Prioritalia: "Costruire un patto generazionale"

Non c'è alcun conflitto fra generazioni, al contrario è la collaborazione fra senior e giovani a favorire lo sviluppo economico e sociale. Questo è emerso dai tavoli per l'innovazione organizzati dalla Fondazione Prioritalia lo scorso 8 giugno a Milano. Determinante la figura dei manager per portare gli italiani verso una innovazione economica e sociale utile a ricostruire fiducia nel futuro del Paese.

A cura di CIDA Lombardia

lombardia@cida.it 

Milano 8 giugno, presso l'hotel Melià si sono svolti i lavori per promuovere le iniziative per l'innovazione sostenibile del Paese. L'iniziativa organizzata in concomitanza con l'Assemblea Manageritalia è stata organizzata da Prioritalia: la fondazione costituita dalle organizzazioni di rappresentanza della dirigenza italiana Manageritalia e CIDA con lo scopo di promuovere e valorizzare l’impegno della comunità manageriale in una logica di restituzione di competenze per generare valore civico e sociale.

Il un contesto caratterizzato dal cambiamento continuo il meeting Prioritalia ha messo a fuoco: l'impatto tra generazioni, tra centro e periferia nella geografia e nelle organizzazioni, sul valore etico e non solamente cognitivo delle competenze, dando ascolto e traendo ispirazione da prospettive diverse, per generare consapevolezza della realtà e delle iniziative da porre in atto per un futuro migliore, per tutti.

In preparazione della giornata di lavoro è stata realizzata un'indagine su un campione rappresentativo di 1.500 italiani dalla quale è emerso che il 77% vuole più collaborazione tra le generazioni e sfata il tormentone degli ultimi anni sul conflitto intergenerazionale. Gli italiani chiedono più concretezza, innovazione, formazione, competenze e merito, la cui mancanza è considerata essere causa della difficile situazione del Paese e driver del futuro sviluppo.

A confermare la voglia di collaborare c’è il vissuto reciproco tra le varie generazioni. I 20-40enni sono ritenuti soprattutto aperti all’innovazione, al cambiamento nella società e sono considerati fondamentali per il successo futuro dell’Italia. In negativo si ritiene che pensino ognuno a se stesso più che al bene di tutti. Dei 50-65enni gli italiani pensano che hanno etica e valori forti, voglia di fare e impegnarsi sul lavoro, e sono ben preparati per il mondo del lavoro. In negativo si pensa che siano meno aperti all’innovazione e al cambiamento. I pensionati sono ritenuti numerosi rispetto ai giovani e rispetto alle persone che lavorano, ma gli si riconosce voglia di fare, di impegnarsi assistendo le persone bisognose e di essere ben preparati per dare ancora un contributo alla società.

"I risultati dell’indagine – ha dichiarato Marcella Mallen, presidente Fondazione Prioritalia – parlano di un Paese unito che ha voglia di collaborare allo sviluppo e di essere accompagnato verso quell’innovazione a livello economico e sociale che ne è la base di partenza. Una risposta chiara a quanto affermato al Senato dal Premier Giuseppe Conte quando, parlando del dialogo con le parti sociali, ha detto <<Occorre rimettere in moto, in maniera corale, tutte le molteplici energie positive del nostro Paese>>. I manager, per il loro ruolo, possono e devono essere il motore di un processo che deve coinvolgere l’Italia produttiva e contestualmente tutti gli italiani per costruire davvero un’alleanza tra generazioni e territori che in azienda, ma ancor più fuori, ci veda partecipi di un cambio di paradigma indispensabile per riprenderci il futuro. L’innovazione ad ogni livello è il necessario punto di partenza e svolta e sarà, insieme alla consistenza e alla capacità di far accadere le cose, il filo conduttore delle nostre azioni future”.

Tantissimi i macro temi trattati nell’indagine: la trasformazione digitale del lavoro, le competenze e i territori, il welfare, la demografia e le iniziative necessarie per un vero sviluppo. Parlando di cosa serve per la crescita economica gli italiani non hanno dubbi: spazio a merito, competenza, alla vera capacità di fare nel pubblico e nel privato (76,6%), che le aziende tornino a investire, pensare al futuro e avere una visione (75,7%) e un'azione che impegni l'intera collettività, anche dei pensionati che possono contribuire nelle iniziative sociali. Gli attori della ripresa dovranno essere imprenditori, manager pubblici e privati, intellettuali e insegnanti, i più giovani (under 40), i più esperti (50-65enni) e anche, ai primi posti, la classe politica che deve abbandonare il metodo della delegittimazione per passare alla proposta costruttiva e collaborativa con tutte le forze politiche e sociali. Per quanto riguarda alcuni fenomeni in atto a livello sociale gli italiani percepiscono fortemente l’invecchiamento, destinato ad aumentare con l'aumento della vita media. C’è invece minor consapevolezza della diminuzione della popolazione italiana nei prossimi anni, dell’aumento della migrazione e della continua diminuzione delle nascite. Bassa anche la percezione che la differenza di sviluppo economico tra nord e sud è molto grande, così come quella, anche nelle aree più sviluppate, tra grandi città e il resto del territorio.

