Tavola Rotonda sulla Meritocrazia
Le competenze e la meritocrazia sono determinanti per la ripresa del Paese. È il risultato delle indagini e dei commenti della tavola rotonda. La registrazione dell'evento è accessibile cliccando il video.
Franco Del Vecchio
Segretario CIDA Lombardia - lombardia@cida.it
Lunedì 8 giugno si è svolta la diretta organizzata da CIDA e Forum della Meritocrazia che è possibile rivedere in versione sintetica cliccando il video indicato di seguito, mentre la versione integrale è disponibile al termine dell'articolo.
Nell'incontro sono stati presentati i risultati dell'indagine alla quale hanno contribuito oltre 1.600 colleghi dell'industria, del commercio, del terziario, dirigenti scolastici e sanitari.
L'Italia è all'ultimo posto in Europa nella classifica della Meritocrazia e i rappresentanti delle istituzioni, delle imprese e della dirigenza partecipanti alla tavola rotonda hanno commentato i risultati delle rilevazioni e le iniziative per affermare la cultura del riconoscimento del merito per la ripresa del Paese.
Di seguito le sintesi e i video degli interventi introduttivi e dei commenti della tavola rotonda
Maria Cristina Origlia Presidente del Forum della Meritocrazia
Maria Cristina Origlia ha aperto i lavori ricordando che la Tavola Rotonda era prevista in Assolombarda per aprire il dibattito sulla “Meritocrazia nei rapporti di lavoro” nella più significativa sede di rappresentanza delle imprese di Confindustria. Le circostanze hanno imposto l’organizzazione dell’evento a distanza senza togliere però valore e prestigio all’iniziativa del Forum della Meritocrazia in collaborazione con la Confederazione di dirigenti del pubblico e privato CIDA, assieme ad Assolombarda e con il patrocinio di Regione Lombardia. La svolta meritocratica nel mercato del lavoro, strettamente legata alla competitività del Paese, è sotto gli occhi di tutti, ed è diventata ancor più importante e urgente a seguito della pandemia, per limitare gli effetti della recessione, del 12% nel 2020 secondo Banca d’Italia, e per creare condizioni di ripresa. Dobbiamo essere in particolare consapevoli che i giovani non sono protagonisti del mercato del lavoro e 200mila se ne sono andati all’estero tra il 2013 e il 2018 in cerca di migliori opportunità, alla ricerca di una degna occupazione con prospettive di guadagno e di crescita professionale in linea con gli investimenti formativi e la preparazione conseguita. Oltre alla tutela dei diritti, la dignità del lavoro si realizza sempre più riconoscendo i meriti, valorizzando i talenti di ciascuno, creando contesti nei quali giovani e meno giovani possano esprimere le potenzialità e realizzarsi. La meritocrazia conviene alle imprese e alle persone quando è gestita con intelligenza, con equilibrio e in modo inclusivo, per far rifiorire organizzazioni e singole persone. Da 5 anni l’Italia è all’ultimo posto nella classifica europea della meritocrazia secondo indicatore scientifico “Meritometro”, realizzato dal Forum della Meritocrazia in collaborazione con l’Università Cattolica e basato su 7 criteri di valutazione: libertà, pari opportunità, trasparenza, regole, mobilità sociale, attrattività dei talenti e sistema educativo. Non possiamo più andare avanti così. La pandemia ha messo ancor più in evidenza le nostre fragilità ed è necessario creare le condizioni affinché le risorse che arriveranno dal Governo e dall’Europa possano essere utilizzate in maniera efficiente e con progettualità efficace per il rilancio del Paese. Dobbiamo mettere a frutto tutte le nostre competenze e per farlo dobbiamo cambiare i meccanismi di valutazione e le regole di selezione delle persone. Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale, ha ricordato, poche settimane fa, che nella Pubblica Amministrazione spesso le persone non sono selezionate in base al merito e alle competenze; non c’è la possibilità di riconoscere il merito dei dirigenti virtuosi. In questo modo non andiamo da nessuna parte e abbiamo il dovere di risvegliare con determinazione la coscienza collettiva per cambiare le vecchie logiche e i privilegi. Insieme ad imprenditori, manager, professionisti e a tutte le persone che hanno a cuore il futuro del Paese, possiamo oggi iniziare il percorso di cambiamento.
