidenza esemplificativa di un calcolo INPS di una pensione (reale) retributiva elevata ma inferiore a quella calcolata col contributivo e lui… non risponde.

Indizio n.3 - L’Espresso

Ciliegina sulla torta, il 27 Dicembre l’Espresso pubblica un articolo il cui solo titolo potrebbe essere oggetto di causa per diffamazione di una categoria intera: “Le pensioni dei manager le pagano operai e precari”. 
La giornalista esordisce definendo come colossale equivoco l’articolo del CdS che ho citato (!) e riporta un dato preso con ogni probabilità dallo studio INPS sul fondo ex INPDAI (dirigenti di azienda), dove un grafico a barre mostra che il 18% dei pensionati ex dirigenti riceve benefici dal sistema retributivo superiori al 40% della pensione stessa; la giornalista sentenzia generalizzando che “i manager dell’ex cassa INPDAI incassano pensioni fino al 40 per cento superiori rispetto ai contributi versati”. Peccato che nello stesso grafico si noti come il 12 % degli stessi pensionati riceva pensioni inferiori anche fino al 30% rispetto ai contributi versati. Con la stessa superficialità si poteva affermare che “le pensioni dei manager finanziano quelle di operai e precari” e che “i manager dell’ex cassa INPDAI incassano pensioni fino al 30 per cento inferiori rispetto ai contributi versati”.
Non contenta (si vede che i dirigenti le stanno proprio antipatici), la giornalista cita un funzionario INPS che dice che il fondo ex dirigenti cumulerà un passivo di 138 miliardi nel 2035; peccato che dimentichi di spiegare, come invece INPS fa nello studio citato, che ciò dipende soprattutto dal fatto che dal 2003 sono stati chiusi gli accessi di nuovi iscritti al fondo dirigenti, che pertanto è diventato quasi un puro erogatore di prestazioni, perché i contributi dei nuovi dirigenti vanno altrove. Se io uso un conto corrente solo per pagare le spese di casa e verso regolarmente lo stipendio su un altro conto, con ogni evidenza il primo va in rosso immediatamente.
Fai notare il tutto alla giornalista e al suo direttore, anche a loro dai evidenza del calcolo INPS di una pensione retributiva inferiore a quella calcolata col contributivo e aspetti una risposta che probabilmente non arriverà mai.

Conclusioni:

Dagli indizi che fanno una prova sembra che molti editorialisti approccino il tema “pensioni” con convinzioni ideologiche radicate alle quali tentano di dare validità riportando dati che non hanno analizzato o non hanno ben capito.
Quella delle “pensioni d’oro” è materia trattata in modo ossessivo e irrispettoso del fatto che tra di esse ve ne siano di beneficiate, ma anche di penalizzate e che il sistema retributivo fosse improntato alla solidarietà verso i redditi più bassi e non viceversa; più in generale, l’argomento pensioni viene affrontato con il pregiudizio che da esse derivino tutti i mali del debito italiano e che la nostra previdenza costi allo stato molto più che negli altri paesi europei. Duole constatare come un’attenzione mediatica altrettanto accanita e quotidiana non venga rivolta invece all’evasione fiscale che, essa si, è abnorme nel panorama europeo e concede privilegi totali agli evasori fiscali e contributivi. 
Se l’opinione, ancorché immotivata, è legittimamente personale, tanto vale esprimerla in modo assiomatico, senza allegare dati che alla fine confutano la teoria assertiva. Meglio ancora sarebbe scrivere con minore leggerezza e far derivare le opinioni da un’analisi accurata dei dati senza cercare di piegare questi ultimi all’opinione, influenzando i lettori a fare altrettanto.
Soprattutto, sarebbe doveroso riconoscere e rettificare gli errori macroscopici quando vengono posti sotto gli occhi; o è chiedere troppo agli ego dei giornalisti?
Archivio storico dei numeri di DIRIGENTI INDUSTRIA in formato pdf da scaricare, a partire da Gennaio 2013