Dalla crescita economica ci si attende tanto. Infatti, si dice che, se gestita in modo giusto e corretto, possa aiutare tutti, non solo le aziende e i lavoratori, ma l’intera società italiana, che senza di essa la condizione delle famiglie e dei lavoratori non potrà migliorare, che permetterà di garantire la pensione ai pensionati attuali e futuri e redditi a chi lavora e lavorerà in futuro. Ma solo un italiano su quattro pensa che la crescita sia già iniziata e la crisi sia alle spalle, così come quasi un italiano su due pensa che anche con una forte crescita economica milioni di persone in Italia resteranno in uno stato di povertà o vicino alla povertà. A riprova della volontà di collaborare e lottare insieme per il futuro, quasi tutti (92,7%) sono propensi a mettere a disposizione le loro competenze per creare sviluppo, in particolare, per la crescita della generazione che segue (53,2% italiani, 80,6% manager) e del territorio dove si abita.

Sul fronte dell'innovazione c’è un profondo "gap" culturale e formativo a livello economico e sociale per cogliere appieno la parte buona delle trasformazioni in atto. C’è poi la sensazione forte della marginalità di tanta parte del territorio nazionale, non solo al Sud, e proprio per questo si chiede che tutti i territori vengano coinvolti appieno nei processi di trasformazione in atto. Per quanto riguarda il lavoro, l’Italia è divisa a metà tra vecchio (posto e stipendio fisso, poche responsabilità, no estero ..) e nuovo lavoro, con una forte e diffusa distanza dall’innovazione digitale se non nelle forme più smart (telelavoro ecc.). Forte è la consapevolezza dell’importanza della formazione e delle competenze, che chiede di migliorare il sistema formativo (ritenuto di ottimo livello solo da un terzo degli italiani), si è consci che la capacità di apprendere sarà fondamentale (83%) e di dover pensare alla propria formazione in modo più continuo e anche in autonomia (90%) per avere come singoli la capacità di cambiare, rinnovarsi e acquisire nuove competenze.
Cliccando il documento seguente è possibile scaricare la ricerca.

2018 06 08 lo sviluppo del paese report indagine prioritalia

2018-06-08-lo-sviluppo-del-paese---report-indagine-prioritalia.pdf

  

I tavoli di lavoro sull'innovazione

Il dibattito sull'innovazione si è articolato, la mattina dell'8 giugno, da parte di oltre 70 persone tra manager e leader sociali e d’impresa impegnati su tre tavoli di lavoro che hanno sviluppato altrettanti aspetti rilevanti per il futuro del Paese:
  1. Trasformazione digitale e del lavoro: competenze e processi adattivi - Sostenibilità dell'innovazione;
  2. Geografia delle competenze: inclusione e territori - Concretezza dell'Innovazione;
  3. Welfare, demografia e patto tra generazioni - Generazione Innovazione;
I tavoli hanno rappresentato un momento di confronto e condivisione di idee e iniziative alle quali sarà darà supporto concreto. Vi hanno preso parte manager, giovani talenti, esperti e personalità autorevoli negli ambiti di riferimento. Partecipando al primo tavolo, dedicato alla trasformazione digitale, ho potuto apprezzare la ricchezza eterogenea di contributi che hanno stimolato la riflessione sulla consistenza, sul risultato dell’indagine ed il confronto tra voci originali e provocazioni fuori campo, dando ascolto e traendo ispirazione da prospettive ed esperienze diverse.
Il primo tavolo ha sviluppato il dibattito sul cambiamento reso possibile dalla trasformazione digitale e tecnologica che mette persone e organizzazioni dinanzi a opportunità inedite, ma anche a resistenze, spesso al vertice delle organizzazioni. Il cambiamento culturale risulta essere, come sempre, la chiave della trasformazione digitale. Formazione ed educazione diventano pertanto elementi imprescindibili di un unico processo evolutivo che richiama il concetto di "life learning". Questa consapevolezza è necessaria per assicurare la sostenibilità dell’innovazione, affinché si accompagni allo sviluppo delle organizzazioni e non le travolga. In questo quadro, la trasformazione del lavoro può essere più radicale di quanto non registrato dalle recenti evoluzioni giuridiche. Sono necessarie visione ed esecuzione insieme per realizzare il cambiamento, collaborazione tra competenze ed esperienze, equilibrio tra tecnica ed attitudine. Nel mio intervento ho ribadito l'importanza del riconoscimento del merito e della certezza del diritto, che deve essere ribadita e rinforzata, nonostante i cambiamenti, perché necessaria a ricostruire fiducia nel futuro, in particolare da parte dei giovani.