Fabrizio Sala - Vice Presidente e Assessore per la Ricerca, Innovazione, Università, Export Regione Lombardia
È proprio il momento di riflettere sulla meritocrazia perché quest’anno la pandemia ha imposto modelli di lavoro a distanza e lo Smart Working è diventato una necessità che comporta una gestione dei rapporti più attenta ai risultati. Un modo di lavorare adottato da circa un terzo dei lavoratori milanesi che ha permesso di non intasare la città, evitando al tempo stesso la paralisi. Il lavoro agile implica una gestione maggiormente meritocratica del rapporto che permetta di esprimere le capacità e il talento che ciascuno possiede in forme diverse. La meritocrazia, alla base del successo delle società economiche e civili, permette di valutare in modo oggettivo le competenze delle persone. Basta pensare ad esempio alla politica, per capire quanto sia urgente il bisogno di competenze e valutazioni meritocratiche. La Lombardia è leader in Europa nella farmaceutica, seconda regione agricola europea e promuove molteplici filiere di grandi, medie, piccole e micro imprese in diversi settori. Per creare condizioni di sviluppo sostenibile e maggiori opportunità di lavoro abbiamo investito in infrastrutture per l’Open Innovation e aperto la nuova sezione «Open Challenge» per facilitare l’incontro tra domanda e offerta di innovazione e permettere alle imprese di avviare sfide competitive, contest, concorsi di idee per ricevere soluzioni innovative da studenti, innovatori, startupper, PMI e cittadini. Un sistema meritocratico per il matching tra domanda e offerta per favorire collaborazioni e rapporti di lavoro. I bandi dell’Assessorato per la Ricerca, Università, Innovazione ed Export non sono a pioggia, ma strutturati per premiare il meglio, perché in tal modo si può contaminare anche chi si è adagiato e non sta valutando le minacce e le opportunità dei cambiamenti che stiamo vivendo.
I due esempi testimonino l’impegno della Pubblica Amministrazione regionale per la meritocrazia e sentiamo la necessità di utilizzare criteri meritocratici anche nella gestione del personale, che non ha più senso promuovere solo sulla base dell’anzianità, del ruolo o del concorso. L’invito è prendere a modello i migliori e le migliori soluzioni regionali per creare un contesto competitivo e fertile in grado di offrire maggiori opportunità di lavoro per i giovani e un futuro migliore per tutti.
Massimo Bottelli - Direttore settore Lavoro, Welfare e Capitale Umano Assolombarda
Lo scarso riconoscimento del merito concorre, secondo Bottelli, alla negativa situazione del Paese. Scontiamo infatti una tradizione storica e culturale che ha privilegiato fattori che con il merito hanno poco a che vedere e che difficilmente giovano all’efficienza e alla competitività. Purtroppo dobbiamo dolerci di una produttività ferma da almeno venti anni e siamo tutti concordi nel considerare la burocrazia, che soffoca le aziende e paralizza la Pubblica Amministrazione, come la zavorra che frena in modo determinante la competitività del Paese. Risorse eccellenti nella Pubblica Amministrazione sono inevitabilmente frenate dal fatto che essere proattivi spesso non è riconosciuto come un pregio. Anche nel privato abbiamo carenza di managerialità rispetto ai competitori europei e questo penalizza la competitività e la crescita di molte imprese. La parte variabile della retribuzione, nel recente passato, è stata caratterizzata, non solo per le categorie manageriali, da una diffusione per molti aspetti non soddisfacente. La pandemia si è abbattuta in una situazione già molto complessa con perdite di decine di migliaia di vite umane e danni economici di cui solo fra qualche mese sarà possibile conoscere pienamente l’entità. In ogni caso sarà importante il contributo di ciascuno e per quanto compete al manager Bottelli auspica che debba essere espresso un particolare impegno per adoperarsi per quella che, più che una ripresa, dovrebbe e potrebbe essere una rinascita. Proprio in queste occasioni si possono infatti compiere svolte che non si è stati in grado di realizzare nel corso di decenni. Nelle conclusioni Bottelli auspica davvero che, fra le novità che ci attendono nel prossimo futuro, trovi il giusto posto un serio e positivo sviluppo del riconoscimento del merito.
Cosimo Finzi - Direttore AstraRicerche
I risultati della ricerca realizzata con la collaborazione di oltre 1.600 dirigenti del pubblico e privato sono pubblicati nell'articolo accessibile cliccando "Cosa pensa la dirigenza della meritocrazia".
Per tre intervistati su quattro nel dibattito pubblico si parla troppo poco di merito e meritocrazia, mentre ben l’82,8% ritiene che il merito non sia tenuto in sufficiente considerazione ed è un tema talmente rilevante e giusto che andrebbe insegnato già ai più piccoli, secondo il 94,0% delle risposte.
La svolta meritocratica dovrebbe essere una priorità dei governi nazionale e locali per il 93.8% degli intervistati, anche perché il Paese avrebbe un miglior sviluppo economico e sociale, come ritenuto dal 97,4% dei rispondenti.
Michela Laudisa Mercer Reward Associate Principal e Pierluigi Vergani Mercer Sales Effectiveness Practice Leader
Le politiche meritocratiche e i sistemi incentivanti nel corso degli ultimi anni si sono ampiamente consolidati e strutturati nelle grandi e medie aziende italiane, come emerge dall’esperienza consulenziale e della Total Remuneration Survey 2019 realizzata analizzando 500 aziende con un fatturato medio intorno a 850 milioni di euro e con una media di circa 1.500 dipendenti. accessibile cliccando "Le evidenze sulla Meritocrazia dalle indagini retributive Mercer". L’utilizzo di sistemi incentivanti, definiti MBO, è ampiamente diffuso in Italia per le diverse categorie di inquadramento contrattuale ed è superiore al 96% sia per quadri, sia per i dirigenti. Da notare che la percentuale di diffusione dei piani di variabile fra gli impiegati ha superato il 70% ed è in costante crescita. I valori dei bonus espressi in percentuale della retribuzione annua lorda dimostrano che i sistemi retributivi stanno gradualmente evolvendo verso una maggiore incidenza della componente variabile, ovvero verso riconoscimenti importanti della prestazione individuale, naturalmente correlata alla performance aziendale. I valori dei bonus a "target", cioè previsti al raggiungimento del 100% degli obiettivi, sono sostanzialmente allineati ai valori europei.
Tavola Rotonda
Maria Cristina Origlia presenta i partecipanti alla Tavola Rotonda, in attesa dell'arrivo della giornalista del Corriere della Sera Rita Querzé, chiedendo un primo commento sui dati presentati da AstraRicerche e Mercer.
Pierangelo Albini - Direttore Area Lavoro e Welfare Confindustria
"Interessante riflettere sul merito e sulla meritocrazia in un contesto etico e valoriale nel quale tutti vogliono essere i migliori, ma solo pochi si impegnano per essere migliori. Cosa sia il merito non è facile a dirsi, e riconoscerlo è, comunque, difficile. Lo dimostra anche la ricerca che evidenzia quanto sia diffusa l’insoddisfazione nelle persone che non si sentono riconosciute, quanto sia scarsamente diffusa la cultura della meritocrazia e quanta fatica si faccia ad accettare le valutazioni degli altri quando non riconoscono i nostri meriti. Non si può, però, parlare di merito senza avere a riferimento un contesto di valori. Il merito, infatti, è ciò che noi riconosciamo come un valore verso il quale orientare la nostra attività e solo così è possibile avere quella scala di giudizio che ci permette di dire cosa sia merito e cosa non lo sia e poi, semmai, di premiarlo. Riflettere sulla meritocrazia, invece, ci aiuta a considerare come il merito - inteso proprio come valore assoluto verso cui tendere - possa essere approcciato in modi assai diversi. Nel nostro Paese, quando si parla di meritocrazia si oscilla fra l’idea che si debba riconoscere il merito per premiare il talento, e la volontà di pareggiare le differenze, compensando