Il secondo tavolo ha approfondito il tema della geografia delle competenze con le implicazioni sull'inclusione e l'impatto sui territori: il rapporto tra centro e periferie, tra metropoli e territori meno popolati che, insieme all’inversione della piramide demografica, costituiscono i grandi temi sui quali deve testarsi la politica e la tensione civica per sviluppare modelli di inclusione sociale e territoriale. La “migrazione” delle competenze verso i grandi centri nazionali e globali, pone l'attenzione sulla diffusione delle leadership civiche e di idonee strategie. In questo caso innovare significa mettere in campo nuovi processi, al servizio delle organizzazioni e delle comunità, adoperarsi affinché le proprie competenze ed esperienze siano patrimonio collettivo, sino a diventare “pratiche” capaci di rigenerare i tessuti produttivi e sociali. È questo genere di innovazione, legata alle relazioni di fiducia al trasferimento di sapere, alla reciprocità, che migliora la vita della generalità delle persone riducendo le distanze e operando per l’inclusività. L’emersione di “pratiche” innovative, replicabili e la diffusione “circolare” di esperienze nei territori diventa fondamentale per la tenuta sociale del Paese.

Il dibattito del terzo tavolo si è sviluppato sui temi del Welfare, demografia e patto tra generazioni. L’inversione della piramide demografica, con le proporzioni drammatiche che assume nel nostro Paese, è l’elemento che impone un patto tra generazioni. Per un welfare sostenibile serve una maggiore tensione verso le nuove generazioni, presenti e future, insieme a una progettualità per una società man mano sempre più anziana e improntata alla long-term care. Un cambio di paradigma che nella percezione delle persone e della politica ha faticato a rivelarsi, ma che ora impone una visione strategica profonda insieme economica e sociale. Al tavolo ha partecipato Mino Schianchi, (Presidente Comitato Nazionale di Coordinamento dei Gruppi Pensionati Federmanager) proponendo le iniziative descritte nel suo articolo "Progetti intergenerazionali per lo sviluppo", accessibile cliccando il titolo.
   

Tavola rotonda: costruire un patto generazionale

Hanno aperto il convegno pomeridiano il presidente Manageritalia Guido Carella e la presidente Prioritalia Marcella Mallen. Di seguito è disponibile il video degli interventi.
I risultati dei tre tavoli di lavoro sono stati presentati e commentati poi da: Luisa Arienti, amministratore delegato SAP Italia; Claudio Bedino, CEO starteed e co-founder Oval Money; Licia Cianfriglia, segretario CIDA Lazio; Monica Fabris, presidente Episteme; Vincenzo Linarello, presidente GOEL - Gruppo Cooperativo; Mario Mantovani, vicepresidente Manageritalia; Piero Pelizzaro, direttore Direzione di Progetto “Città Resilienti”, Comune di Milano; Marco Rossi-Doria, esperto di politiche sociali ed educative; Serena Scarpello, content editor Havas PR; Francesco Seghezzi, direttore ADAPT. 
È quindi seguita la tavola rotonda aperta da Aldo Cazzullo e moderata da Massimo Sideri del Corriere della Sera, e alla quale hanno partecipato il presidente Federmanager e vicepresidente Prioritalia Stefano Cuzzilla e i rappresentanti politici con l'assenza del Movimento 5S, che hanno declinato l’invito.
Matteo Richetti, PD, ha commentato: "È bello sentir parlare di progetti concreti per rilanciare il Paese e vedere i sindacati, quelli dei manager, occuparsi non dell’interesse corporativo, ma di quello dell’Italia e degli italiani. Dovremmo farlo anche noi politici”.

Claudio Borghi, Lega, apprezzando l’incontro, ha affermato: “Sono anni che tolgono soldi ai cittadini e al sistema con una politica volta solo alla decrescita. Vogliamo invertire la rotta e i 5 miliardi che potrebbero servire per intervenire sulla Fornero potremmo recuperarli con la flat tax, con un parallelo taglio di tasse che rilanci i consumi, l’economia e il Paese”.

Marco Bentivogli, segretario generale FIM CISL, ha detto: “Facciamo lavorare il Governo, ma smettiamo di illudere il Paese e i cittadini dimenticandoci dell’andamento demografico e della speranza di vita e facendo credere che il futuro stia nel dare il reddito di cittadinanza invece del lavoro”. In conclusione ha aggiunto: “non possiamo chiudere l’Ilva, ma dobbiamo rilanciarla perché ci serve per lo sviluppo. Così come sono determinanti immigrazione, innovazione e competenze, perché è la mancanza di tecnologia che distrugge lavoro, non il contrario”.

Andrea Mandelli, Forza Italia, ha apprezzato che i manager si interroghino su come rilanciare il Paese. "Serve agire sulla formazione, che deve cambiare profondamente e supportare davvero il sistema, e orientare la Politica e la PA al servizio dei cittadini piuttosto che a complicare loro la vita”.

Stefano Cuzzilla – presidente di Federmanager e vicepresidente di Prioritalia, ha ribadito, chiudendo la tavola rotonda, che “L’interesse dei manager collima con quello del Paese, non per buonismo, ma per realismo e per il ruolo che ricoprono. Dobbiamo portare l’innovazione in azienda e nel lavoro, ma questo non basta, vogliamo accompagnare il Paese verso un’innovazione che permei anche la società, perché solo così potrà esserci uno sviluppo vero e duraturo e un’osmosi e una sinergia ormai indispensabili tra economia e società

Per maggiori informazioni clicca "Meeting Prioritalia: lavoriamo per il Paese"
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