chi, non avendo talento, non potrebbe neppure essere premiato. Sono due scuole di pensiero che hanno dentro di sé un radicamento culturale e valoriale molto differente, e dobbiamo definire il giusto equilibrio fra questi due estremi per adottare un sistema valoriale condiviso ed efficace, che eviti sia la fuga dei talenti, sia gli squilibri di un mondo che separa irrimediabilmente il talento dei migliori dalla mediocrità. Come risulta anche dall’indagine, l’oscillazione del pendolo raggiunge nel settore pubblico punte di ugualitarismo, della giustizia commutativa, come direbbe Aristotele, mentre nel settore privato si è più inclini al pieno riconoscimento del merito – la giustizia distributiva- e, n.d.r. non si possono usare nello stesso Paese due pesi e due misure molto diverse. Tanto più che con il riconoscimento del merito sono poi due gli aspetti da coniugare: quello economico e quello della leadership. Essere riconosciuti per i meriti vuol dire sviluppare la teoria dell’élite e della classe dirigente, essere quindi leader (n.d.r. come indicato nelle rilevazioni Mercer sugli sviluppi di carriera). Orientare il merito verso le virtù vuol dire andare verso il riconoscimento, ma non necessariamente solo in termini retributivi, perché come noto le virtù valgono, ma non sempre implicano un ritorno economico".
div>Rita Querzé: “Mi fa veramente piacere il vostro invito su un tema cruciale per il nostro Paese e per una questione di dignità del lavoro. È questo il momento della rivoluzione meritocratica auspicata da tutti, nonostante i dubbi sulla sua realizzazione? La Lombardia può dare una spinta meritocratica?”
Giovanni Bocchieri - Direttore Programma Presidente Regione Lombardia
Alla domanda Bocchieri risponde: "<<Se non ora quando?>>. Il tema del merito, non nuovo e trasversale, riguarda tutte le organizzazioni pubbliche e private. Nelle esperienze al Ministero dell’Istruzione ho constatato le difficoltà di affermare il riconoscimento del merito in alcuni ambiti. Una delle lezioni apprese, che non possiamo disconoscere, è senza dubbio lo Smart Working, diventato una realtà e quanto tale modalità possa incrociare il tema del merito. Per quanto il riconoscimento del merito non debba necessariamente tradursi in termini equivalenti di salario e retribuzione, come diceva il Dott. Albini, di fatto dobbiamo considerare che comunque è un elemento da tenere in evidenza. Nella misura in cui lo Smart Working altera e cambia il paradigma di organizzazione del lavoro, per cui ad esempio sarebbe alquanto difficile distinguere fra orario di lavoro ordinario e straordinario in Smart Working, va da sé che la produttività generata con le nuove modalità debba essere misurata, riconosciuta e anche remunerata con strumenti e criteri che non possono prescindere dal merito. In una prospettiva ancora più ampia di questo ragionamento la stessa crisi della classificazione delle attività tra lavoro dipendente e autonomo incrocia necessariamente il tema del merito che entra a pieno diritto nelle valutazioni dei rapporti di lavoro. Questo è uno scenario che l’Amministrazione Regionale, nell’ambito delle sue competenze, non può disconoscere, come chiunque si occupi di lavoro, e ne debba valutare l’evoluzione nella fase post-Covid per gli effetti positivi che potrà generare sulla società”.
Rita Querzé: “Lo Smart Working ha in effetti riproposto il tema del merito con nuovi significati e prospettive. Vorrei stimolare le considerazioni sugli ostacoli al riconoscimento del merito: le logiche ugualitarie e le lobby di appartenenza e di difesa di posizioni acquisite che contrastano il riconoscimento del merito e invito Seghezzi a condividere il suo pensiero”.
Francesco Seghezzi - Presidente della Fondazione Adapt
"La differenza di percezione della dirigenza pubblica e privata emersa dall’indagine dice molto sulle diverse modalità di effettivo riconoscimento del merito. Certi diritti acquisiti e posizioni ideologiche rischiano a volte di precludere sviluppi nell’interesse della specifica categoria a scapito della collettività. Azioni a difesa e tutela di una categoria, rischiano di diventare addirittura controproducenti per l’immagine pubblica, come nel caso dell’insegnante accusata di aver tenuto lezione in un parco. Altro aspetto che emerge dalla ricerca è la modalità di assegnazione degli obiettivi, percepiti soprattutto come imposti in modo unilaterale, e questo aumenta il rischio di reazione contraria all’auspicata partecipazione e conseguimento di risultati condivisi. Il processo di condivisione degli obiettivi è di per sé una modalità utile a favorire il dialogo e la partecipazione attiva creando un contesto fertile per la crescita e valorizzazione delle persone".
Rita Querzé: “Cosa ne pensa la dirigenza della meritocrazia”
Mario Mantovani - Presidente CIDA
"La meritocrazia è un tema che sosteniamo da moltissimi anni, ma che viene adottato con grande lentezza, e abbiamo organizzato questo incontro proprio per promuoverne la cultura e aggregare le organizzazioni e le persone che lo ritengono determinante per il futuro del Paese. Il riconoscimento del merito stenta a diventare un riferimento sia perché il nostro Paese cresce poco, sia per la concezione del rapporto di lavoro nella Pubblica Amministrazione. Le nostre aziende non sono orientate alla crescita e quando l’interesse è mantenere lo status quo e il controllo, con tutti gli aspetti positivi che questo può rappresentare per la proprietà e in certi casi anche per la dirigenza, è chiaro che prevale la cautela, l’affiliazione e la fedeltà delle persone piuttosto che la selezione e il riconoscimento del merito. L’altra causa è il giudizio unanime che nella Pubblica Amministrazione i sistemi di valutazione non funzionano e ne ho avuto personalmente conferma come membro di un OIV (Organismo Indipendente di Valutazione) di un ministero. Questa situazione genera sfiducia sia all’interno delle organizzazioni pubbliche, sia da parte dell’opinione pubblica, (n.d.r. altro che parlare di meritocrazia). Non ha senso parlare di meritocrazia e MBO senza un processo organizzativo strutturato. Ho visto sistemi eccellenti disegnati sulla carta, per esempio nel pubblico, mancanti però di un sistema di selezione, un sistema di management strutturato, un reporting che consenta di dialogare su fatti e su numeri, un percorso di competenze e carriera, qualcuno che capisca realmente come funziona l’organizzazione e la modifichi quotidianamente; senza questi elementi la valutazione meritocratica è una perla che non serve a niente. Ad esempio nella scuola non c’è la possibilità del dirigente scolastico di organizzare il servizio che deve rendere alla collettività, di decidere sulla scelta degli insegnanti: ecco perché non è possibile introdurre un criterio meritocratico in una organizzazione non strutturata (n.d.r. governata invece da procedure). Altra criticità è considerare i sistemi di valutazione solo come individuali, questo non soltanto confligge sovente con gli obiettivi dell’organizzazione, ma è anche uno dei freni alla sua efficacia. Oggi le organizzazioni crescono soprattutto con “team” coesi, con la forza del gruppo, quindi le valutazioni dovrebbero essere per la maggior parte di questo tipo, perché all’interno del gruppo si forma una dinamica per cui il soggetto che penalizza il team viene controllato e spronato dai suoi stessi colleghi perché è il vagone lento che frena tutti gli altri. Quindi le valutazioni di team innescano comportamenti virtuosi che influenzano positivamente le persone più di quanto possa fare un manager nei pochi colloqui con le persone. La cultura del merito andrebbe inserita sicuramente tra gli elementi fondamentali della ripartenza (n.d.r. della rinascita come auspica Bottelli), partendo proprio da una riforma della Pubblica Amministrazione su princìpi organizzativi che implicano un cambiamento profondo al termine del quale ha senso introdurre il sistema di valutazione, il sistema di incentivazione economica, un sistema che offra garanzie di crescita delle competenze. Su questi princìpi potremmo davvero, quasi a costo zero, introdurre alcune persone con competenze organizzative nella pubblica amministrazione per fare un grande salto in avanti nei prossimi anni e del quale abbiamo molto bisogno".
Rita Querzé: “Proposte e idee concrete su come portare il merito all’attenzione del decisore politico in questa fase in cui qualcosa si potrebbe decidere e smuovere”.
Pierangelo Albini: “Il merito ha una stretta parentela con i valori del Paese e in qualche modo richiama l’idea della giustizia. Per questo motivo non riconoscere il merito è percepito come un torto. Piuttosto che alimentare la nostalgia per il passato, la tragedia del COVID dovrebbe alimentare il desiderio di un futuro diverso, appunto, migliore perché più giusto. Dobbiamo, dunque, iniziare a declinare l’idea di giustizia in modo più pertinente. La scuola dovrebbe insegnare i valori da mettere alla base della meritocrazia e questi dovrebbero essere maggiormente applicati, a partire, dalla Pubblica Amministrazione. Solo così possono passare nella società e ispirare l’opinione pubblica nelle sue valutazioni affinché, accada che le nomine, anche politiche, siano per meriti. Per rinascere dobbiamo ricominciare da qui, mettendo alcuni valori alla base: professionalità, virtù, competenze, talento. Insomma, riconoscere il merito anche in termini di leadership e capacità di influire positivamente sul nostro sistema. La grande sfida è cambiare rapidamente e la classe politica dovrebbe dare l’esempio adottando scelte di merito e dando spazio, soprattutto, al valore dell’autonomia per liberare le energie del Paese abbandonando il contesto di “aurea mediocritas” generato proprio dall’assenza di riconoscimento del merito. Spero che questa pandemia, come dopo la guerra, susciti il desiderio di uscire da questa gabbia perché il Paese ha grandi energie ed elementi di vitalità importanti che devono essere liberati in una logica di comunità."
Rita Querzé propone una domanda dal pubblico per Bocchieri: ”Non pensa sia necessario incentivare la diffusione dello Smart Working? Regione Lombardia ha indetto un bando i cui fondi si sono esauriti in pochissimi giorni, è possibile rinnovarlo?"
Giovanni Bocchieri: “Ringrazio per la domanda, in realtà i fondi si sono esauriti in qualche ora. L’intenzione di Regione Lombardia è di sostenere lo Smart Working, cosi come altre misure per favorire la ripartenza. Stiamo affrontando in questi giorni l’argomento in relazione al dialogo con il Governo sul Decreto Rilancio e l’entità delle risorse che saranno rese disponibili. Oltre allo Smart Working non dovremmo sprecare altre esperienze positive di “distant learning” nell'ambito degli istituti professionali e delle scuole. Anche queste hanno a che fare con il riconoscimento del merito dei docenti e studenti, impegnati a conseguire migliori risultati in sicurezza”.
Rita Querzé: “Quali considerazioni sul tema dello Smart Working?”.
Francesco Seghezzi: “Il tema dei modelli organizzative è centrale. Fra le principali difficoltà delle imprese italiane negli ultimi 20-30 anni c’è quella di non aver innovato molto i modelli organizzativi e non aver accompagnato adeguatamente l’evoluzione tecnologica con una vera innovazione dell’organizzazione del lavoro. A volte per paura di effetti troppo “disruptive”, che il lavoro a casa imposto dalla pandemia ne ha dimostrato invece l’efficacia e fattibilità. Aziende che avevano piani di sperimentazione Smart Working di due o tre anni si sono trovate ad avere lavoratori produttivi in due, tre giorni superando le difficoltà tecnologiche e conseguendo risultati soddisfacenti per i lavoratori e le imprese. Quello che manca oggi è l’evoluzione organizzativa che permetta di trasformare il telelavoro d’emergenza in organizzazione evoluta in grado di esprimere tutte le potenzialità dello Smart Working moderno. Il tema del merito e dell’introduzione di modelli meritocratici si sposa con lo sviluppo di competenze e lavori con elevato valore cognitivo, tecnologie digitali che consentono modalità prima impensabili. Nel nuovo contesto il tempo dedicato al lavoro non può più essere l’unico riferimento del rapporto di lavoro, che deve necessariamente considerare e riconoscere il merito dei risultati conseguiti. In tale contesto il sindacato dovrebbe essere partecipe e promotore dell’evoluzione dei modelli organizzativi.
Rita Querzé: “A Mario Mantovani una domanda proposta da chi ci segue: Rispetto al post Covid come potranno cambiare i parametri meritocratici e su quali aspetti le aziende dovranno porre più attenzione?”
Mario Mantovani: “Dovrebbe essere posta attenzione a ripartire prontamente perché la caduta è stata pesantissima e improvvisa e se non saremo rapidi a farlo il disastro sarà inevitabile, soprattutto in alcuni settori stagionali come il turismo e l’agricoltura. La lentezza nell’imboccare strade nuove ci penalizza, e non possiamo permetterci dieci anni di recupero come avvenuto con la crisi del 2008 (n.d.r. ultimo e più lento Paese europeo). Come accaduto con l’adozione dello Smart Working passato dal 28% all’82% in pochi giorni, le aziende devono porre analoga attenzione e priorità alla velocità nella fase di ricostruzione. Sulle azioni, come ha detto Albini, bisogna liberare le energie delle aziende, e occorre un intervento rapido che tolga una serie di vincoli inutili e consenta di avere meritocrazia anche nel sistema delle aziende e questo vuol dire far crescere e avanzare le imprese più forti e strutturate, che hanno prodotti e servizi migliori, che hanno migliori risorse umane, che hanno più capitali. Bisogna consentire spazi di crescita favorendo processi aggregativi, acquisizioni e fusioni. Abbiamo troppe aziende marginali e inefficienti nel nostro Paese e occorre quindi assistere le persone, non solo i dipendenti ma anche gli imprenditori. Servono politiche attive anche per l’imprenditorialità non soltanto per operai e impiegati. Bisogna ripartire sugli esempi migliori. Il vero investimento che dovrebbe drenare l’attenzione del Governo è nel settore pubblico. Qui davvero ora o mai più. O cambiamo profondamente i meccanismi strutturali dando un ruolo centrale alla dirigenza e la necessaria autonomia, quella che serve per ottenere migliori risultati, oppure l’apparato burocratico finirà per compromettere irrimediabilmente il sistema Paese. Nel comune di Roma ciascun municipio ha un sistema informativo diverso per fare le SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività – che costituisce uno dei principali adempimenti amministrativi da compiere per iniziare, modificare o cessare un'attività produttiva artigianale, commerciale o industriale); nelle scuole sono utilizzate piattaforme diverse. Questo livello di autonomia è inefficiente, mentre non c’è autonomia nell’organizzare il proprio ufficio, nello scegliere i collaboratori, nel determinare le retribuzioni e i sistemi premianti. Il dirigente deve essere messo nelle condizioni di esercitare il suo ruolo, mentre lo Stato deve fornire le infrastrutture. All’atto pratico significa introdurre 2.500 esperti di organizzazione, dei quali 700-800 dirigenti nella Pubblica Amministrazione - investendo 250 milioni l’anno - che potranno rimpiazzare, totalmente o parzialmente, i dipendenti pubblici che andranno in pensione riducendo la spesa ad un valore compreso fra zero e 70 milioni l’anno. Nulla rispetto ai miliardi per il Recovery Fund che stiamo discutendo in questi giorni. Parliamo però di una scelta forte, cioè di dare autonomia alla dirigenza pubblica, di rinnovarla profondamente di introdurre competenze organizzative forti solide strutturate e di consentire un cambiamento. Senza questo cambiamento potremmo spendere miliardi, ma se non investiamo insieme alle infrastrutture, come la banda larga, in competenze e Capitale Umano questo cambio di passo non lo facciamo.
Rita Querzé: “Se la meritocrazia è importante perché non inserirla nei contratti di lavoro? Con il patto della fabbrica c’è più riconoscimento del merito?”
Pierangelo Albini: “I contratti sono uno strumento base per riconoscere il merito perché i sistemi di inquadramento definiscono i diversi contenuti e livelli della qualità del lavoro. Il patto della fabbrica tende ad aggiungere alle condizioni minime contrattuali il riconoscimento del merito e, penso, ci possa aiutare ad affrontare il futuro che ci riserverà grandi sorprese. In particolare ci sarà minore disponibilità ad essere imbrigliati e maggior bisogno di aggiungere, alle garanzie minime, accordi specifici per riconoscere il merito rispetto agli obiettivi dei contesti lavorativi, sempre più dinamici, delle imprese. In buona sostanza: una buona base contrattuale per poi lasciare libere le imprese e le organizzazioni pubbliche di concordare i criteri di riconoscimento del merito".
Rita Querzé: “Grazie a tutti e devo dire che mai tema cosi importante fu scelto con tempismo migliore”.
Laura Bruno – Team leader – Meritocrazia nei rapporti di lavoro
Lo sviluppo della cultura della meritocrazia è un progetto di medio lungo periodo avviato dal Forum della Meritocrazia e l’evento rappresenta solo l’inizio del cambiamento della nostra società, per creare migliori prospettive ai giovani. Come manager Laura auspica che le politiche gestionali riconoscano il contributo e le competenze di ciascuno, che variano necessariamente per rispondere alle esigenze di un mercato del lavoro sempre più dinamico. Ai ringraziamenti a CIDA e al team che ha contribuito a lanciare il progetto, Laura Bruno ha aggiunto l'invito a tutti gli attori sociali per sviluppare un dialogo sinergico e realizzare insieme il progetto per favorire il consenso e la diffusione della cultura del merito.
Ringraziamenti
Dobbiamo riuscire a tradurre questo concetto di meritocrazia in azione di sviluppo culturale nel Paese, dando più fiducia alle persone nel lavoro, perché le persone crescono e si impegnano se condividiamo gli obiettivi da raggiungere, riducendone il controllo e verificandone invece i risultati, passando dalle procedure a favorire l’iniziativa. Che senso ha investire sui giovani per renderli più preparai e non essere poi in grado di offrire degne opportunità di lavoro e di realizzazione, spingendoli a cercare all’estero i contesti che riconoscono maggiormente il merito. La rinascita dopo il coronavirus richiede di mettere in campo tutte le tecniche, i metodi di valorizzazione del merito e le politiche attive per evitare lo sperpero di capitale umano e mettere a disposizione delle imprese le competenze per conseguire i migliori risultati. È iniziato così il percorso per fare del merito una valenza importante per il Paese.
Ho avuto il privilegio di contribuire all'organizzazione dell'iniziativa e di concludere l'evento ringraziando Assolombarda, il Forum della Meritocrazia, Regione Lombardia, CIDA e le associazioni aderenti che hanno promosso l'indagine, le due società che hanno realizzato le rilevazioni e il gruppo di lavoro che ha sviluppato il progetto con l'obiettivo di coinvolgere progressivamente: Istituzioni, rappresentanze delle imprese e di tutti i lavoratori, per conseguire insieme i migliori risultati e un’Italia migliore; il miglior Paese per vivere e lavorare.
Grazie a tutti.
Cliccando il video seguente è possibile rivedere la registrazione integrale dell'evento.
Per maggiori info clicca i titoli degli articoli:
- Presentata a Milano l'indagine AstraRicerche sul merito e l'MBO
- Cosa pensa la dirigenza della meritocrazia - Risultati dell’indagine AstraRicerche
- Le evidenze sulla Meritocrazia dalle indagini retributive Mercer - Rilevazioni sull’applicazione dell’MBO
- Competenze e meritocrazia per la ripresa del Paese
- Exit Poll sulla Meritocrazia - Alcuni commenti dei partecipanti all'indagine
- I manager devono saper riconoscere e valorizzare il merito di Mario Mantovani
- Meritocrazia nei rapporti di lavoro di Laura Bruno - Consigliere del Forum della Meritocrazia
- Questione di merito di Maria Cristina Origlia - Presidente del Forum della Meritocrazia
Evento trasmesso in diretta streaming sui siti CIDA, Forum della Meritocrazia e sulla rivista Dirigenti Industria.
08 giugno 2020